lunedì 27 novembre 2017

La schiavitù felice del mercato

“Il tradimento della democrazia” è il sottotitolo. Di un titolo che è solo un’eco della più celebre “Ribelione delle masse” di Ortega y Gasset, 1929. Il filosofo spagnolo ci vedeva bene. Qui parliamo degli yuppies anni 1980. In Italia della “Milano da bere” che fu fatale a Craxi e al socialismo. Ma altre vittime non ne ha fatte: la ribellione delle élite non ha provocato la ribellione delle masse. È principio fisico che a ogni azione corrisponde una reazione. Ma la reazione\ribellione delle masse non c’è stata, anzi c’è una fideistica, nemmeno rassegnata, anzi partecipata adesione delle masse, via shopping, voluttuoso voluttuario.
Un’opera che si legge, dopo appena vent’anni, allo specchio, un po’ rivoltata. Si ripubblica come “l’opera che ha annunciato la separazione tra élite e masse popolari e la nascita dei nuovi populismi”. Come anticipazione di Trump. Ma Trump – presidente eletto, dai meno abbienti – e il populismo sono l’ultimo sopruso delle élite o non il loro trionfo? La “rivoluzione delle élite” ha semmai fatto macchia d’olio, contagiando le masse. Le masse non sanno. Le masse credono.
Il potere è sempre più elitario. In questo Lasch era tempestivo, e controccorente.
“La ribellione delle élite” è dei primi anni 1990 – sarà pubblicata postuma nel 1996, due anni dopo la morte del sociologo liberal, radicale, di formazione marxista. Nel pieno del fulgore del liberismo - del mercato, dell’arricchitevi. Oggi andrebbe specificato: il potere è sempre più finanziario. O allora tecnologico, ma ugualmemnte incontrollabile – non paga nemeno le tasse. Quello politico è esiduale. E il potere finanziario è occulto, remoto, ristretto. Ha il dominio del denaro e dell’informazione, e può fare di segatura polpette. Anche relegarci – suaviter – a dibattere di populismo, o dei populismi. O di schiavitù, perché no, ma a opera di caratteristi arabi su comparse africane. 
I populismi, secondo il collegamento che vuole l’edizione Neri Pozza, sono movimenti ciechi, incarnati a caso. Per lo più improduttivi. Sembrano mutare la scena, ma solo quella che appare, un fodnale di cartapesta, dietro peraltro porte girevoli – qui lo dico qui lo nego, mi vedo e non mi vedo. C’è una rincorsa da fare vecchia di trent’anni, almeno: un campo vastissimo da recuperare, per la democrazia, una vera libertà, un minimo di eguaglianza. Magari partendo dalle malattie indotte dal cottimo e dall’incertezza: così, giusto per esercitarsi, restando in chiave di mercati, di costi\benefici.
Christopher Lasch, La ribellione delle élite, Feltrinelli, pp. 216 € 9          
La rivolta delle élite, Neri Pozza, pp. 255 € 17

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