Una
coppia di quarantenni senza giudizio, come tante, e un figlio adolescente che
scompare disperato. La tragedia del figlio scomparso non cambia la coppia scoppiata:
è una generazione perduta, che ha tutto ma è incapace di sentimenti, e anche d’intelligenza.
Il
fim si snoda con le ricerche del ragazzo, che si fanno meticolose, da parte della
polizia e dei volontari. Ma senza effetto: la storia si scandisce senza suspense, sulla sociopsicologia. Per mostrare
altri vuoti della società d’oggi – siamo in Russia, ma non è un film sulla Russia:
la simbiosi col telefonino, l’amore confuso col sesso, le madri sciocche, siamo
quindi alla seconda o terza generazione d’incapacità, e più in generale una
femminilità inetta, dopo il femminismo.
Un
onesto docufilm. Il mistero è semmai del successo di critica: premio della giuria
e quasi Palma d’oro a Cannes, raccondatissimo ora alla proiezione nelle sale. Ma
forse la spiegazione c’è: il film, scritto e diretto da Zvjagincev, è prodotto
soprattutto dalle reti tv francesi Arte e Canal +. E si premiano a Cannes i
film di Arte e Canal +, come a Venezia quelli di Rai e Sky, le potenze
televisive. Zvjagincev, Leone d’oro a Venezia nel 2003 per un film, “Il
ritorno”, che nessuno ha poi visto, è stato subito dopo adescato da Cannes, che
a ogni film, ogni quattro anni, lo premia.
Il
fim, in questa chiave, è allora una parafrasi del Millennio, del mondo fatto dalla
televisione. Amara, benché scontata, sottilmente satirica. Le potenze televisive sono anche le
potenze del cinema, come del calcio e del costume in genere – linguaggi,
problematiche, assetti mentali. Di un mondo che hanno ridotto a niente, se non
alle risse verbali, e alle scopate. Qui, per la verità, non simulate - non
apparentemente.
Andrej
Zvjagincev, Loveless
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