Una storia delle poesia e
narrativa creola nelle Antillle e i Caraibi francesi, Haiti, Guyana, Guadalupa,
Martinica, Saint-Pierre. Creola nel senso di afro-caraibica, oltre che in quello
tradizionale di franco-caraibica. A opera dei béké, i francesi della prima colonizzazione, l’aristocrazia delle
ex colonie. E dei marrons, i neri
schiavizzati – poi integrati con indocreoli, gli indiani semischiavizzati dei poossedimenti
francesi in India, infine coi cinesi e i “siriani” (libanesi)..
Non una bella storia, contraiamente
al creolismo che nell’Ottocento fu di moda a Parigi e a Madrid, di belle dame e
cavalieri. Di sfrutamento, dapprima degli amerindi nelle pianagioni di cotone,
poi degli africani. Una letteratura, quindi, di “grida” e “lamenti”. Poi – non
dettto – dell’incapacità di govrnarsi, a partire da Haiti, il primo apese indipendente
nelle Americhe dopoo gli Stati Uniti – dopo aver sconfitto le trupe
napoleoniche, comandate dal cognato Leclerc, il marito di Paolina.
Archeologia? Futurologia? Un’evocazione.
Di orgoglio, nella nostalgia. E un lameto funebre. Di un mondo perduto, quel
poco che c’è stato: le “lingue tagliate”
sono testimonianze senza resurrezione. E poi i risultati migliori - più
convincenti, resistenti, significanti - sono venuti in francese: Aimé Césaire, che
impose negli anni 1930-1940, insieme col senegalese Léopold Sédar Senghor, la negritude, la rivalutazione storica ed
estetica dell’Africa Nera, Fankétienne, Simone Schwarz-Bart, da ultimo Édouard
Glissant, e compresi i due antologizzatori.
L’inquadramento del non
quadrabile Saint-John Perse nella creolità è l’esito più persuasive dell’antologia. Alexis Saint-Léger Léger di
nascita, un béké di antica grande
famiglia, che rifiuta la Guadalupa madre, dove non farà mai ritorno da adulto, ma
si esprimerà come un creolo in esilio, per quanto volontario. La sjua “misteriosa”
poesia sembra sciogliersi alla lettura “creola” che Chamoiseau e Confiant propongono.
Patrick Chamoiseau-Raphaêl
Confiant, Lettres creoles, Folio
Essais, pp.293 € 9,50
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