venerdì 24 novembre 2017

Ombre - 392

Di Maio scrive a Macron, Renzi gli chiede udienza, Parigi val bene un messa? Di uno che non fa che combattere l’Italia in ogni piega, Tim, Mediaset, i cantieri, e soprattutto in Libia. Bisognerebbe licenziarli solo per questo.
Di Maio addirittura scrive a Macron per giustificarsi: non siamo cattivi, siamo buoni.

Enzo Carra, che coi ferri ai polsi fu esibito a Milano quale immagine della corruzione della Repubblica, vuole il voto cattolico schierato con chi lo fece arrestare e esibire, gli ex Pci. Ai ferri stile Cayenna della foto immagine mancavano le catene alle caviglie, è vero.
E poi Carra è stato assolto, si capisce che si agiti.

Scalfari: “Berlusconi? Tra lui e Di Maio voterei lui”. Diluvio: rete scatenata, “la Repubbica” nei guai, precisazioni e marce indietro. Non si può dire la verità, che una Roma è già grillina, con una Di Maio al femminile, con effetti nefasti.


Interlocutore di Scalfari nella contestazione diventa Travaglio. E questo è anche peggio: non è più una querelle politica, ma un segno dei tempi. Del giornalismo del Millennio.

Uno studente russo viene invitato a parlare al Bundestag, per dire che i soldati tedeschi a Stalingrado erano “innocenti che non volevano combattere”. Il revisionismo non si dichiara ma è ben astuto: 1) i soldati tedeschi erano povere vittime di Hitler, 2) in realtà i tedeschi non furono sconfitti a Stalingrado.

“la Repubblica” si promuove, lanciando il restyling grafico, con Trump, “L’inizio o la fine?”, e Berlusconi, “Passato o futuro?”. I due nemici. Come un giornale del risentimento, vecchio, costante, stantio. Anche il marketing è nuovo? O è l’eutanasia che il giornale propugna?

Dimesso dai 5 Stelle a Roma il dg Ama nomInato dai 5 Stelle. Stefano Bina aveva avuto troppe pressioni per far fuori i dirigenti “poco fedeli” al movimento, e se ne era lamentato. Dov’è la novità? Che la Dc non lo avrebbe licenziato.

Crollano ogni anno, ogni mese, le vendita e la pubblicità sui giornali. Che non oppongono altro rimedio, dopo la femminilizzazione e la settimanalizzazione, che inseguire la rete. È sempre meglio che lavorare?

Non è preoccupata la Germania per l’impasse di Angela Merkel, sa che dopo di lei ci sarà qualcun altro a fare il governo. Nemmeno altrove se ne fa molto caso, solo in Italia: la possibilità che il dominio della cancelliera sia finito riempie molte pagine, drammatiche. Sarà il mammismo?

Il Pd non è scomparso a Ostia, e anzi è all’attacco. di Ostia subito all’attacco. Domenica ha eletto sindachina la 5 Stelle Giuliana Di Pillo, insegnante di sostegno. Martedì passa all’attacco: “Piano M5S aria ritta. Una mistificazione”. Domani è un altro giorno, certo, ma la coscienza? I Dem ci tengono, a essere puliti.

Dopo Ostia si può dire destra e sinistra “unite nella lotta”: corrono alla rovina. Sono infatti loro a far trionfare i grillini quando al ballottaggio concorrono con uno di sinistra oppure di destra. Dopo cinque anni, dopo Torino e Roma, se li ritroveranno ‘n coppa alle politiche? Sarà l’esito della loro pochezza – che allora è enorme.

Non c’è dubbio che l’arbitro Rocchi del derby romano fischia in favore della Roma: ammonizioni, rimproveri, rigori, tutti gli errori-non-errori sempre da una parte. Lavora per le scommesse? Lavora contro Lotito, il presidente della Lazio, che ora è contro Tavecchio, il presidente della Federazione Calcio che lui stesso aveva scelto?

Il giorno dopo Rocchi sarà giudicato dai cronisti sportivi il miglior arbitro della giornata, e forse della stagione. La sconfitta della Lazio ha pagato bene?  

La sindaca di Torino Appendino candida la città per l’Olimpiade invernale 2026. Che non potrà avere – che sa di non poter avere. Dopo che la sua compagna di partito Raggi ha affossato l’Olimpiade certa a Roma. La stupidità esiste, ma degli elettori.
Torino non può avere l’Olimpiade invernale perché l’ha avuta nel 2006. E perché la prossima sarà decisa a Milano, Italia, e l’Italia non può porre candidature.

Dopo il voto in Sicilia, “The New York Times” ospita un’opinione di Severgnini, come uno che sa scrivere in inglese, sui 5 Stelle. Di cui dice le verità che sappiamo, che è accreditato di un terzo del voto nazionale, anche se non si sa per che cosa verrà votato. “Ha una facciata di destra, su fondamenta di sinistra, e un tetto anarchico”, sintetizza Sevegnini. Ma poi dice male di Di Maio. Cioè dice quello Di Maio che è. Diluvio. I grillini non hanno ancora il governo ma sono già al culto della pesonalità. 

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