venerdì 6 ottobre 2017

Quanto pesa Putin in Medio Oriente

Dieci anni dopo la visita di Putin a Riad, che sembrò e fu una forzatura, il re saudita ha restituito al visita a Mosca. Colmandola di accordi economici – anzitutto l’intesa per un rafforzamento del corso degli idrocarburi – e industriali. Resta lo stallo nel rapporto politico, Putin essendo stretto alleato dell’Iran, che è il primo nemico dell’Arabia Saudita. Ma la visita di re Salman è di fatto il riconoscimento che in Siria, dove la rivolta anti-regime è stata promossa, finanziata e armata dall’Arabia Saudita, la partita è persa, in favore di Assad, Mosca e Teheran. In cambio probabilmente di un intervento dissuasivo di Putin su Teheran per la guerra nello Yemen, dove  Iran e Arabia Saudita si fronteggiano direttamente, e non per formazioni militari protette.
C’è un sovvertimento in atto in Medio Oriente rispetto agli assetti del lungo dopoguerra. Anche se non se ne parla – se non marginalmente, come su questo sito:
Mosca ha soppiantato l’influenza occidentale in Iran e in Siria, e si propone amichevolmente in Nord Africa (Egitto e Libia) e nella penisolla arabica. Non ha titoli finanziari né di mercato per soppiantare l’integrazione del Medio Oriente nell’Occidente. E quelli militari usa con parsimonia – una guerra è per la Russia un costo, a differenza che per gli Usa, dove si promuove e si vive come una “opportunità”. Ma è il power broker, ormai riconosciuto: il solo in grado di risolvere il problema del riassetto della Siria, e della bomba in Iran ( nonché dei fragili equilibri in Libano e Yemen, dove l’Iran è forte), e di favorire una stabilizzazione dei prezzi degli idrocarburi, petrolio e gas naturale.
Il ruolo russo è in questa fase – negli anni di Obama e ora con Trump - magnificato dall’assenza dell’Occidente su tutti i fronti, perfino su quello arabo-israeliano. Con l’eccezione possibilmente della Libia, ma qui per l’iniziativa italiana. 

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