L’unico studio
dell’imprevedibile vittoria di Trump, dapprima alle primarie repubblicane, e
poi alle presidenziali. Non propriamente uno studio: una ventina di analisti e
giornalisti politici dicono la loro. Ma coordinati dal Center for Politics
dell’università della Virginia, diretto da Larry Sabato, che vi insegna Scienza
della politica.
Anche da questo primo tentativo
di riflessione ciò che viene fuori è che Trump ha vinto perché Hillary Clinton
ha perso. Sicura vincitrice, si è adagiata in camapgana elettorale suoi suoi
elettori, in California e a New York, trascurando il corpo del paese. È stato
un errore anche trascurare le leggi elettorali. Sabato è drastico su questo: il
presidente Usa è eletto sulla base dei “voti presidenziali”, non da ora, e la
regola è uguale per tutti i candidati.
Ma qualcosa di più comincia a
emergere da questa prima riflessione. Trump, si dice, ha coagulato varie fasce
di scontenti. Bene, ma sono neri, oltre che bianchi. E sono poveri, altra
novità, oltre che borghesi. Peso decisivo nello spostamento elettorale viene
dato alla Rust Belt, gli stati della
“fascia della ruggine”: Pennsylvania, Ohio, Indiana, Michigan, Wisconsin. E
all’Obamacare, la riforma sanitaria di Obama, tanto generosa nei presupposti
quanto arruffata.
La sanità si conferma uno dei
punti sensibili della politica Usa. Nel Maine un referendum popolare ha votato
domenica per un’estensione di Medicare, una delle tre forme di assistenza
medica pubblica, che vuole gli stati impegnati finanziariamente insieme col
governo federale – il governatore repubblicano del Maine ne proponeva una
riduzione. L’Affordable Care Act (Aca), il cuore dell’Obamacare, ha allargato i
sussidi ma al costo di moltiplicare le polizze per chi era assicurato e quindi
non aveva diritto si sussidi. Una distorsione che ha pesato molto in campagna elettorale,
secondo più di uno dei partecipanti a questa collettanea. Non percepita – fra
le tante altre cose - dalla campagna di Hillary Clinton. Ma ben presente –
viene citato un comizio di Bill Clinton a Flint, nel Michigan, che un mese
prima del voto, il 6 ottobre 2016, centrava la questione, chiamando l’Obamacare
“la cosa più pazza del mondo”: “Avete ricevuto un sistema pazzo in cui di colpo
25 milioni di persone ottengono un’assicurazione sanitaria gratuita e gli
altri, che lavorano sessanta ore la settimana, si vedono raddoppiare il premio
assicurativo e dimezzare le prestazioni”.
Larry Sabato-Kyle
Kondik-Geoffrey Skelley, a cura di, Trumped:
The 2016 Election That Broke All
the Rules, Rowman &
Littlefield, pp.257 € 23
Nessun commento:
Posta un commento