Una raccolta di elzeviri
scritti per “la Repubblica” (senza indicazione dell’origine, Citati non ha
gradito l’allontanamento dal suo quotidiano), e di altre prose sparse. Tutte o
quasi animate, estrose. Anche se in spirito passatista, ancora in polemica con
i consumi di massa. E con molto buon tempo antico. Ma non guasta: testi agili, senza sentenziosità. Con molti fermenti vivi. Come se Citati, lo scrittore di altri, si fosse autoliberato, con la stessa eccitazione. Nel
quadro, più spesso, di uno sciocchezzazio che progettava con Marc
Fumaroli, e poi evidentemente non hanno realizzato.
In fatto di pedagogia - il
gruppo iniziale delle prose, folgorante – la critica del presente, in tutti gli
ordini di scuole e nelle famiglie, non è misoneista, nessuno gli darà torto:
infanzia e adolescenza sono conculcate oggi. Citati fa un ragionamento a ogni
pagina convincente. I millennial sono
generazioni perdute dai genitori, a opera loro, che accudiscono invadenti, non
crescono i figli e non li rispettano – li occupano: otto ore di scuola, tre di
attività varie e tre di tv e videogiochi, ai quali non partecipano.
Sulla scuola la requisitoria
è di un “bambino” che sappia scrivere, niente di più, ma sagace, salace:
l’infanzia è uno dei massimi doni dell’esistenza. Senza sopracciò: il tema no
il riassunto sì, “il bambino deve vincere semrpe”, la lettura, la lettura, la
lettura, il bambino è avido di sentire raccontare. Altri “pezzi” sono
affascinanti. Su Calvi, il banchiere suicida. Sull’organizzazione Medici con
l’Africa, di cui nessuno dice nulla. Perfino in tema di politica estera, sui
wahaniti sauditi che governano il radicalismo islamico e scompaginano il Medio
Oriente. Su Berlusconi – di cui Citati si finge compagno al liceo – è
memorabile, un pezzo da antologia, se se ne faranno sul politico imprenditore.
Un incredibile ritratto di papa Ratzinger ne anticipava lo sconforto (la prima
edizione della raccolta è del 2011): “Tutti i cattolici osservano da tempo la
condizione di inquietudine e d’angoscia che occupa la mente di Benedetto XVI”.
Una radicale rasatura del
comunimso-bolscevismo, da Togliatti in giù, ha destinato la raccolta al silenzio,
le redazioni culturali sono ancora nostalgiche. Ma la sovversione del
linguaggio a opera di Stalin merita un monumento – ancorché da assortire col
personaggio che tra le due guerre rifece il linguaggio internazionalista e
l’immaginario dei compagni di strada e si vuole obliterare, Willi Münzenberg.
Pietro Citati, Elogio del pomodoro, Oscar, pp. 266 €
9,50
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