Giuseppe Leuzzi
Michele
Panetta, 31 anni, è arrestato a Reggio Calabria per una lunga serie di reati:
porto illegale di armi, gambizzazione di un giovane, gestione dello spaccio di
droga, associazione mafiosa. Per i quali
evidentemente era noto da tempo a Questura e Procura. Ma viene arrestato quando
si fa attivista e candidato consigliere comunale dei 5 Stelle. Ci vuole sempre
la politica per smuovere l’apparato repressivo.
Michele
Panetta, arrestato per mafia, inalbera su facebook la lotta alla criminalità
organizzata. È il primo dei suoi impegni di politico sul campo.
Il parroco di Isola Capo Rizzuto arrestato per
mafia era intercettato dal 2005. Almeno dal 2005. E con lui presumibilmente il
suo uomo di mano, il presidente della Misercordia. Bisognava aspettare dodici
anni per bloccarne i crimini? Il tempo per loro di fare il giro dei politici.
Con cui immortalarsi in foto ritratto. Giusto per gonfiare gli archivi.
L’11
settembre mafioso
La strage di Capaci è stata l’11
settembre mafioso. Una dimostrazione di forza, sorprendente, spettacolare, su
terreno altrui. Con un seguito ancora spettacolare, ma in diminuzione e già in
affanno, a via D’Amelio, e poi a Firenze e Milano. Un culmine, immaginifico,
fastoso di crudeltà, a cui è seguito inevitabile, sia pure con lentezza, e fra
altre stragi, il declino.
Stragi spettacolari erano state operate
anche prima, basti quella di Dalla Chiesa, nel 1982, ma Capaci e D’Amelio sono
stati un 11 settembre. Un picco che è l’inizio del declino.
La morfologia
è comune anche nella genesi: nell’uso della mafia da parte dei politici, che l’hanno
armata, così come l’integralismo mussulmano era stato curato e adoperato dagli
Stati Uniti. E poi negli sviluppi successivi: le bombe a Milano, Firenze, Roma,
e la repressione, estesa ma non radicale né mirata – con gli equivoci
Provenzano e Messina Denaro, confidente forse l’uno, strano latitante il
secondo.
La mafia è come il terrorismo: prospera
se può contare su connivenze e spazi liberi, si disintegra di fronte a una
repressione decisa. Tra errori e colpi di coda, ma alla fine non sfugge: non si
sfidano impuni le istituzioni, se le istituzioni esistono.
Hanno reagito le istituzioni dopo l’11
settembre mafioso? Si e no. Molta pulizia è stata fatta. Ma perché si dà la
caccia a Matteo Messina Danaro? Cioè: perché non lo si prende, a Castelvetrano
o a Palermo, dove si è rifugiato – non lontano, il mafioso è radicato, non può vivere fuori, e a spese di chi? 61 arresti, si dice, sono stati fatti di fiancheggiatori, ma questo non
esalta la repressione, esalta il latitante. Che era e non era un mafioso alla
Riina, ignorante e feroce.
Messina Denaro è latitante da quando
aveva trent’anni. Leggeva, scriveva, e era amico e commensale di eccellenti
signore di Palermo e dintorni. Era un confidente? Succede anche nel terrorismo,
che molti che si potrebbero disinnescare o eliminare senza difficoltà, hanno
spazio di agire.
La
servitù della concisione
Alla Tonnara di Palmi il cameriere in pizzeria, che serve
anche il pesce, è scettico: “Non si pescano nemmeno le alici da conservare per
l’inverno”.
Il cliente si dà una spiegazione. Il cameriere è ignorante - non è pescatore? Ce l’ha col padrone? Vuole solo dire, onestamente,
che la pesca è rara e difficile, che si pesca poco, che c’è poco pesce da
pescare, che il più viene pescato dai pescherecci d’altura, tutti forestieri,
molti stranieri, per lo più giapponesi?
La ragione è questa, tutti la sanno, ma
il cameriere non la dice, la darà per intesa. La concisione non aiuta, che però
è un abito mentale che non si dismette. Era la maniera d’intendersi delle
società chiuse. Dove gli interlocutori hanno un patrimonio di conoscenze
comuni. Si sono già spiegati sullo stesso argomento, magari indirettamente,
attraverso parentele, conoscenze, frequentazioni. Ora spiega solo perché il Sud
non si sa vendere. Anzi, volentieri collabora con chi vuole solo distruggerlo o
tenerlo in soggezione, dando cioè per scontata una comunione di opinioni,
proposti, sentimenti che invece non c’è, quando non c’è che avversione.
Qualsiasi fustigatore del Sud trova al Sud collaboratori volenterosi.
Quando questi si fanno pagare è già un
po’ meglio – se non altro sanno di che si tratta.
Calabria
Houellebecq
ha nel racconto “Lanzarote” l’“autoctono” in terra di turismo: “Perfettamente
insensibile alla bellezza del suo quadro naturale, l’autoctono s’ingegna in
generale a distruggerlo”.
