Arte - Non può essere disarmonia, estetica della
morte. La morte non è vita: la sopravvivenza ha più senso del suicidio, anche
collettivo - quello p.es. che Hitler inflisse ai tedeschi. Non c’è un mito del
genere.
Destra - Altra pasta Céline, Hamsun,
Pound: democraticismo plebeo, integrale, senza eroismi né inni alla morte. O
Pirandello, che irride e corrode, fascista volontario: “La massa non ha una propria volontà”. Senza contare lo storico:
De Felice è quello che il movimento disse nazista, il Sessantotto, venendo dal Pci. Il Novecento va riletto.
Anche per la morte: la destra non è alfiera
di morte. È fatta di vitalisti che se la spassano, inclusi Evola, il Tercio e Heidegger,
Yourcenar, lo stesso monastico Jünger, Bataille, di destra nel fondo. E questo è il
nodo, o enigma, dell’essere di destra, dell’esserlo stati. Erano contro i guasti dell’idealismo
pratico, della bontà, di sentimenti e intenzioni. Céline fu presto antibellicista
e medico dei poveri. Divenne rognoso e antisemita per crederci, da resistente alle
sopraffazioni, nel tempo in cui un tremendo potere, a lui non oscuro, bruciava
vive la pietà e la legge.
Globalizzazione – Sarà stata la
vera rivoluzione del lungo dopoguerra: universale,
radicale. La semplice apertura della Wto, World Trade Organization, a ogni
produttore che rispetti criteri minimi di concorrenza ha divelto decenni di
pensiero del sottosviluppo, centrato sul legame sulla funzionalità del
sottosviluppo allo sviluppo capitalistico: Baran, Gerschenkron, Gunder
Frank,Samir Amin, lo stesso Myrdal, Nurkse (ma già Hobson).
Morte - A lungo si privilegiò
nei simboli cristiani l’Incarnazione rispetto alla Morte, fino al Rinascimento,
che per questo è pieno di dipinti osceni della Madonna col Bambino. E nella
teologia dell’Umanesimo, il secolo che preparò la Riforma – che la chiesa si
fece poi cancellare dalla polemica luterana. Michelangelo combinò l’una
nell’altra, la vita e la morte, nel nudo, corpo non celato.
La morte che viene in primo piano –non in
contesto criminale, certo - esorcizza la violenza, contro se stessi e contro
gli altri. In quanto rivoluzionaria, liberatrice.
Nudo – È - per es. in Michelangelo - nel
Rinascimento il creato. Senza turpitudine: il primo significato teologico del
nudo è l’origine, la creazione. Nell’aspetto d’amore innocenza che si associa al momento seminale,
sia nel creatore che nel creato. Di una volontà che si perfeziona generando fragilità
e vulnerabilità. Questo per i cristiani, che san Girolamo vuole “nudi a seguire
il Cristo nudo”.
Ma c’è un che di compiaciuto, in questo
amore di se stessi indifesi. E la cosa è diventata sospetta.
La
fisicità è l’eterno incomodo del pensiero occidentale, da Kant, e gli altri
scozzesi liberali, ai padri della chiesa. La fisicità eleva e razionalizza il
possesso. Del mondo là fuori, quindi eleva e razionalizza il mondo stesso.
Odio – Non si
consuma. Se non per un atto di volontà: senza, si perpetua e anzi si accentua,
indipendentemente dalle cause o origini. Molti conflitti si evolvono a spirale,
per intensità e durevolezza.
Peccato – È scomparso in
chiesa. Con questo papato, ma anche prima.
È
una liberazione? È un’esposizione, senza difese?
Purezza – È canone
privilegiato, dello spirito (buone intenzioni) come del corpo. Portato
socialmente (legalmente, storicamente) sempre a brutti esiti. La purezza della
religione da un millennio e mezzo a questa parte, quando almeno due se la
disputano. Del sangue, nel Cinque-Seicento contro mori e ebrei, nell’Otto-Novecento
contro chiunque. Ora di nuovo del cristianesimo cattolico, che pure aveva
inventato la figura del confessore e della penitenza – che però non sa contro
chi.
Religione – Le guerre di
religione non sono l’effetto dei monoteismi: ci sono sempre state prima del
cristianesimo e dell’islam. Si caratterizzano nell’ultimo millennio come monoteiste
per essere il mondo “conosciuto” (storicizzato) monoteista. Me nel mondo
globale se ne sono state e ce ne sono tuttora fuori dalle religioni rivelate ed
esclusive. Specie nei paesi buddisti, e nell’India induista. L’odio non è
teologico, se non per opportunismo. La razza pesa di più, e la storia.
Religiosità - Processioni,
le madonne, le quindicine, le novene, i tridui, i tamburi, i fuochi (e i rosari?),
l’ortodossia in campo cattolico opera oggi un ribaltamento rispetto alle
convinzioni ancora di un De Martino, quindi di sessant’anni fa. Che a tutti
questi riti, laicamente, trovava una funzione. L’antropologo, che aveva
debuttato, in “Morte e pianto rituale nel mondo antico”, con un itinerario “dal
lamento pagano al pianto di Maria”, argomentava nel 1962 (“Magia e civiltà”),
tornando sulla “magia lucana”, un raccordo fra pratiche pagane e riti cristiani
– “fra magia e forme egemoniche di vita religiosa”: “Il clero, alla cui
influenza diretta o indiretta sono dovute queste manifestazioni di sincretismo
e di riadattamento, intuì la funzione pedagogica del raccordo con le vecchie
pratiche”.
Il cristianesimo scientista, comprensivo
oggi della chiesa cattolica, compresa quella del Sud Italia, della Spagna, del Sud
America, le più sincretiche, rifiuta lasciti e commistioni, in nome della
purezza. Dei riti non canonici peraltro imponendo la forma esteriore, per quanto
profana – canti, chitarre, coreografie.
Suicidio – Si rivaluta
come liberazione. Su fondamento anche patristico: Sant’Agostino lo consiglia, e
l’Ecclesiaste naturalmente, “Meglio
la morte che una vita dura”. Matteo Ricci, gesuita, lo attesta tra i cinesi in difficoltà,
magari solo economiche. Personalmente il suicida può pensare, come John Donne
in un momento brutto per la carriera: “Possiedo le chiavi della mia prigione”.
Scriverci sopra, anche, un trattato, come il decano di Saint Paul – un Biathanatos che non è una morte doppia ma
una sorta di morte vissuta: “Questo peccato non è irremissibile”.
Ma
non è questione di peccato, nessuno lo crede più. Certo è che il suicidio inizia con Werther.
Sviluppo – Si alimenta
con o sviluppo – ricchezza produce ricchezza. È questo il motore dell’accumulazione,
non la vecchia tesi che si alimenta del sottosviluppo. Il legame semmai
funziona all’incontrario, che lo sviluppo si alimenta con lo sviluppo.
zeulig@antiit.eu
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