Galileo – Calvino lo
dichiara “il più grande scrittore
della letteratura italiana di ogni secolo”, nella conferenza “Natura e storia nella letteratura” che negli
anni 1960 portò in varie parti d’Italia e all’estero, sulla scia di Leopardi.
Che gli fece largo spazio nella sua “Crestomazia”, ammirandolo in più punti
dello “Zibaldone” per la precisione e l’eloquenza congiunte.
Gramsci – “Pessimismo
dell’intelligenza, ottimismo della volontà”, la sua massima più celebre, è di
Romain Rolland – cui lui stesso la attribuisce, servendosene
Incastro – È il procedimento tipico
del romanzo? Delle “Mille e una notte” o del “Decameron” come già del primo
romanzo in epoca ellenistica. E se il romanzo ellenistico è derivazione indiana
(con più certezza lo sono “Le mille e una notte”), comunque asiatica, forti costruzioni
se ne trovano nel “Sogno della camera rossa” e nel “Chin P’ing-Mei”. Tzvetan
Todorov, “Gli uomini racconto” (“Teoria della prosa”), lo dice il meccanismo
anche del “Manoscritto trovato a Saragozza” – ma allora di tutti i racconti “trovati”
(nella bottiglia, affidati, ereditati, emersi….).
Italia – È manzoniana
caratterialmente, letterariamente? Calvino (“Il midollo del leone”, ora in “Una
pietra sopra”) dice Carlo Levi scrittore, “come tanti nostri antichi,
ragionatore di storia e di politica”: una tradizione a cui lui stesso allora
(1955) voleva collegarsi: “Noi pure siamo tra quelli che credono in una
letteratura che sia presenza attiva nella storia, in una letteratura come educazione”.
Leonardo – Walter Isaacson, ultimo
biografo, così lo propaganda: “Come Eistein e Steve Jobs era anticonformista e
ossessionato dal perfezionismo. L’erede oggi: Jeff Bezos”. Per vendere meglio?
Isaacson, non Leonardo ovviamente.
Manzoni – “La
Storia si può veramente chiamare una guerra illustre contro la Morte”, o “una
guerra meravigliosa contro la Morte”, o “una guerra illustre contro il Tempo”,
sono tre suoi incipit, di “Fermo e Lucia” e “I promessi sposi”. Era Manzoni
hegeliano, per la storia della Provvidenza, ma incerto.
Morte - Dice
Beckett di Proust che “la morte guarirà molti uomini dal desiderio
d’immortalità”. Non Beckett, però - né Proust, cui Beckett addebita questa
filosofia.
Pirandello sempre lucido la volle inscenata al primo mattino, un
momento appunto morto, lontano dalla sue diuturne affollate messe in scena, su
un semplice carro di terza classe.
Montalbano – Un 25 per cento di share alla terza o quarta replica, la
più alta della serata in tv, uno spettatore su quattro, molti che
presumibilmente già conoscono il filmato a memoria. Dopo aver realizzato uno su
tre alla prima proiezione. “Montalbano”, il commissario seriale di Camilleri, si
conferma essere soprattutto la creatura di Sironi e Degli Esposti, il regista e
il produttore della serie di fim. Se ne capiscono facili rivedendolo anche le
ragioni del successo costante, da un ventennio ormai in qua – uno dei film di
questa riproposta Rai è del 1997. Le ambientazioni superbe, sorprendenti,
suggestive, non una è scontata, generica, tirata via. L’accuratezza degli
oggetti – gli interni, gli esterni, l’arredamento, l’abbigliamento, i
trasporti, la cucina etc. Tempi della misura sempre giusta. Dialoghi di una naturalezza
si direbbe impossibile. Ruoli tutti azzeccati, di comprimari, caratteristi e
anche semplici comparse. Tutti peraltro professionali, si sente dalla dizione,
perfetta anche nelle copie vecchie – non uno solo dei borborigmi delle vedettes in tv, femmine e maschi, in
questi film sanno recitare perfino le belle ragazze. Col sapiente sfruttamento,
nei ruoli secondari, delle immense capacità teatrali degli attori di vecchio
conio, reperibili evidentemente ancora in Sicilia.
Omero donna Si direbbe impossibile per il famoso argomento
di Graves, che contestò l’ipotesi di Samuel Butler: Odisseo
incontra la morte le nove volte che incontra una donna, Calipso (“colei che
nasconde”), Circe (“la rapace”), Nausicaa (“che brucia le navi”), Scilla
(“quella che spezza”), Cariddi (“quella che risucchia”), eccetera. Invece poi,
a sessant’anni, Graves ci ripensa e ne scrive il romanzo, “La figlia di Omero”: Nausicaa,
giovane siciliana, figlia onoraria di Omero, è l’autrice dell’“Odissea”. Tardo
fascino della Sicilia? Della gioventù? No, del femminismo incipiente.
Graves stesso ne fa questa sintesi nella “nota storica” che si
premetteva alle prime edizioni: “Il racconto ricrea, su prove interne ed
esterne, le circostanze che indussero Nausicaa a scrivere l’“Odissea”, e
indicano come, da figlia onoraria di Omero, procurò di farla includere nel
canone ufficiale”. Ma dopo aver detto: “Questa è la storia di una ragazza
Siciliana coraggiosa e religiosa che salva il trono di suo padre dall’usurpazione,
se stessa da un matrimonio spiacevole, e i suoi due giovani fratelli dalla
macelleria facendo succedere le cose, invece di starsene quieta e sperare per
il meglio”.
La Penguin mette il romanzo nei generi fairy tales e epic f antasy.
Pavese – È
Clelia di “Tra donne sole” (“La bella estate”)? Per la durezza autolesionista,
e per l’attaccamento al lavoro. Non creativo, di pura fatica, ripetitiva.
Potocki
–
Si legge per il “Manoscritto trovato a Saragozza”, il genere che si fa
“divorare”. Ma ben più divorante ne è la biografia. Espresse nei racconti di
viaggio e nel “Manoscritto” scienza architettonica della narrazione perfino più
elaborata di Roussel, ma efficace. Viaggiò e scrisse di Europa, Africa,
Caucaso, Siberia e Cina, lavorando per la Prussia e la Russia. Scovò padovani
in Africa, cioè imbroglioni, e scoprì nel leopardo un incrocio di leone e
pantera. Elaborò un Sistema Asiatico, per una conquista civilizzatrice
dell’Asia, che interessò Czartoryski e Napoleone. Aveva idee. E amava i mori:
nel Manoscritto ha Moro, Moreno,
Moraredo, Maura, Mo-ra et al. Conoscitore di tutta l’Europa e
delle sue lingue, nonché di latino, greco, arabo, ebraico, si era letto ragazzo
in un’estate i libri di storia naturale cui ambiva a Bologna, nel cui Istituto,
ricorderà nella steppa, “trovai ordinati, con mio estremo rapimento, tutti gli
oggetti del mio studio”. Sposò due donne più ricche, dopo aver fatto l’amore
con la madre, la sorella, e la suocera Lubomirska.
Fu conte. Morì suicida: si sparò col nottolino della teiera che aveva
polito per tre anni, fino a ricavarne un proiettile penetrante, e aveva fatto
benedire dal cappellano di casa.
Stendhal –
Dell’amato Stendhal (“i classici che più ci stanno oggi a cuore vanno da Defoe
a Stendhal”) Calvino opina (“Natura e società nella letteratura”) che i suoi
personaggi, “per nulla esemplari nella complessità delle loro passioni”, radichi
“sul calcolo sottile segreto, e magari sull’ipocrisia coltivata col rigore di
una virtù”.
letterautore@antiit.eu
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