La Sicilia Ungaretti dice “frizzante e
frivola”, nel taccuino egiziano del 1931 (“Il deserto”). A proposito di
Teocrito ad Alessandria, reduce dall’avervi celebrato le imprese di Alessandro
Magno, “e sono appena passati trent’anni dalla morte”: “Poeta della corte di
Filadelfo, poeta del momento, in figure frizzanti e frivole riduce il soffio dorico
della sua Siracusa. E la Sicilia dei bovi, del sole, della lieta visione
omerica, della verità naturale dopo gli inganni della natura, è per Teocrito,
appena nostalgica, una Sicilia bucolica. L’arte, in mezzo a tanta sintassi e
metrica, è ormai puro gioco?”
Servizio fotografico in stile coloniale
su “Sette” per illustrare il Sud. Il 13 luglio del 2017. Uno si meraviglia che
Milano domini l’Italia, con tanta ignoranza. Ma forse conta la superbia.
A didascalia delle foto sull’improbabile
Sud di Simone Raeli “Sette” pubblica un testo della scrittrice Stella Pulpo,
“tarantina di nascita e milanese di adozione”. Che esordisce sonora: “Sono
terrona (io posso dirlo, di essere «terrona», per la stessa ragione
antropologica per la quale i neri possono definirsi «nigger» e i grassi
possono definirsi «grassi»)”. Cioè, da
vittima di un pregiudizio, che rivendica la sua condizione. Si può essere
milanesi d’adozione, poiché gli editori stanno a Milano. Ma come scelta di vita?
In ambiente leghista, cioè razzista?
Protestarsi terrona deve essere faticoso
– non si vive una volta sola?
Il grammatico del primo Cinquecento
Andrea Guarna ricorre come “umanista meridionale” nelle storie e i commenti
critici. È detto anche Andrea Guarna Salernitano. Ma è nato a Cremona ed è
morto a Milano. Diventa “meridionale” e “Salernitano” perché forse i suoi
genitori, o forse i suoi nonni, erano di Salerno o dintorni. C’era il leghismo
anche nel Cinquecento?
La
soppressata classista
Non si discute d’altro, a parte Trump:
la scena intellettuale americana, ancora sotto choc per l’elezione
presidenziale, ha trovato un diversivo martedì in una column sul “New York Times”
firmata David Brooks. Il quale, invitata a pranzo un’amica, racconta, “peccando
d’insensibilità”, aggiunge, l’ha portata “in un posto di panini gourmet”. Salvo vederla smarrita,
“tirata in volto”, avendo davanti panini con “ingredienti come la soppressata, il capocollo” – in italiano. Risate. Brooks è un commentatore
dichiaratamente conservatore. La comunità intellettuale ha quindi avuto buon
gioco a deriderlo, spiegando, aiutata da volenterosi italiani, che soppressate
e capicollo sono ingredienti poveri, e quindi l’insensibilità di Brooks era
semmai la sua taccagneria.
L’articolo di Brooks è invece
interessante per due motivi. Uno è proprio questo: che soppressata a capocollo,
essendo cibi “esotici”, comunque sapori nuovi, sono da ritenersi gourmet, raffinati. L’altro – il motivo
per cui ha scritto l’articolo – è che la sua amica non apparteneva ai ceti
professionali o intellettuali, avendo fatto pochi studi, e che questo in
America da alcuni anni rinchiude come in un ghetto, rende paria. Il paese delle
opportunità per tutti è diventato classista, è la tesi del commentatore, al punto
da ingenerare complessi: la sua amica non sapeva come affrontare un cibo nuovo
– una senza laurea non poteva avere nemmeno curiosità.
Rifiuti tossici
Vivendo
sull’Aspromonte, seppure alle balze, e in ambiente che si vuole urbano più che
agreste o montano, se ne media – si vive, si introietta – la nomea. Siamo
mafiosi, abigeatari, sequestratori, coltivatori di erba, trafficanti di coca.
Ultimamente tossici. Viviamo cioè su una serie di discariche di rifiuti
tossici, venuti chissà da dove, chissà quando.
Questa
delle discariche tossiche è un classico da qualche tempo dei pentiti di mafia. I quali, invece di dichiarare i
loro assassinii e i loro complici, spiegano che il territorio è infestato di
rifiuti tossici. La cosa è maturata proprio qui, attorno all’Aspromonte,
diffondendosi poi a Cetraro, a Caserta e perfino nella mite Basilicata.
