Fake
news è fake news chi lo dice. Si fa scandalo di un ex collaboratore di un amico
di Renzi, l’industriale informatico Gattai, che sarebbe “dietro” l’articolo del “New York
Times” di critica ai grillini per le troppe bufale sparse nei loro social. Gattai
si tira fuori, ma dice che anche questa è una fake news – i social sono pieni
di “chi c’è dietro?”. Come dire: non c’è rimedio.
Il
rimedio sarebbe ridare senso al linguaggio. E cioè ricreare le gerarchie. Dire
dei social quello che sono, il vecchio bar. Che invece sono venerati, e
invidiati, dai Gattai come dai comuni socialites.
Mentre si appiattiscono ancora di più, dopo i photoshop lusinghieri, con la moda
delle fake news. Che è ancipite: da una parte c’è chi le spara più grosse che
può, dall’altra chi se ne fa cacciatore. Terra terra anche lui, con le stesse “armi”,
cioè spuntate. Chiacchiere su chiacchiere.
Un
impero del niente che sarebbe facile soppiantare, se i media, che ne sono i
nemici dichiarati, non li osannassero. Viviamo così tutti l’epoca di Trump,
anche se non lo sappiamo: twitter la mattina e russiagate il pomeriggio
Nessun commento:
Posta un commento