giovedì 26 ottobre 2017

L’Africa senza più Dio

Amadou Hampâte Bâ. pur professandosi incompetente, benché discepolo e amico di Théodore Monod, dà senso profondo nella introduzione alla religiosità in Africa Nera, quella che si definiva animismo. “La religine non è in Africa causa di stagnazione né fonte di conflitti”, tribali, territoriali. “L’Africa non è minore che nel campo tecnico; è matura quando si tratta dell’umano. Non ha mai cessato di vivere nella naura”. Tutto è ancora tribù, i reperti vengono classificati come riti dei Peul, Dogon, Songhai, Mossi, Ashanti, Yoruba, etc., ma la tribù non è inimicizia e distruzione, non nel sentimento religioso.  
Un repertorio d’ieri che si scorre come un reperto remoto. Con la fuga in massa dal continente, e gli eccidi religiosi in Somalia e in Nigeria, le due verità cessano di essere vere. Una raccolta del 1965, promossa peraltro dall’Unesco già allora come un reperto. La stessa curatrice, Germaine Dieterlen, la presentava in termini di persistenze, se non residui: “Già prima della loro pubblicazione (degli scritti qui compresi, n.d.r.), “i contatti con l’Occidente, i cambiamenti apportati all’economia,  l’importanza di religioni straniere, islamismo e cristianesimo, avevano modificato il senso di queste credenze e questi miti”.
Perché rieditare la raccolta – una serie di preghiere e incantesimi, e di inziazioni, compreso il linguaggio dei tamburi? Per la storia. Per mettere in contesto la contemporaneità: una perdita. L’Africa  ha perduto anche quel (poco) che aveva.
Resta la teologia semplice che Hampâte Bâ ha mediato dal suo maestro Tierno Bokar islamico di suo, mistico sufi, “il san frncesco d’Assisi del Mali”. Se non ci fosse “una forza regolatrice” il mondo potrebbe anche essere capovolto: “Questa forza inaudita che sembra anbigua a certi esperti non lo è affatto in Africa Nera. Per il Nero Dio esiste”.
Textes sacrés d’Afrique Noire, Folio Essais, pp. 389 € 9,80

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