Un sacco di belle pitture, Picasso era
anche ottimo pittore. Senza l’occhietto furbo che gli conosociamo: nella
primavera del 1917 era ancora un giovane spagnolo, benché vicino ai quaranta, dallo
sguardo introspettivo. E una enorme documentazione, di foto, lettere e
cartoline, schizzi, disegni, locandine, programmi, attorno a una prima mondiale
che l’impresario dei Ballets Russes Djaghilev organizzò a Roma, con una vasta e
capillare promozione - la sua specialità – dello spettacolo.
Nella primavera del 1917 Picasso è a Roma
con Cocteau, a curare le scene e i costumi del balletto “Parade” dello stesso Cocteau, per il lancio del quale Djaghilev
ha scelto la capitale italiana, musica di Erik Satie, coreografie del bellissimo
e brillantissimo Massine, prime ballerine Ol’ga Cochchlova e Lydia Lopochova,
che saranno mogli celebri, la prima di Picasso, la seconda di Lord Keynes. Una
tale concentrazione di glamour, in
piena guerra, anche se il peggio doveva venire, resuscita un’altra Roma.
L’effetto del breve soggiorno fu
importante e durevole per Picasso. Che ebbe forte impressione della monumentalità
classica, a Roma e a Napoli, dove viaggiò con Cocteau, al museo Archeologico. E
a Napoli anche degli spettacoli di strada, di Pulcinella e dei personaggi del
commeedia dell’arte, Arlecchino sopra a tutti. Ci lavorò spesso su, nei sei-sette
anni successivi, con disegni, abbozzi e ottimi quadri, di vere pitture – per Pulcinella
anche con Strawinsky. Mediando un aspetto poco noto della sua personalità, un
classicismo di ritorno. Non nei soggetti ma sì nella impostazione e nei colori.
È la “novità”, almeno per il pubblico, di
questa mostra. “Picasso. Il viaggio in Italia, 1917-1924” era stato documentato
a Venezia già vent’anni fa, con una mostra a Palazzo Grassi, di recente
proprietà francese, curata da Jean Clair.
Picasso. Tra cubismo e Classicismo: 1915-1925, Roma, Scuderie del Quirinale
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