L’Lsd, che l’uno ha inventato
e l’altro ha voluto provare, è una piccola parte della corrispondenza. Edita già
in medias res, una cinquantina d’anni
fa, quando l’Lsd mieteva vittime, in un famoso volumetto, una delle prime cose
di Marcello Baraghini e Stampa Alternativa. Qui Jünger scrittore emerito, e
Hofmann, vero svizzero, visionario pratico, chimico di punta della Sandoz,
inventore dell’Lsd, il composto psichedelico, che fa viaggiare la fantasia, si scrivono di
tutto, le famiglie, le signore, le feste, le mostre e le letture, i doni
scambiati, e ogni altra familiarità. Insomma, tranquilli padre di famiglia.
Alla
parte Lsd, l’epoca sarà stata della libertà su cauzione. Albert Hofmann faceva
assaggi con Jünger, il chimico delle passioni, che viveva a Wilflingen nell’Alta Svevia ospite degli
Stauffenberg, patrocinati dall’industria delle droghe elvetica, che aveva già
esplorato gli sciamani e i funghi di Castaneda, al fine di creare sostanze per
la mutazione delle coscienze sul modello di Eleusi, dove il fluido iniziatico
si estraeva dalla segale cornuta, ed era nato l’Lsd. Potrebbe già “Castaneda”
essere stato un chimico filosofico della Sandoz? La Sandoz sosteneva pure
Michaux, il poeta belga. Se n’era fatto quindi il libro sull’Lsd, in cui il
dottor Hofmann si presentava convinto, tecnico, impegnato al bene dell’umanità. Ma se ne occupava anche la Ciba, con altre industrie farmaceutiche, e si facevano viaggi di studio e convegni.
Lsd,
il nome si fa venire dalla
canzone dei Beatles “Lucy in the Sky with Diamonds”. Ma non era vero il
contrario - senza spese per la Sandoz? Alla fine, o al
fondo, l’uomo è convinto che l’industria ha ragione.
Questo è un volume
buldozzerianamente erudito del Literaturarchiv di Marbach, che custodisce
meritoriamente le carte di molti scrittori tedeschi, con un nugolo di curatori. Non
inutile, poiché la parte sull’Lsd si rilegge con altro senso. Un volume anche di
culto, per i cultori della psichedelia – che però è in abbandono. O allora un
altro aspetto della figura di Jünger, che tarda a emergere, specie in Germania,
ma resterà forse il gigante del Novecento tedesco.
Provare la droga è un classico della “esperienza” tardo ottocentesca europea, sulla traccia di Baudelaire, Nerval,
e il maledettismo. Ci provarono, per descriverne gli effetti, Benjamin e Aldous
Huxley, oltre all’“antropologo” “Castaneda”. E per consumo privato, o modica
quantità, per passatempo, o per “fare esperienza”, innumeri scrittori, da D’Annunzio
fino a Elsa Morante – alla quale si devono due poesie nel nome dell’Lsd, “La
sera domenicale”, “La smania dello scandalo” (edite sotto il titolo “Il mondo
salvato dai ragazzini”).
Jünger fu un cultore si può dire costante della materia, senza farsene sopraffare. La raccontò e la sperimentò più volte, specie nelle forme originarie, naturali e non chimiche - la mescalina, il peyote, i funghi, quelli allucinogeni sono almeno duecento, le muffe. Curioso ma sempre cauto, molto. Solo si sbilancia sul trascendentale: “La conoscenza trascendentale oltrepassa la teologia e si situa nel capitolo della teogonia, perché ci introduce inevitabilmente in una nuova dimora, in senso astrologico” - che non significa nulla. Dopo aver accettato la corrispondenza, nel 1948, con un diniego: “Ho lasciato alle spalle da tempo i miei studi concreti in questo campo. Sono esperimenti in cui prima o poi ci si avventura in sentieri davvero pericolosi, e possiamo considerarci fortunati se ne sfuggiamo solo con un occhio pesto”. Profondendosi in un elogio del tè, e del caffè. Al contrario di Hofmann, che la droga sintetica, Lsd e derivati, dice migliore, a fini di “elevazione”, che i funghi della terra.
Ma può anche rifarsi a Goethe: “Se l'occhio non fosse solare,\ non potrebbe mai guardare il sole.\ Se la potenza della mente non fosse nella materia\ come potrebbe la materia turbare la mente”. E a Gottfried Benn saggista, post-hitleriano, di “Vita provocata”: “Dio è una sostanza, una droga!”.,
Ernst Jünger-Albert Hofmann, Lsd. Carteggio 1947-1997, Giometti
& Antonello, pp. 184 € 21
Jünger fu un cultore si può dire costante della materia, senza farsene sopraffare. La raccontò e la sperimentò più volte, specie nelle forme originarie, naturali e non chimiche - la mescalina, il peyote, i funghi, quelli allucinogeni sono almeno duecento, le muffe. Curioso ma sempre cauto, molto. Solo si sbilancia sul trascendentale: “La conoscenza trascendentale oltrepassa la teologia e si situa nel capitolo della teogonia, perché ci introduce inevitabilmente in una nuova dimora, in senso astrologico” - che non significa nulla. Dopo aver accettato la corrispondenza, nel 1948, con un diniego: “Ho lasciato alle spalle da tempo i miei studi concreti in questo campo. Sono esperimenti in cui prima o poi ci si avventura in sentieri davvero pericolosi, e possiamo considerarci fortunati se ne sfuggiamo solo con un occhio pesto”. Profondendosi in un elogio del tè, e del caffè. Al contrario di Hofmann, che la droga sintetica, Lsd e derivati, dice migliore, a fini di “elevazione”, che i funghi della terra.
Ma può anche rifarsi a Goethe: “Se l'occhio non fosse solare,\ non potrebbe mai guardare il sole.\ Se la potenza della mente non fosse nella materia\ come potrebbe la materia turbare la mente”. E a Gottfried Benn saggista, post-hitleriano, di “Vita provocata”: “Dio è una sostanza, una droga!”.,
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