Opera storica “singolare” la
dice Giancarlo Gaeta nella presentazione.”Fare l’inventario della civiltà che
ci schiaccia” è del resto il proposito di Simone Weil. Un mondo rivalutando, di
cui professa di sapere poco, per il tramite di un poemetto cortese sull’assedio
e la presa di Tolosa. Ma che sceglie di elegere a mondo utopico, di un
cristianesimo sprovvisto di Bibbia, e di Chiesa romana. Dove tutti vivono in
pace, professando la loro fede.
Due saggi per un numero speciale della rivista “Cahiers
du Sud”, dedicato a “Le génie d’Oc et l’homme méditerranéen”. Scritti a
Marsiglia negli anni di Pétain, quando Simone Weil stessa era con un piede
dentro e uno fuori della Francia, sebbene non personalmente assediata. Dopo un
frettolosa, quanto avvincente, incursione nel mondo d’Oc.
La crociata contro gli Albgesi, con l’assedio finale
di Tolosa, non senza la partecipazione di Luigi IX di Francia, che il papa
Bonifacio VIII, altrimenti famoso, farà santo, è una guera religiosa in cui non
si fa questione di religione ma di idee: il re santo e il papa segregano l’Europa
nel suo vero Medio Evo, troncandone il suo vero Rinascimento, la fioritura
pacifica di uomini e idee. Tesi ardita, ma appassionata: “L’Europa non ha mai
più ritrovato allo stesso livello la libertà spirituale perduta per effetto di
quella guerra”. Fu uccisa un’idea di civiltà ricchissima e “civile”, persiana,
araba, greca: “Per quanto si sappia poco dei catari, sembra chiaro che essi
furono in qualche modo gli eredi del pensiero platonico, delle dottrine
iniziatiche e dei Misteri di quella civiltà preromana che abbracciava il
Mediterraneo e il Vicino Oriente”. Non solo: “Che sia per caso o no, la loro
dottrina ricorda per certi tratti, insieme al buddismo, insieme a Pitagora e Platone,
la dottrina dei druidi che un tempo ebbe a impregnare questa stessa terra”.
Le tracce S.Weil trova nel poema, di cui fa l’anamnesi.
Ma anche, piuttosto disinvoltamente, nella storia: “Vi si trovava quel
sentimento civico intenso che ha animato l’Italia nel medioevo,vi si trovava
anche una concezione della subordinazione simile a quella che T.E.Lawrence
trovò viva in Arabia nel 1917, a quella che, portata forse dai Mori, ha
impregnato per secoli la vita spagnola”.
Una concezione “che rende il servo uguale al padrone grazie a uan fedeltà
volontaria, e gli permette di inginocchiarsi, d obbedire, di sopportare le
punizioni senza nula perdere della propria fierezza”, che s ritroverà nel “Poema
del Cid”, e nel teatrto spangolo del Cinque-Seicento. Prix e parage sono le
parole del poema: premio e parità.
Nella parte meno avventurosa, è l’elogio della civiltà
romanica. Il romanico “fu l’autentico Rinascimento: lo spirito greco rinacque
sotto la forma cristiana che è la sua verità”. E l’umanesimo? “L’altro
Rinascimenro” è un “falso”: “A partire dal XIII secolo l’Europa si ripeigò su
se stessa e presto non uscì più dal territorio del suo continente se non per
distruggere”. A partire dal Medioevo gotico, “un tentativo di spiritualità
totalitaria”. Ma in sé un mondo non imbelle: “L’essenza dell’ispirazione
occitana è identica a quella dell’ispirazione greca. Essa è costituita dalal
conoscenza dela forza”. Che per Siomone Weil “L’Iliade, poema dela forza” non è
bruta ma “coraggio soprannaturale”.
Un grido di dolore – l’analisi è avventata. Quando non è la ennesima crociata di Simone per la purezza introvabile. Con un
paio di pagine magistrali. Sull’amore: “L’amore umano fu uno dei ponti fra l’uomo
e Dio”. Contro il progresso: l’idea di progresso “la si è creduta associata alla concezione
scientifica del mondo, mentre la scienza le è contraria esattamente come la
filosofia autentica”. La quale “insegna, con Platone, che l’imperfetto non può
produrre qualcosa di perfetto né il meno buono qualcosa di migliore”.
L’edizione Marietti è corredata del poema cortese da
cui muove la riflessione di Simone Weil, in originale con traduzione, a cura di
A ndrea Fassò. E da due lettere a Déodat Roché, studioso del catarismo. Contestualizzando
in una lunga nota il poema da cui muove Simone Weil nel ciclo dei poemi cavallereschi,
Gian Luca Potestà dice chiaro che la storia che Simone Weil ne ricava è di
fantasia. Ne rileva un minimo interesse storiografico come tentativo di fare la
storia dalla parte dei vinti.
Gaeta porta la sua riflessione domani a Firenze alla
giornata di studi “Alla riscoperta dei catari: dalla mistica alla democrazia”, organizzato
dall’Istituto universitario Lorenzo dei Medici, alla chiesa di San Jacopo in
Campo Corbolini. Dove pezzo forte si preannuncia il richiamo, non nuovo ma
smarrito, a Dante. “La civiltà catara nei versi di Dante «A così bello viver
cittadini»”, nella relazione di Maria Soresina, già autrice di un “Il catarismo
nella Commedia di Dante” e .
L’edizione Chiarelettere assottisce i due saggi brevi
per “Cahiers du Sud” con “L’Iliade, poema dela forza”.
Simone Weil, I Catari e la civiltà mediterranea,
Marietti, pp. 98 € 10
Il libro
del potere, Chiarelettere, pp. 93 € 9,50
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