“A
New York io, mia figlia e suo padre
siamo stati stalkerati da un paparazzo che ci ha fotografato e seguito per 6
ore”: Scarlett Johansson spopola sui social con questa storia. Il ridicolo
della tragedia. Stalkerati da un paparazzo è già troppo. Ma quel “suo padre” introdotto
nella famigliola perseguitata nella gita a New York è sublime, nel senso della
stupidità.
Senza
colpa dell’attrice. Scarlett Johansson è simpatica performer. Ma è nel cinema da quando aveva sette anni – o tre,
pare. Ed è cresciuta come sexy simbol.
Cioè: da che pulpito?
Ma
non è di lei che si parla, è di “suo padre”, il padre della sua propria figlia.
Che forse l’ha fatta come Giove e poi Scarlett l’ha adottata? No, l’hanno fatta
insieme, con una tecnica non casuale e anzi piuttosto complicata.
Il
galateo politicamente corretto, cioè di genere, è perfidamente cattivo. Distruttivo:
una sorta di auto presa in giro. Autocastrante, in cambio di una presunta
libertà. Presunta perché, nel mentre che si è vincolati a un rapporto umano,
seppure scelto liberamente, si pretende di non esserlo. Presunta anche perché
egoista, cieca. Come dimezzarsi gli affetti, la possibilità di averne.
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