Lanzarote
è un’isola delle Canarie ma in Calabria il suo autoctono non avrebbe sfigurato.
Vi
muoiono molti tedeschi. Alarico per primo, il re de Goti. Enrico VII, l’erede ribelle
di Federico II, anch’egli vicino a Cosenza – dove però è stato sepolto, con
tutti gli onori malgrado la ribellione, nel Duomo.
Di
Alarico si sono perdute le tracce, che si tenta periodicamente di ritrovare nel
letto del Busento, deviandolo ora a un’altezza ora a un’altra. In realtà non facendo nulla. Se
ne dà annuncio per sghignazzo, alle spalle del proponente, in genere un “professore”,
cioè un insegnante. Ma questo la stampa nazionale non lo capisce: scherzare è
proibito.
Si
scioglie un consiglio comunale in Calabria, a Laureana, e il commissario prefettizio,
Anna Manganelli, per prima cosa che fa? Sigilla il contatore a un vecchio convento
francescano assegnato a una scuola di musica. I ragazzi non votano, ma i
genitori e i maestri per chi devono votare? Poi dice che c’è il voto di scambio,
anche per il contatore.
“Paulaner”,
la birra tedesca, non dovrà il nome ai frati minimi di san Francesco da Paola,
chiamati in Germania appunto Paulaner? Sì, il birrificio fu costruito quattro secoli
fa a Monaco di Baviera dai frati Minimi del convento di Neudeck sull’Au. Ma non
è una curiosità: c’è molto snobismo nei mondi arretrati.
Swinburne,
“Viaggio in Calabria”, raccoglie questo aneddoto: Ceronda, tiranno di Thurium,
avendo stabilito la pena di morte contro chiunque entrasse armato nel Senato,
ed essendosi accorto che per la fretta proprio lui aveva portato una spada in
assemblea, “se la immerse nel petto”. Improbabile ma verosimile, la presunzione
è d’obbligo.
Thurium
è il nome latino della città magno greca di Thurii, presso Sibari.
“In nessun paese si può incontrare
un paesaggio più vivo e vario”, è altra testimonianza di Swinburne. E ancora: “Nessuna regione ha maggior numero
di cittadine e di villaggi, ha una più grande varietà di colture, ed è coperta
di più belle foreste del sud della Calabria”. Che oggi è un deserto umano,
seppure forestato.
Si
deve a un monsignor Rodotà, bibliotecario vaticano ai primi del Settecento, poi
cardinale, il rilancio del culto greco tra gli Albanesi immigrati a metà
Quattrocento con Giorgio Castriota. Pietro Pompilio Rodotà, professore di lingua
greca alla Biblioteca Vaticana, ne fa la celebrazione nel 1760, col volume “Dell’origine,
progresso e stato presente del rito greco in Italia”. Dedicato “all’eminentiss.,
e reverendiss. Principe il sig. card. Francesco Corrado di Rodt (sic), vescovo
di Costanza, principe di R.S.I., signore d’Auggia Ricca, ed Oeninga, Balì, e
protettore dell’ordine gerosolimitano”.
La categoria “Film ambientati in
Calabria” è probabilmente la più spoglia nella ripartizione regionale di
wikipedia. Poco più di una dozzina di film – quindici per l’esattezza, ma
comprendendo “Il 7 e l’8” di Ficarra e
Picone, che sono siciliani.
I film “ambientati in Calabria” visti
sono tutti spaventosi: vendette e mafie. Eccetto quello di Comencini trent’anni
fa, “Un ragazzo di Calabria”, che però è calabrese per caso, per essere tratto
da un racconto di Demetrio Casile. E quello recente di Alba Rohrwacher, “Corpo
celeste”, che però usa Reggio e lo Stretto come sfondo, celestiale-infernale.
Nessuno dei quindici film “ambientati in
Calabria” è opera di regista calabrese. “Aspromonte”, su soggetto di Tonino
Perna, il parlamentare ex Pci allora presidente del Parco, è un film pieno di
belle vedute malgrado il soggetto drammatico (un rapimento di persona), di Hedy
Krissane, tunisino. “A
ciambra”, il ritaglio, il rimasuglio, protagonista Pio Amato, un ragazzino rom
di Gioia Tauro (già tra i protagonisti di “Mediterranea”, dello stesso regista, 2015), ambientato tra Gioia Marina e la Tonnara di Palmi, è di Jonas
Carpignano, che è italiano ma è nato e cresciuto a New York, e ha produttori
americani (tra gli altri Martin Scorsese).
Ambientati
in Calabria, anche se girati fuori, sono il Checco Zalone “Forestale” in “Quo
vado?”, il maggior successo di sempre. E “Cetto La Qualunque”, l’onorevole di
Albanese. Non onorevoli.
leuzzi@antiit.eu