Classico – È illusione:
ricostruzione, invenzione. Ma secondo criteri di persistenza, di forme, colori,
tematiche. Mentre il nuovo, esaurita la
novità, deperisce – anche il nuovo propositivo invece che distruttivo. Ci sono
“cose” che persistono: idee, immagini – correlazioni, cioè linguaggi. E
linguaggi deperibili, presto perenti.
Credulità – “Il pensatore
per le idee, lo scienziato per i fatti”, riflette Conrad, il romanziere,
prefazione a “Il negro del Narciso”, “parlano con autorevolezza” al nostro
buonsenso, all’intelligenza, ai pregiudizi anche, alle paure e all’egoismo, “ma
sempre alla nostra credulità”. Non
l’artista: “Per l’artista è diverso”, prosegue. Con una mezza pagina intensa,
preceduta da un’avvertenza in forma di antitesi: “Il suo richiamo è meno forte,
più profondo, meno netto, più emozionante – e viene dimenticato prima. Eppure
il suo effetto è eterno”. L’artista si rivolge alla parte meno razionale e
saggia dell’uomo: “Parla alla nostra capacità di godere e meravigliarsi, al
senso del mistero che circonda le nostre vite; al nostro senso di pietà, di
bellezza e di dolore; al latente
sentimento di comunione con il creato….”. Ma non è questa la credulità, questa
“parte” (emisfero, lobo frontale, “cuore”) della nostra conoscenza? Con i
filosofi e gli scienziati si conosce e si discute a ragione.
Dio – È in effetti
il miracolo della creazione: creare Dio è un miracolo.
E
l’infinito. E l’eternità.
È
l’“anima del mondo” del romanziere-teologo Merežkovskij, del suo Giamblico in “Giuliano
l’Apostata”: “Quando tu dici «Egli non esiste», innalzi a Lui una lode non
minore che se dicessi : «Egli esiste»”.
Al
suo Giamblico, maestro occasionale di Giuliano adolescente, Merežkovskij fa
esporre una teogonia convincente, seppure teologicamente dubbia: il mondo è “una
rete gettata nel mare. Dio abbraccia l’universo
come l’acqua abbraccia la rete. La rete si muove, ma non può afferrare l’acqua,
così il mondo vorrebbe, ma non può afferrare Dio”. Una tensione non risolvibile
, e non abbandonabile: “La rete si muove, ma Dio è immobile, come l’acqua nella
quale è stata gettata la rete. Se il mondo non si muovesse, Dio non avrebbe creato
nulla”.
Immaginazione – È
elaborazione. Ripetizione quindi, memoria, oltre che invenzione, libero sfogo -
libero pascolo. E sempre comunque per moduli prestabiliti, espressivi e quindi
cognitivi.
Narciso – È emblema
della solitudine. Nello specchio che ripetizione.
Post-verità – Era già di
Poirot, dopo Pirandello. È una deriva delle identità, una e plurima.
È
la parola dell’anno 2016 per l’Oxford English Dictionary in un’accezione
precisa. Del gergo della comunicazione o dell’opinione pubblica. Per le quali
non conta la verità della cosa ma il complesso emotivo - personale, di gruppo,
di opinione prevalente. Di fatto, questa – la rinuncia al giudizio critico - è
una deriva del dissolvimento della personalità. Nella incertezza, nella
confusione nella debolezza. In un’opinione critica anche, elaborata, ma
relativistica.
È
l’evoluzione, si può dire senza ironia, del metodo socratico alla Poirot o alla
Christie, in cui tutti possono essere colpevoli, o innocenti – e il delitto
stesso spesso è confuso.
Suicidio – “Quando uno
non ne può più della vita vuole morire tra le braccia di Dio”. È un’ipotesi,
valida anche per la buona morte, che la poetessa Alda Merini formula in morte
di Amelia Rosselli, “la grande e divina Amelia, poetessa squisita” (“La vita
facile”, 74).
Tribù – È un modo di
essere storico, ma ineludibile. “Il
99 per cento del tempo della storia umana lo abbiamo vissuto in tribù. Solo in
tempo di guerra, o al tempo nostro, in cui c’è l’equivalente psicologico della
guerra, prevale la famiglia nucleare, perché è l’unità più mobile, in grado di
assicurare la sopravvivenza della specie. Ma per il pieno sviluppo dello
spirito umano abbiamo bisogno di gruppi, le tribù”. Margaret Mead dice ancora
la verità. La tribù è un fatto e una logica: è via di mezzo tra
l’etnocentrismo, o assimilazione, e il relativismo culturale. Si lega alla
terra e al sangue, ma più alla storia, e smantella il conflitto quale si
configura oggi, tra Nord e Sud. Compreso il razzismo antirazzista di Sartre e
Frantz Fanon, che non si sa dove finisce: i peggiori nemici degli africani sono
oggi africani, dalla Libia all’African National Congress al potere in
Sudafrica.
Uguaglianza – Il razzista forse no, ma lo
scimpanzé capisce che ognuno vuol’essere uguale, a se stesso e agli altri.
Verginità – Sant’Ambrogio
la lega alla fede: “Castis fides refrigerans”
recita nell’inno “Ad horam incensi”, fede refrigerio dei casti.
zeuluig@antiit.eu
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