mercoledì 11 ottobre 2017

La religione del sole

Un re stravolto, giusto un nome e un luogo per una storia. La storia del nuovo bene, che è il vecchio paganesimo da restaurare. Sotto forma di un bel giovane, che arriva incognito a corte e incanta prima la regina Rossana, poi lo stesso re, guidato e sorretto dal fido consigliere arabo Idrisi, malgrado avvertimenti e maledizioni della regina e dell’arcivescovo. Il re normanno, il primo della Sicilia, nelle intenzioni del compositore, rifà Penteo nelle “Baccanti” di Euripide: introietta lo scatenamento delle forze dionisiache.
I versi, dello stesso Szymanowski e di Jaroslaw Iwaszkiewicz, esaltano il culto solare di Dioniso, il bel giovane. Si è citato Nietzsche, ma non c’è contrasto: Dioniso è qui anche Apollo, un dio solare che non teme confronti, e non li incontra.
Il libretto è una sorta di cineseria, mielosa, attardata: dell’esotismo che è migliore, attraente, affascinante, immortale. Che la musica però riscatta, sognatrice e avventurosa. E la collocazione, in una Sicilia fiabesca – che però è anche storica, in certo modo: i Normanni si volevano il popolo del Sole, avendo cercato e trovato fortuna scendendo verso Sud, verso il sole. Una passione, quella per l’isola, che Szymanowski condivise col cugino Iwaszkiewicz.
Data in forma concertistica, l’opera è stata cantata dentro una scenografia-video. Di immagini create e proiettate da Masbedo, il duo Massazza-Bedogni, specialisti di video art e installazioni. Immagini molto “poetiche”, che i due artisti in parte proiettano in parte manipolano just in time. Che però curiosamente stridono con l’opera. Forse perché, suggestive in proprio, sono irrelate alla storia. Oppure la musica non tollera immagini, diversivi.
Karol Szymanowski, Re Ruggero, Concerti di Santa Cecilia, Parco dela Musica, Roma

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