Lo
spazio è angusto ma l’affollamento non dà fastidio. Si chiachhiera anzi
voluttuosamente a più voci, incrociando interlocutori e gruppetti. L’ottobrata
romana mite lo consente anche di prima mattina, si arriva a scuola prima
dell’apertura quasi pregustando il momento di conversazione. Le mani saldamente
artigliate sulle spalle dell’infante, che sempre spinge per liberarsene e fare
quattro salti coi compagni, i pochi liberi dalla cura parentale. Sono donne
perlo più, che quando il cancello viene aperto accompagnano il pupo fin sulla
soglia, e poi lo chiamano e richiamano salutando con la mano alzata, benché il
figlio non senta o finga di non sentire.
Si
ritrovano le stesse facce in pasticceria e alla frutteria - le vegane, per i
centrifugati. È piacevole la pausa dopo la cura dei figli, ma senza
dimenticarsene. I discorsi che si sentono sono sempre dei figli, vezzi, uzzi,
dei loro tanti interessi, danza, volley, basket, scherma, canto, teatro, e dell’incaapcità
che hanno a concentrarsi, e a scegliere.
A
volte sembra il film di Moretti, “Caro diario”, dei genitori iperprotettivi che
Moretti satireggia. Diventati nel
frattemo una patologia negli Usa che amano catalogare, l’overparenting. Del parent involvement
che diventa un caso patologico: genitori ansiosi, insicuri, con la smania di
prevalere, anche nei dettagli, a casa e fuori, a scuola, nel doposcuola, nelle
riunioni, nemici spesso delle insegnanti, possedendo migliore pedagogia,
esclusiva. A volte sembra una maniera come un’altra di passare il tempo. E
forse è tutt’e due le cose.
Ilary
svagata si legge stamani sul giornale che confida a Renato Franco: “Ho le paure
che hanno tutte le mamme, ho un forte istinto di protezione”. Lo stesso Moretti
è passato dalla satira all’inadeguatezza.
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