La
cosa è una sorta di evoluzione naturale, i delitti oggi sono soprattutto contro
l’ambiente. Inoltre, si coniuga con l’industria ambientale: appalti diventano
necessari per la prospezione di queste discariche. E eventualmente, Dio non
voglia, per il risanamento, qualora emergessero. Mentre l’apparato repressivo
non ha bisogno di circostanziare i delitti, aspetta: le colpe non tarderanno a
emergere.
Nell’attesa
il sindaco, più sindaci, la minaccia è cronica, hanno disposto analisi chimiche
e ricerche epidemiologiche, e niente, non abbiamo più tumori della media, né di
diversa natura. Ma non sono risultati convincenti. Più di una famiglia ha
cambiato residenza, con notevole aggravio economico.
Ora
avviene, trovandosi alle balze delle Apuane, che una discarica abusiva di
rifiuti tossici è stata trovata. Accertata, cioè, scavata. E vicina al centro
abitato, anzi allo stadio, alla periferia della città capoluogo. Ma la notizia, di mercoledì,
giovedì già non c’era più nella gazzetta locale.
Calabria
La
“Gazzetta del Sud”, giornale delle Calabrie, scopre l’Aspromonte con Paolo
Rumiz. Rumiz c’è stato con la sua Topolino alcuni anni fa, ci è ritornato, e ne
farà una delle sue cinque tappe per gli Appennini, “Ritorno sui Monti
Naviganti”, su Laeffe. “L’Aspromonte spinge Rumiz ad alzare il tono della
voce”, scrive Francesco Musolino che lo ha intervistato, “scaldandosi dinnanzi
«a tanta bellezza lasciata sciupare». Come se la Montagna fosse indipendente e
anzi vittima dei suoi abitanti e amministratori”
Non
l’olio ma la birra, abbiamo inventato la birra: “La terra da cui partono le grandi
birre bavaresi” è la Calabria, assicura Rumiz: “Con metodologie che rievocano
le birre figlie del Nilo. Passando le Alpi fino ad invadere il Nord”.
Anche
questa una scoperta dello scrittore: “Eppure nessuno conosce queste storie, nemmeno
gli amministratori”. Questo è vero.
Una
regione (mondo, nazione) senza mendicanti.
Senza
città, e per questo senza mendicanti?
Con
l’eccezione di Alvaro, lo scrittore forse più impegnato – per serietà, applicazione
– del Novecento, la Calabria pullula di scrittori beffardi. Ha un’anima beffarda,
fino alla distruzione di sé. Riflessiva dopo, quando “ride per non piangere”.
Uno
stile, una forma mentis, non riservata ai letterati – giornalisti, insegnanti,
funzionari pubblici – tra i quali anzi lo stereotipo roboante è prevalente.
Ritornando
alla sua città, Palmi (“Sarmura”) in “Un riccone torna alla terra”, Leonida
Répaci la presenta sotto un solo spetto: ognuno ha un soprannome. Come dire:
ognuno è un altro.
I
soprannomi sono però “quasi sempre il
nome della cosa che meglio rappresenta” le persone:. “Parlatore”, “Cataletti”,
“Bandone”, “Geloso”, Pititto”. “Schifenza”.
Bighellonando
per il Sud della Francia un secolo fa, Ezra Pound fa all’improvviso una
riflessione: “Grazia & Oriente\ in Provenza”. Lo stesso blend – origini, cultura, cucina,
linguaggi – che in Calabria. È condiviso anche l’Aspromonte.
Presiedono
alla questione immigrati due calabresi, il ministro Minniti e l’ambasciatore in
Libia Perrone. Due, anzi, quasi compaesani, della provincia di Reggio. Un caso,
certo. Ma all’apice delle ambizioni del calabrese c’è il servizio allo Stato.
Tanti ancora ci credono: lavorano con una certa fermezza, ma con misura. E con
costanza, la vecchia testardaggine che si è perduta.
Si
celebra ovunque, a Roma, a Milano, a Firenze, Gianni Versace per i venti anni
della morte: geniale, esagerato, superstar, ha trasformato le modelle in dive,
i cantanti in icone, Diana in una principessa. Ma non a Reggio, sua città di nascita
e di apprendistato, nell’atelier della mamma. Tutti snob in città.
Se
ne fa anche un film. Una serie tv, regista Ryan Murphy, celebrato autore di
blockbuster. Ma il film, è vero, è americano.
leuzzi@antiit.eu