martedì 5 dicembre 2017

Secondi pensieri - 328

zeulig

Autenticità - L’autenticità continua a piacere, benché abbia indispettito Adorno, un buon articolo si potrebbe farne al mercato, checché essa sia. Non solo nell’arte, ma ogni giorno, con i cibi, per esempio, l’abbigliamento, “questa maglietta è autentica”, le vacanze. Si potrebbero rivendere le catapecchie in campagna, che sono certamente autentiche in un habitat autentico.

Essere - Io non sono, nessun dubbio. Sartre non è - non è simpatico. Ma Heidegger è? E il popolo tedesco? C’è qualche soggetto da qualche parte, con tanto filosofare? Sarà Dio?
Heidegger non ha letto D’Annunzio, e si vede. Celebra eccitato l’opposizione tra il mondo, “inautentico”, della quotidianità, “in cui ognuno è l’altro, e nessuno è se stesso”, e la “autenticità suprema” della libertà-per-la-morte.

Filosofia – Sarà finita col giardino? Che, Cicerone giustamente osservava, “induce a pensare”. Cicerone era un nuovo ricco, ma la filosofia d’appartamento è altra cosa: debole, minima, apologetica, retorica che sia, aggrava la st-tichezza, per carenza d’ossigenazione. Mentre quella di piazza, è noto, traligna. E una filosofia al governo dirazza: furono discepoli di Socrate, e pure belli, Alcibiade e Crizia, gli ateniesi che imposero i Quattrocento.

Già la filosofia aveva la tendenza a concludere che la vita è ciò che non dovrebbe esistere. Da tempo immemorabile, fin da Salomone: la filosofia è una vecchia sdentata. Che, per fare qualcosa, ha inventato il diavolo. Husserl ci aveva messo una pietra sopra, se il problema era: “Come posso diventare un filosofo onesto?” Del resto, conosciamo tre quarti della filosofia attraverso Platone. Della filosofia greca, egiziana, e degli altri mondi. E di Platone possediamo solo le opere di divulgazione. Platone, giovane allievo di Socrate, era nipote di Crizia. Socrate e Platone sostennero gli oligarchi. Finché non ne furono fatti fuori.

Germania – Si può dire la Germania, di prima e di ora, Germania paradigma dell’Europa, Ersatz e campo di prova delle questioni aperte: la colpa, la diversità (multietnicità), il primato (“arianesimo”), la storia, la filosofia.
Il filone Ted-Ebr. è l’Europa (il cristianesimo) ebraica, combattente, invece dell’Europa (cristianesimo) greca, che conosce la Forza e la lascia in disparte – combattente cioè nel nome della Legge, della superiorità, perché anche i greci non erano male in fatto di guerricciole.
Heidegger e Freud non sono materialismo critico, o critica superiore (intelligente) della realtà, sono il desiderio di finirla. Che si autocompassiona.

Lavoro – Adam Smith ne fa un sacrificio. Fourier voleva farne una gioia e un divertimento. Rensi ne dice male per tutto un libro – ma esordendo con una rinuncia al pensiero: “Il problema del lavoro, come tutti queli che maggiormente interessano l’umanità, è, così dal punto di vista morale, come dal punto di vista economico-sociale, insolubile”. Il lavoro non ha buona opinione. Northrop Frye, “Anatomia della critica”, lo lega al desiderio – la cui proiezione è il sogno, e di cui ha fatto la specialità umana (“La civiltà non è semplicemente imitazione della natura, ma un processo di costruzione di una forma umana totale mediante elementi della natura, ed  sospinta da quella forza che abbiamo definito desiderio”): “La forma del desiderio è liberata e resa apparente dalla civiltà. La causa efficiente della civiltà è il lavoro”. Anche la poesia gli è subordinata: “La poesia, dal punto di vista sociale, ha lo scopo di esprimere, come ipotesi verbale, la visione della meta del lavoro e delle forme del desiderio”.

Morte – “L’uomo pre-greco sapeva di compiere con la morte un viaggio in un mondo da cui avrebbe potuto forse tornare. Vivere tra il nulla e il nulla è in realtà morire, e questo è l’atto supremo di co-noscenza” – Emanuele Severino. Il nichilista è miglior cristiano lo diceva Oscar Wilde, in altro senso. Coleotteri siamo, ancorché giganti, che vivono di escrementi. La famosa catena ecologica. Coleotteri pensanti, che la vanno a raccontare.

La morte ugualizzando tutti, il suicidio si prospetta quale marchio di differenza. Ma ha solo l’effetto di anticipare l’immota uguaglianza. La morte può fare di ognuno un eletto, nelle opere, nel ricordo. Mentre il suicidio cristallizza in sé, soverchiando ogni altra sfumatura - la voglia di eccezione: comune, giusta, il proprio dell’uomo d’eccellenza, dell’uomo.
Ciò è vero anche in senso metaforico: nessun suicida ha mai cambiato nulla, non l’equivalente del battito di ciglia a Manhattan, del volo di farfalla a Singapore, che pure sommuovono la fisica.

La morte di Dio fonda il cristianesimo.

Il ritmo dattilico, una lunga due brevi, come “ritmo della morte”, che si riscontra in molte composizioni di Schubert, nel Lied “La morte e la ragazza” e altrove, è anche quello del walzer.  

Si recita ai funerali la formula “Dagli abissi io ti invoco, o Signore”, che sempre è per ognuno rovesciata, è il morto in realtà il signore che s’invoca. C’è nella morte un aspetto buono: ognuno riprende la compostezza, non più sopraffatto dalle banalità della vita, nei suoi aspetti felici e beneaugurati, che può invocare. È questa l’essenza degli angeli, per i quali la vita non è che accidente, che nessun papa deve santificare.

La morte è giovane, anche se ha una lunga storia, eterna, viene sempre troppo presto. Il funerale è degli adulti.

I funerali sono dei vivi, si sa. Una cerimonializzazione della morte. Ma il rito è solitario.

Storia – Se non è scienza, è certo la coscienza dell’umanità, e compie la stessa funzione della ragione nella vita individuale (Schopenhauer).

“Prima condizione per avere storia vera (e quindi opera d’arte) è che sia possibile costruire una narrazione” (Croce)

“È cosa più facile fare la filosofia della storia che non la storia “ (Croce)

“La vera storia dovrebbe scriverla Dio” (Schiller, “Don Carlos”)

zeulig@antiit.eu

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