Le paghe basse sono arrotondate in
Germania coi fondi per l’assistenza. La liberalizzazione del lavoro dodici
anni fa è stata fatta trasferendo parte sostanziosa dei costi impliciti del lavoro
sull’assistenza pubblica: integrazioni di reddito, individuali e familiari, di
abitazione (affitto e mututo), di sanità. La spesa per l’assistenza al mercato
del lavoro si aggira annualmente sui dieci miliardi.
Una decina di milioni di soggetti sono variamente
assistiti, su una forza lavoro di 42 milioni di persone. Sulla base di un
sussidio disoccupazione-incapienza di 409 euro al mese, volutamente basso per
obbligare i beneficiari ad accettare un lavoro qualsiasi. Su tutto vigila
un sistema di monitoragio coercitivo, che non discute ma sanziona. Costituito
da 408 JobCenter, nell’ottica della riduzione dell’assistenza, però molto e
tempestivamente attivo nel sussidio. Anche il dumping sociale è bene
organizzato in Germania.
Malgrado il controllo occhiuto dei JobCenter, a fine
2016 i benefici sociali si applicavano a sei milioni di persone. Di cui 2,6
disoccupati in base alla terminologia statistica ufficiale. Più 1,7 milioni di
“disoccupati non ufficiali” – tenuti fuori dalla statistica della
disoccupazione con “misure di attivazione” (formazione, tirocinio, a un euro
l’ora, mini-jobs). Più 1,6 milioni di minori, figli dei beneficiari.
Fra gli occupati la percentuale dei lavoratori poveri,
che guadagnano meno di 900 euro al mese, è il 22 per cenrto del totale. A essi
va aggiunto un milione di posti di lavoro precari o a tempo. Molti dei “lavoratori
poveri”, due milioni mediamente (portando così il totale dei sussidiati da sei a
otto milioni), hanno bisogno di forme di assistenza, per fare la spesa, per
curarsi, per una abitazione. E le statistiche non tengono conto dei mini-job,
il sistema misto di benefici sociali e paga ridotta, portata ultimamente da 420
a 450 euro, al mese..
In generale, le retribuzioni del lavoro sono in libera
caduta, e spingono la Germania verso la deflazione. Evitata grazia al boom
costante delle esportazioni, che beneficiano del dumping sociale.
Il circolo è vizioso: finora ha funzionato per il meglio, ma è minato. Anche
perché, se ha attivato una forte capacità di capitalizzazione delle imprese,
questi benefici però solo in parte ritornano sul mercato.
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