All’improvviso,
chiusi i conflitti in Iraq e in Siria, si scopre che il Medio Oriente è ora in
mano alle tribù. Come un secolo fa, al tempo di Lawrence d’Arabia. Come in
Libia, già da tempo. Un modulo, se non un modello, di instabilità
ingovernabile. Che si tenta di imporre anche al Libano. E all’opera in Arabia Sadita,
al coperto della cosiddetta modernizzazione che il regnante attuale e suo
figlio tenterebbero.
Dai
governi militarizzati alle tribù, passando per le illusorie primavere arabe. È
questo il segno ormai definitivo della stagione politica che si conclude col
raffreddamento delle guerre civili in Medio Oriente e Nord Africa. In ampie
aree del mondo arabbo, anche nevralgiche per gli assetti mondiali, i governi
costituiti con tanta difficoltà attorno ai regimi militari sono stati dissolti
e le tribù sono di nuovo al proscenio. In lotta intestina perpetua, come è nel
loro dna.
La
dissoluzione è stata opera degli Stati Uniti – opera bi-partisan, delle presidenze Bush jr. e Obama. Gli stessi che negli
anni 1960 avevano imposto con successo il bonapartismo, portando a una
stabilizzazione dei regimi, benché autocratici.
Non
è chiaro il presupposto del rivolgimento – “introdurre la democrazia” si è presto
rivelato un bluff. A meno che non sia la vecchia “tenaglia” kissingeriana
contro la temuta Fortezza Europa, anche se questa non si è poi realizzata: dei
fronti in fibrillazione costante dal mare di Barents alle colonne d’Ercole.
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