Si
riedita la raccolta di prose poetiche del 1996 – “Sillabario” è il sottotitolo
originario: prose d’occasione, riflessioni, rappresentazioni, dediche (molta
parte vi ha Chiara Gagliardo, che cura il volume insieme con Guido Spaini), memorie
del manicomio, amori ancora, giovanili, e senili. Presenze:
Pierri chirurgo che ha orrore del sangue, Manganelli, Quasimodo, A melia Rosselli, il fratello quando
muore, Maria Corti, mezza paginetta ineguagliabile. Pettegolezzi: Manganelli again, roba del genere “uscivo fresca
fresca dal letto di Quasimodo e Montale prese serenamente a odiarmi”, Maria
Luisa Spaziani, “una maestra per me, ma anche una ardita compagna” (di Montale). Arricchita
da illustrazioni ariose dell’architetto Carlo Stanga.
Memorie occasionali, “da un sottosuolo di
giovinezza”, e umori, rapidi e incisivi. Scritte, più spesso dettate, non riscritte - polite, tornite. In forma di dizionario, da “Adulterio” a “Vomito”. In prosa
scorrevole, forse dei curatori, ma di concetti arguti, ficcanti, secchi, puro
Alda Merini. Folgoranti:
“La poesia è un grande mangiatrice erotica, è una grande carnivora”, “Narciso per troppo abbandono si innamorò di se stesso”, “Tutti credono
che l’immaginazione sia un atto libero. Ma non è così, sempre si torna alla
grande fame della terra”, “I libri sono tanti figli che vanno per la loro strada e che sposano tante altre persone”. Degli ultimi trenta dei suoi quasi ottant’anni straordinariamente
produttivi, chiusa la dipendenza psichiatrica: numinosamente ispirati.
La riedizione ha ancora la vecchia nota
biografica che dice infelice i quattro anni di Alda Merini a Taranto, sposa di Michele
Pierri, e le fa sperimentare “gli orrori dell’ospedale psichiatrico di Taranto”,
che invece non esiste. Il revival di Alda Merini, già ragazza prodigio dai
sedici ai venti anni, poi perduta tra il manicomio milanese e i quattro parti, con
un marito panettiere, fu opera tra il 1978 e il 1985 della sponda tarantina di quello che sarà il “fenomeno Merini”: da Giacinto Sagnoletti, suo primo editore a sedici anni, e animatore
del revival, a Pierri, poeta e primario chirurgo, che Alda volle a tutti i
costi sposare da vedova, con una corte serratissima, al pittore De Mitri, alla
salentina d’adozione Maria Corti.
Alda Merini, La vita facile, Bompiani, pp. 236, ril., ill. € 12
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