“La preistoria
dell’imperialismo” è il sottotitolo, degli Assiri come inventori-promotori
degli strumenti - concettuali, legali,
militari degli imperi futuri. L’espansione, il dominio, lo sfruttamento, o
comunque un vantaggio comparato, e l’annullamento (assoggettamento,
colpevolizzazione, anche distruzione) del nemico, quello che fa l’imperailismo,
emerge per la prima volta, documentalmente, nella storia dell’antica Assiria.
L’imperialismo è più vecchio naturalmente, per esempio in Cina, e probabilmente
va con la storia. Liverani ne tratta da specialista emerito delle civiltà mesopotamiche
e in specie degli Assiri, con impegno sul dato.
Ma gli Assiri vengono in
argomento oggi piuttosto per la loro fine, voluta e insistita, programmata,
come civiltà e perfino come popolo – un mondo “tagliato”, più che una lingua o
un’esperienza. Gli Assiri come gli Armeni, altra comunità cristiana del Medio
Oriente. A opera dei curdi, che li hanno letteralmente massacrati. L’ultimo
europeo che li ha avvistati è stato probabilmente Viktor Sklovskij, ma è già
quasi un secolo. Pochi ne sopravvivono in Iraq, come caldei.
La storia
era stata lunga. L’impero ebbe 116 re, più di quello romano, e viene per questo
divisa in tre parti, paleoassira, medioassira e neoassira, ma finisce nel 612.
Avanti Cristo. Resterà nella Bibbia, per avere conquistato il regno di Israele.
Nonché poi - con l’eversore Nabuccodonosor II, re di Babilonia - Gerusalemme e
il regno di Giuda. Avevano la passione delle biblioteche, con centinaia di
migliaia di esemplari. La biblioteca di Assurbanipal a Ninive ebbe per l’antichità
il valore mitico della biblioteca di Alessandria oggi. Ma erano dei duri. Nei
palazzi di Khorsabad, Babilonia, Susa scolpivano scene di guerra, sfilate di
prigionieri, corpi fatti a pezzi, città distrutte. Il mondo di Assur, riemerso
a metà Ottocento, fu innanzitutto una civiltà militare. A Tell Asmar, non
lontano da Bagdad, è immortalato un gigante tagliatore di teste. Erano uomini
che non sorridevano. E c’è questa coincidenza, forse fortuita: gli animali gli
assiri raffiguravano a cinque zampe, come il cane dell’Eni – o il cane ne ha
sei? Il primo impero semita si
allargò a Babilonia, Urartu, Fenicia, Palestina, Egitto, dove Assurbanipal
conquistò nel 643 Tebe. E fu la fine: medi e babilonesi invasero l’Assiria e
distrussero Ninive. Come l’Europa, l’Assiria correva troppo.
Poi i
curdi li cacciarono. Sklovskij li ritrova quando non ebbero altra scelta che
mettersi coi bolscevichi. Dimenticati dai turchi tra i monti attorno al lago di
Urmia, in lite coi curdi, seppure muti, appoggiati dagli americani, oltre che
dai bolscevichi, e armati di vecchie carabine senza otturatore. Così “marciano
le truppe locali degli assiri” davanti al giovane commissario politico russo.
Il lago, “più salato delle lacrime”, è per questo motivo privo di pesci, ma è
allietato dai fenicotteri, che fanno il cielo rosato quando volano. Attorno “i
torrenti sfrigolano sulle pietre, come fornelli a petrolio, di notte splende
una pazza luna”, tra “le ombre degli archi scoscesi di ponti distrutti mille
anni fa”.
Gli
ultimi assiri si vedono a Persepoli: tributari, soldati, funzionari ascendono i
bassorilievi dello scalone che la follia di Alessandro non riuscì a
distruggere. Altri, dispersi tra l’Europa e le Americhe, si riconoscono, simili
ai copti che si negano, dai nomi, i suoni, le fisionomie, e grazie ai possenti
archivi Usa dello stato civile. Si danno nomi diversi, siriaci, aramaici,
caldei, othoraici, e sono di religione ortodossa, nestoriani – questo il loro
nome nell’impero ottomano - o giacobiti. Oppure cattolica: caldei, melchiti,
maroniti. Possono essere pure protestanti, si sono aggiornati. E si organizzano
in tre chiese, Madinha, Siriana e Caldea, oltre alle piccole chiese riformate.
Ma non sono padroni neppure dove sono più numerosi, attorno a Ninive.
Per
ultimo i turchi li cacciarono dal ventilato altopiano. Verso le paludi
malariche dell’Eufrate, dove furono di nuovo massacrati nel 1933, dal capo
iracheno Bakr Sedqi, e verso le sabbie roventi della Siria e della penisola
arabica. Nell’Alta Mesopotamia se ne contavano, alla vigilia del 1914, oltre un
milione. Uno dei pochi sopravvissuti nella Bassa Mesopotamia aveva il volto
buono di Saddam, che lo mandava nelle capitali a parlare, il ministro degli
Esteri Tareq Aziz.
Mario Liverani, Assiria, Laterza, pp. XVIII-384, ril.,
ill. € 22
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