Tre saggi sul “problema dei
poteri magici” – nel quadro sempre di una storia della magia che resterà al fondo
del percorso dello studioso: “Prolegomeni a una storia del magismo” è il
sottotitolo. Introdotti da un lunghissimo saggio di Cesare Cases, che non
c’entra nulla con la magia, ma ha – aveva – il compito di travasare De Martino
e l’etno-antropologia nel Pci, tagliandone le radici storicistiche, e anche il
tronco. Benché rinvigoriti, tronco e radici, alla fonte, a palazzo Filomarino,
a diretto contatto con Croce. Sembra una “sistemazione” d’altri tempi, ed era
ieri – e ancora si pubblica.
L’opera di Cases è imposssibile
perché De Martino debutta col proposito di fondare una “etnografia
storicistica”: “Il mondo magico costituisce un eccellente agone in cui il
pensiero storicistico può cimentare se stesso, e conquistare combattendo una
più larga coscienza delle proprie possibilità e delle proprie virtù”. La prefazione di De Martino alla prima edizione è un omaggio a Croce, col proposito di
sceverare il “vero storicismo”. Su una traccia molto poco materialistica: “Una
storia del magismo costituisce un contributo alla formazione del neoumanesimo
moderno”. Ci riesce? Malgrado i ripensamenti successivi, sì. La sua è una storia vera, anche se, come dirà venti anni dopo (“Magia e civiltà”), “l'operazione è complessa”.
Cosa ne resta? La capacità di De Martino di mediare un grandi
filone culturale nuovo e nuovissimo per l’Italia – oggi non c’è molto di più.
E la sua intuizione, che ritorna in ogni suo scritto, del legame dei "poteri" magici con quelli religiosi, anche delle religioni rivelate, e perfino delle testamentarie.
Ernesto De Martino, Il mondo magico, Bollati Boringhieri,
pp. LV-305 € 16
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