È il primo “Discorso alla città” del nuovo arcivescovo
di Milano, monsignor Mario Delpini. Per le festa di sant’Ambrogio il 7 dicembre,
il giorno dell’orgoglio milanese, con la Scala e tutto.
Delpini, scrittore amabile di
aneddotica parrocchiale, si tiene basso, come il papa argentino che lo ha voluto
a capo della chiesa ambrosiana – non l’uomo di dottrina e autorevolezza ma il
pastore di anime. “Voglio fare l’elogio dei sindaci”, dice. “Voglio fare l’elogio
delle forze dell’ordine”. “Voglio fare l’elogio degli insegnanti e dei
dirigenti scolastici e del personale della scuola”. “Voglio
fare l’elogio degli operatori nei presìdi sanitari e nei servizi sociosanitari
domiciliari (come l’assistenza domestica, l’assistenza domiciliare integrata e
le cure palliative a casa), dei vigili del fuoco, della protezione civile,
delle istituzioni presenti nei diversi territori....”. E in generale fa “l’elogio
delle istituzioni contro il rancore”: “gli assistenti sociali, i custodi
sociali e sociosanitari, i giudici di pace, i soldati dell’operazione strade
sicure, gli operatori che presidiano le vie e gli angoli della città,
assistendo i clochards del giorno e della notte…”. Nonché le onlus, “le tante
associazioni e strutture cooperative che creano una rete di attenzione e
solidarietà spesso poco notata ma essenziale nel creare coesione e nel dare
spessore alla trama dei legami....”.
Sociologia spicciola, debole, dell’ovvio. Per “un’arte del buon vicinato” si direbbe programma minimo. Ambizioso,
collegandosi alla figura di Ambrogio, e molto elogiato. Ma più per l’approccio
pubblico che il neo arcivescovo ha voluto imprimere alla sua omelia. Ambrogio
è lontano, un’altra chiesa. “Se date il saluto
soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?” ne è la sintesi
in copertina. Debole sintatticamente e fattualmente. Di una chiesa non più maestra,
se non del vivere civile, come ogni buona associazione. Che peraltro confina nell’accoglienza
ai migranti, un fatto mediatico. Una chiesa reggimoccolo, raccattapalle. La
proposta si richiama alla chiesa come comunità dei fedeli, ma quanto lontana da
un vero spirito comunitario: remissiva, residuale.
Mario Delpini, Per un’arte del buon vicinato, Centro Ambrosiano, pp. 32 € 2
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