Le spedizioni in Siria, anni
1930, al seguito del marito, archeologo. Nel Curdistan siriano - poco sopra Raqqa, un raccordo ora inevitabile. Col campionario adusto di
idiosincrasie locali, bonarie s’intende, come il genere vuole, i racconti di
viaggio. Gli incapaci, i furbi, gli avidi, i renitenti, anche al guadagno, i
ras. Le macchine inaffidabili, che sempre s’impuntano ai guadi, les timbres, mai abbastanza, gli orari,
mutevoli, le conversazioni, estenuanti, e in genere l’inaffidabilità – grandi hotel
senza stanze, o allora solo una, dormitorio, con cimici, e talvolta topi, etc. Già
visto, ampiamente. Ma con scatti incredibimente inventivi.
La scelta dell’abbigliamento,
al capitolo iniziale, è spassosissima: le forche caudine delle “taglie forti”,
agli anta, la fobia delle zip, le penne e le matite in serie, in Oriente non ce
ne sono mai abbastanza, e gli orologi, l’Oriente non ama il tempo. Con l’inevitabile
shantung da “moglie del Costruttore d’Imperi”, che fa bene a tutte le età.
E le scarpe, tante, molte, “sono una mia debolezza”. O gli addii a Victoria
Station, da “partenza per le Americhe” sulle banchine di Napoli nella tradizione
italiana.
Niente di ecezionale. Ma è
una sorpresa scoprire che Agatha Christie esiste in proprio, ed è una signora giovanile e impavida – non si lamenta mai, e questo fa un po’ genere un po’ no,
altre viaggiatrici illustri in Oriente (il Medio Oriente) si sono lamentate.
La giallista già celebre passa le mattine alla macchina da scrivere, a inventare
morti sospette, e il pomeriggio a “restaurare” (pulire) i reperti, e a
fotografarli, per la documentazione. Ma non si esime qua e là da lampi di
sapienza e d’intelligenza. Molto pratiche, non da Poirot, nemmeno da Miss
Marple. I suoi investigatori quindi, prima sorpresa, non sono Agatha Christie. Sa e dice tutto
in tre righe dei turchi con gli armeni. Sa della gente che incontra: “Le
donne curde sono allegre e attraenti…. Sono belle, sanguigne e felici” - altrove saranno “simili a vivaci tulipani striati”. Sa, concisa, dei luoghi,
anche celebri e indiscutibili. Istanbul è “città esasperante”, che “quando ci
sei dentro non riesci a vederla”. Palmira “non è - non può essere – vera… leggiadra, favolosa, impossibile
come le artificiose impossibilità dei sogni”. Sa delle popolazioni. Gli yezidi
adoratori miti di Satana. I turchi burocratici. Gli scarti interminabili degli arabi – vano voler
chiudere con loro una conversazione - siano essi pure in posizioni ancillari.
Con lampi d’autore. “Con la mezza età” viene “una buona dose di calma e di savoir faire… Sono lontani i giorni in
cui chiunque m’intimidiva”.
Le notazioni etnologiche inevitabili sanno essere brevi e non sono strafatte. Con un
paio di insight sorprendenti per
originalità. Sulla scuola, di primo mattino, quando sui prati del campo base è “una
fioritura scarlatta e gialla di piccoli fiori, “l’aria è dolcissima”, etc.: “A
quest’ora del giorno, i bambini cosiddetti fortunati dei paesi europei se ne
vanno a scuola, in aule affollate, lontano dalla purezza dell’aria. Per sedersi
su panche o ai banchi a sgobbare con le lettere dell’alfabeto, a ascoltare l’insegnante, a scrivere coi crampi alle dita. Mi chiedo se un giorno, fra un centinaio d’anni
o giù di lì, si dirà con tono scandalizzato: «In quei tempi costringevano i poveri
bambini ad andare a scuola, seduti
per ore e ore ogni giorno, dietro i banchi,
in edifici al chiuso! È terribile soltanto a pensarci! Dei bambini piccoli!»”. O
sulla rassegnazione, la passività, arabo-mussulmana. Siamo destinati a morire,
la cosa è semplice, e il quando dipende dalla volontà di Allah: “Questo credo,
questa remissività al destino sgombera il campo da quella che è diventata la
maledizione del nostro attuale mondo: l’ansietà. Forse non c’è libertà dal
bisogno, ma certamente vi è libertà dalla paura”.
Raqqa viene verso la fine, la spedizione si perde sulla strada, per attraversarvi l’Eufrate. Si vedrà da lontano: “Così, in distanza, è bella, con i suoi mattoni di fango e le sagome delle sue costruzioni orientali”.
Agatha Christie, Viaggiare è il mio peccato, Oscar, pp.
254 € 9
Raqqa viene verso la fine, la spedizione si perde sulla strada, per attraversarvi l’Eufrate. Si vedrà da lontano: “Così, in distanza, è bella, con i suoi mattoni di fango e le sagome delle sue costruzioni orientali”.
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