Molto
Branagh – molto “effettone”, a partire dal Branach-Poirot. Ma riesce a far
rivivere la storiaccia forse più nota di tutto il cinema, dopo la serie tv dei
Poirot, il film di Sidney Lumet nel 1974
(onorato alla prima dalla scrittrice alla sua ultima uscita, e dalla regina Elisabetta)
con Albert Finney - è su quest’ultimo che Branagh si misura, suo successore
quale “miglior uomo di scena” britannico. Grazie anche
a un nugolo di caratterizzazioni affidate a nomi forti, Michelle Pfeiffer, Penelope Cruz, etc..
Il tema è quello degli anni 1930 dopo il
caso Lindbergh: il rapimento dei bambini a scopo di riscatto. La vendetta.
Dalle sovraesposte caratterizzazioni di
Branagh emerge la ragione forse del successo dei Christie-Poirot: il gioco o
intercambio delle identità. In A.Christie, dopo Pirandello, ognuno è o può
essere un altro. E le ragioni cattive possono essere buone, e viceversa: una sorta
di anticipo della post-verità.
Il racconto, scritto in albergo a Istanbul
nel Pera Palace nel 1930 e pubblicato nel 1933, fu ideato nel viaggio in
Oriente, fino a Baghdad, che A. Christie fece nel 1929 per dimenticare il
marito – tre anni prima se ne era scoperta tradita con la segretaria. Un viaggio
nel quale incontrò l’archeologo Mallowan,
molto più giovane, col quale si consolerà risposandosi l’anno dopo.
Kenneth Branagh, Assassinio sull’Orient-Express
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