Si celebra per gli uomini
eccezionali cui si è accomagnata, Nietzsche, Rilke, Freud. Se ne legge la biografia
come di una allumeuse, quali andavano
ai suoi anni tra le donne di mondo, ricche o intellettuali, comunque belle, in
mostra nelle capitali del momento, Roma, Parigi, Berlino, e perfino di bella horizontale, facile a letto. Ma questa
di Peters, mezzo secolo fa, ne restituiva la figura a parte intera – poi consolidata
con la traduzione delle sue opere, nessuna banale: il personaggio fa aggio sull’opera,
che invece non demerita. Di donna anzi non facile, innamorata solo del giovane
Rilke, la metà dei suoi anni, poco meno, che poi lasciò perché potesse
“crescere”, acquisire esperienze, esprimesi liberamente.
Un libro denso, di una vita
piena. Non “liberata”, non se ne poneva la questione, ma libera. Fino al matrimonio “in bianco” col barbuto professor Andreas.
La giovane russa fu a ogni momento arbitra della propria vita. Scelse di vivere
castamente con Paul Rée, “fratello e sorella”, a preferenza del focoso Nietzsche,
senza alcun calcolo di convenienze, per
seguire l’impulso a un rapporto di amicizia. Così come con altri, tra essi
Rilke, visse e viaggiò in intimità. Da Rée al marito un pattern si può stabilire, non lusinghiero: di un ancoraggio
maschile solido per una serie capricciosa di relazioni passionali. Ma non diminutivo.
Al centro logistico del libro
una non peregrina lettura di Nietzsche nell’opera centrale “Così parlò
Zaratustra”: il superuomo è una rivalsa,
dell’amore rifiutato, della sconfitta con Lou. Non un pettegolezzo, come può
sembrare. Nietzsche si appropria di Zaratustra, che non è quello storico, lo
svuota, lo fa il se stesso infelice, che in pochi giorni del febbraio, 1883,
dopo aver deciso con l’opera precedente, “La gaia scienza”, di prendersi un
riposo per riesaminare la sua filosofia, scrive “un libro per tutti e per
nessuno”. Linguaggio grandioso, allusioni bibliche a iosa, e una professione di
superiorità in acuto contrasto col suo personale strato di prostrazione. Per una
vindicatio che subito Nietzsche
proclama il suo capolavoro. Il rifiuto di Lou era stato grave perché Nietzsche,
notava Peter Gast (e Nietzsche stesso scriveva alla madre e alla sorella), “vedeva
in lei qualcuno del tutto straordinario; l’intelligenza di Lou, così come la
sua femminilità, lo portavano al colmo dell’estasi”.
H.F.Peters, Mia sorella, mia sposa. La vita di Lou
Andreas-Salomé
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