sabato 4 novembre 2017

Chi uccide Regeni

Dunque, non era vero. Carlo Bonini e Giuliano Foschini hanno invaso “la Repubblica” con la storia che Giulio Regeni è stato vittima della sua tutor, “un’attivista”. E di un’università, Cambridge, covo di spie. Ma per “attivista” dando una professoressa che di Regeni era la supervisor, e stava a Cambridge. La tutor, una del Cairo, è un’altra, un’arabo-americana, che oggi rimette sul “Corriere della sera” le cose a posto.
La tutor dei due articolisti, in realtà la supervisor, quella che ne seguiva a Cambridge il dottorato,  ha preso un anno fa un anno di aspettativa e si rifiuta di parlare con gli italiani. Tuttora si rifiuta. Anche la tutor, al Cairo, si è rifiutata, fino a oggi. Si può comprenderle. Parlare con gli italiani è consegnarsi alla gogna. Al ludibrio, altro che Weinstein.
Inaffidabili sono per prassi i giornalisti. Ma nel caso dell’Italia anche i giudici. E ora pure i diplomatici. Sono loro che alimentano l’indisponibilità delle due professoresse a fare i talk-show come un indizio di colpa. L’ambasciatore a Londra Terracciano, non uno sguarnito primo segretario d’ambasciata.  
Ma, poi – la tutor, o la supervisor - attivista di che? Dei Fratelli Mussulmani, si insinua, nemici dell’attuale regime egiziano. Il che non è, non può essere, non a una università inglese (ma è americana) del Cairo. Il governo italiano tenta di spostare le responsabilità, per poter riprendere i rapporti con Al Sisi, ma il giornale, e i giudici?
Singolare la trepida attesa della madre di Regeni, che la professoressa sia colpevole, e che Cambridge sia un covo di spie. Voglia di protagonismo, da ubriacatura post-talk-show – le droghe danno assuefazione? Il rispetto del figlio vorrebbe che egli sia quello che è stato: una vittima della polizia segreta di Al Sisi. 

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