Bach – È “arabogotico” per Savinio, “Scatola sonora”.
Savinio trova influenze arabe in musica e in pittura – oltre che, probabilmente,
in architettura, poesia e filosofia. A proposito di Bach: “La musica di Bach
rappresenta il concetto arabogotico del mondo. C’è nel gotico molto più
arabismo di quanto sia stato dichiarato. C’è in Bach del’arabismo….In particolar
modo nel largo del «Primo concerto brandeburghese », nel «Preludio VIII» del «
Clavicembalo ben temperato»… Prima di entrare nella sala di Santa Cecilia in
occasione di un prossimo concerto di Bach sarà bene forse togliersi le scarpe
come gli Arabi che entrano nella moschea”.
Si potrebbe fare la pace nel nome di
Bach? Se non del monoteismo, percorso invece divisivo.
Dante – Ebbe un lungo periodo di
eclisse, da metà Cinquecento, all’Ottocento – dopo il primo, immediato successo
nel Tre-Quattrocento, in Italia e in Europa. Nel Settecento si irrideva anzi a
Dante, considerato un barbaro, e anche noioso. Si trascura che fu anche all’Indice,
col Concilio di Trento e prima, per il “De Monarchia”, trattato imperiale e
filotedesco. Nel 1525 il cardinale Pietro Bembo, in gioventù l’amante di Lucrezia
Borgia a Ferrara, lo escluse a Padova dalle sue “Prose della volgar lingua”,
opera che era venuto scrivendo per vent’anni e che sarà a lungo il canone dell’italiano.
Gomorra – Piovono critiche alla terza
serie di “Gomorra”, da parte dei Procuratori Capo di Catanzaro, Gratteri, di
Reggio Calabria, Cafiero de Raho, ora destinato alla Diezione Nazionale Antimafia,
e di uno dei tre Procuratori Dda di Napoli, Borrelli. Ai quali Saviano ha buon
gioco a rispondere su “la Repubblica” – che ne rafforza la risposta con alcuni
tweet. “La narrazione interpreta la
grammatica del potere e ne illumina le dinamiche, e questo significa cominciare
a conoscere la strada deal soluzione”, così Dario Del Porto e Alessandra Vitali
ne sintetizzano il pensiero.
Se non che i tre Procuratori dicono di
non aver visto “Gomorra 3” – Cafiero de Raho di non averne mai visto un
episodio. “Gomorra 3” non marcia bene negli ascolti, è di un rilancio che
necessitava?
Sul “Corriere della sera”, invece, Giovanni
Belardelli prende la questione “Gomorra” da un punto di vista sociopolitico. La
“realtà virtuale” del mondo chiuso della serie, grigio, violento, disturba lo storico.
Che pone il problema: “La rappresentazione di un universo a senso unico
costituisce una denuncia””. E ancora: “Motivi di preoccupazione. Colpisce che
all’estero c’è chi crede che questo sia uno specchio veritiero dell’Italia”.
Questo è il vecchio quesito che si pose
trent’anni fa con “La piovra”, altro successo televisivo, a proposito della
Sicilia: è questa l’immagine dell’isola, dell’Italia? Mentre è ovvio per tutti
quello che allora si concluse: che sono “rappresentazioni”, spettacoli. Un
“paese normale” come si suole dire, li produce se li sa produrre e vendere. A
nessuno viene in mente di pensare l’Inghilterra o gli Usa, patria dei vecchi
gialli, come paesi di assassini. In Italia – ma dentro l’Italia, non fuori – il
problema è diverso perché si fanno degli assassini degli eroi. Condannandoli,
certo, a parole, ma rappresentandoli cattivi-ma-belli, feroci-ma-generosi, spietati-ma-abili,
cosa che in nessun posto di Napoli si è mai visto.
Sul primo punto Belardeli argomenta diffusamente:
è “legittimo qualche dubbio sul fatto che rappresentare crudamente e senza un
qualche distacco critico”, un controcanto, una controscena, “la realtà possa
mai costituire un atto di denuncia. In che senso potrebbe essere considerata
una denuncia della pedofilia una serie tv che raccontasse, ma dal’interno e
senza alcun personaggio positivo, le vicende di un gruppo di «turisti sessuali»
in Thailandia?”.
Però, anche qui, non è questa la chiave
– commerciale, volgare – di queste produzioni. È legare certe attività a un
posto preciso, Napoli ora come un tempo la Sicilia. Il più grosso mercato della
droga è a Milano, non a Napoli, e non a opera della camorra. È maramaldeggiare,
tirare a pallettoni contro l’uomo, o il luogo, morto.
Ma allora, anche qui: ricavare un
credito e un utile - per Sky, Saviano, gli interpreti - da una cosa morta non è
un miracolo? È un grosso fatto imprenditoriale. Napoli è quello che questo sito
sostiene da tempo - p.es. http://www.antiit.com/2013/01/a-sud-del-sud-il-sud-visto-da-sotto-157.html
la maggiore realtà imprenditoriale
italiana, nell’economia grigia o illegale dovendo profondere ingegno e energie di
grande qualità e quantità.
Nietzsche – Il “baffuto filosofo dagli
occhi ingrottati” di Savinio era Monteverdi, in musica. Monteverdi aveva
scritto la musica che Nietzsche avrebbe voluto scrivere, sempre secondo
Savinio, “Scatola sonora”..
Rossini – Era “il Voltaire della
musica” per Stendhal. Per lo spirito, il brio, lo scoppiettio delle idee.
Anche Schopenhauer, che praticava la
musica col flauto, lo ebbe musicista
preferito. A un emissario di Wagner, che nel 1854 cercò un approccio facendogli
recapitare una copia dell’ “Anello del
Nibelungo” scrisse: Trasmettete i miei ringraziamenti al vostro amico , e
ditegli da parte mia di abbandonare la musica e dedicarsi alla poesia, per la
quale dimostra maggiore ingegno. Io, Schopenhauer, rimango fedele a Rossini e a
Mozart”. Cioè al Settecento? Non solo: “Ammiro e amo Mozart”, scrisse ad altro
corrispondente, “e vado a tutti concerti
nei quali si suonano le sinfonie di Beethoven; ma quando si è abituati a
sentire Rossini, qualunque altra musica sembra pesante”. Collezionava le opere
di Rossini ridotte per flauto, e ogni giorno vi si esercitava per un’ora prima
di pranzo, da mezzogiorno all’una.
Tragedia – Svanisce nel Settecento,
secolo che produsse moltissime tragedie. Il suo “Don Giovanni”, dove si
assassina e ci si danna, Da Ponte chiamò “dramma giocoso”.
Il Settecento scrisse molte tragedie, il
solo Voltare alcune dozzine, ma col ghigno. Senza crederci, e anzi credendo il
contrario, che non c’è tragedia. letterautore@antiit.eu
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