Napolitano, che firma la prefazioe, sa chi
è Thomas Mann. E lo dice, anche se nello stile
“politico” – involuto. Lavinia
Mazzucchetti, che settant’anni fa ebbe l’idea della compilazione, che ora si riproduce, ebbe anche l’idea felice
di partire dal discorso “Della Repubblica tedesca”, 1922, per i sessantanni di Gerhard Hanptmann.
Erano passati cinque anni dalle “Considerazioni di un impolitico”, prolissa e virulenta requisitoria
bellica contro le democrazie, specie contro quelle “latine”, la Francia e l’Italia. Non contro
le potenze nemiche, contro le democrazie, latine. Ma Thomas Mann, “quasi cinquantenne e da tempo
celebrato maggiore scrittore Tedesco”, non fa autocritica. Solo sposta l’obiettivo: c’è
stata la sconfitta di fine 1918, la “coltellata alla schiena”, della politica su “ciò che considerava più
intimo e profondo in Germania: la musica, la poesia, la filosofia, la cultura tedesca in quanto tale che lo Stato autoritario
era chiamato a «proteggere dalla politica»”. E a chi in sala gli contestò le
“Considerazioni” del 1917, pubblicate nel 1918, rispose: “Non ritratto nulla di essenziale… Ho
bisogno di verità nuove, quale nuovo stimolo di vita”. Ma, osanna, di Mazzucchetti e non solo, accettava
la repubblica di Weimar, benché democratica, si
degnava. Un europeismo, e un’autorità morale,
particolari.
È un volume corposo, di cui resta poco. Si segnala “Un appello alla ragione”, 1930, l’anno
dopo il Nobel, quindi di grande autorità in Germania, e alla vigilia della presentazione dell’amibiziosa
trilogia di “Giuseppe e I suoi fratelli”, sulla crisi politica della Germania, per la fenomenale ascesa
dello hitlerismo. E poi, nel 1935, “Attenzione, Europa! Da esule volontario. Dove non è più di Germania
che si parla.
Con numerosi interventi brevi di critica
del nazismo. Dalla Svizzera prima, dov’era scampato
accolto da H.Hesse - a cui non sarà
riconoscente. E poi da Beverly Hills, dov’era emigrate con la
famiglia, negli agi. Qui tenne anche una conferenza
incoraggiante, 1938: “Certa la vittoria della democrazia”.
Chiude la raccolta la conferenza “La Germania
e iI Tedeschi”, che dava il titolo originariamente al volume. Una conferenza tenuta a Washington, su invito della Library of Congress, il 6 giugno 1945, per i
suoi settant’anni, e poi replicata altrove negli Usa. Con una coda molto caratteriale – sfuggita al
controllo?: la lettera aperta “Perché non torno in Germania”. Anzi con due code: alla lettera
aperta segue un’allocuzione radio, alla Bbc, di giustificazione, a Natale del 1945, qualche
settimana dopo la lettera e le polemiche. Entrambe personalizzate – (ri)vendicative, astiose:
Th. Mann contro la nazione tedesca, ahi quanti torti mi hanno fatto. Mai lo sguardo sollevato
lontano da sé.
C’è poco da celebrare Thomas Mann politico,
il “cosmopolita germanico”. Che non disse mai “ho
sbagliato”, anche se di sbagli ne fece di
gravi, se confrontati con l’immagine che se ne vuole
accreditare. Di democratico, che non fu -
nemeno in famiglia. Di europeista, che fu solo in
subordine al suo ideale, prettamente
germanico. A suo modo – un po’ – perfino antisemita.
Thomas Mann, Moniti all’Europa, Oscar, pp. XXIII-350 € 15
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