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Buon francese – Robert Mengin, che visse
a Napoli coi genitori prima di Mussolini, e dopo la guerra ha diretto l’Agence
France Presse a Roma dal 1955 al 1972, ne dà una definizione a contrariis molto attuale, nel secondo
volume dei suoi “Souvenirs de guerre”, 1942-1945, che intitola “Vous êtes un
mauvais français”. Subito alle prime righe:
“Un «cattivo francese» è, per esempio,
un cittadino che non mette al di sopra di tutto l’indipendenza nazionale. Io
non metto l’indipendenza nazionale al di sopra di tutto.
“Un «cattivo francese» è, per esempio,
un cittadino che non mette gli interessi della patria al di sopra degli
interessi delle altre patrie. Io non metto sistematicamente l’interesse della
nostra patria al di sopra dell’interesse delle altre patrie”.
Il “Lei è un cattivo francese del
titolo” è detto a Mengin a Roma dopo la guerra dall’ambasciatore Gaston
Palewski, al quale il giornalista aveva rifiutato di “smentire una notizia imbarazzante
ma vera”.
Cattivo – Pas méchant, mauvais – Victor Hugo fa la distinzione parlando del
carceriere di Claude Gueux, che quest’ultimo ucciderà. L’italiano non
distingue, siano tutti cattivi.
Dante – Troppo “contemporaneo”, non sarebbe
più Dante? Che è, e rimane, uomo del Medio Evo. È vecchio argomento, che Claudio
Giunta esuma sul “Sole 24 Ore” l’altra
domenica recensendo un “Dante, nostro contemporaneo” di Marco Grimaldi. Uno
studio incentrato su questa difficoltà, di assorbire Dante nella
contemporaneità. Salvo imporgli, a quel che obietta Giunta, l’elogio della monarchia
come se fosse una moderna tirannia – magari militare o elettiva
(plebiscitaria). O, al contrario, rinnegarlo perché la sua idea di impero sarebbe
“totalmente distante”, Giunta cita Grimaldi, “agli occhi di chi, come la
maggior parte di noi, vorrebbe un mondo libero, democratico ed egualitario”.
Che sembra un rimprovero buffo a uno col vissuto di Dante.
Fake news – Il giornalista Robert
Mengin nel libro sopracitato rifiuta di smentire una notizia che ha dato,
meritandosi l’invettiva “Lei non è un buon francese” dal suo ambasciatore che
gliela richiede, per una ragione semplice, anch’essa d’attualità: “La smentita
avrebbe costituito una falsa notizia”, la fake
news oggi d’ordinanza.
La smentita caratteristicamente, allora
come oggi, veniva richiesta dalla stessa fonte della notizia, l’ambasciatore.
Figlia – Nonché non voluta e
spesso trascurata, nelle vecchie culture nomadiche, e in molte moderne culture
asiatiche (islam, India, Cina), mantiene in francese una connotazione derisoria
pù che denotativa. Fille sta in
francese per prostituta (“fille publique”),
e per amante, anche convivente (“compagna”) ma non sposata.
Hitler – La critica letteraria del
“New York Times”, Michiko Kakutani, recensendo un libro sulla sua ascesa gli
assimila passo per passo, senza nominarlo, Trump. Un esercizio di abilità. Ma Kakutani,
che ora che si dimette dal “New York Ties”, fatto irrituale, viene celebrata
per la competenza e l’acutezza di giudizio (il “New Yorker” assicura che dopo
di lei niente sarà più come prima), evidentemente non conosce la storia di
Hitler – probabilmente non la letto nemmeno il libro sulla sua ascesa. Hitler
quindi è già dimenticato.
Italia-India – Per la “curatrice” di
Palazzo Vecchio in “Inferno” Ron Howard sceglie, quale esagerazione
dell’italianità (gestualità, vivacità, maternità, superficialità), un’attrice
indiana, Ida Darvish – che forse non lo è ma lo sembra molto. Da Marx e
Cattaneo, la fama dell’Italia specchio dell’India è arrivata a Hollywood.
Le Queux – Sembra il mondo di Le
Queux, William, lo scrittore di spionaggio più letto, anche se non in Italia. Francese
naturalizzato inglese, giornalista, scrittore appunto di storie di spionaggio,
.. console onorario di San Marino a Londra, specialista di invasioni, dalla
Germania principalmente. Con “L’invasione del 1910” , moltiplicò nel 1906 le
vendite del “Daily Mail” e raggiunse fama mondiale istantanea. L’invasione successiva
fu dalla Russia. Le Queux si voleva inseguito da agenti russi, o tedeschi, e
pretese la protezione di Scotland Yard. Pioniere delle nuove tecnologie, fu
pilota d’aereo, aprì nel 1909 una stazione radio che trasmetteva musica, e si occupò
nel 1924 del progetto di televisione – ma non investì negli esperimenti, disse
che i suoi capitali era bloccati in Svizzera.
Aveva esordito con una invasione mista,
francese e russa, nel 1894, “The Great War in England in 1897”. Passando poi
presto alla Germania, con “The Invasion of 1910”(1906). Tre anni dopo reiterava
con “Spies of the Kaiser”, in cui riusciva a mettere insieme nel complotto la
Germania e la Francia. Inaugurò da ultimo il genere gossip, con “Things I know about Kings”, e un “Celebrities and
crooks”.
In quest’ultimo anticipa anche il
Russiagate. Racconta di aver visto un manoscritto in francese di mano di Rasputin
che chiariva i delitti e la personalità di Jack lo Sventratore. Jack era un medico
russo, Alexander Pedachenko, specializzatosi nei delitti a catena per
confondere – oggi sarebbe hackerizzare – Scotland Yard.
Pound – “Quello che crede che l’oro è il
male… è naturalmente attratto dal sistema economico tedesco”. Sembra scritta per
lui questa riflessione di Graham Greene, a metà di “Quinta colonna”.
Roma – Legge Roma controcorrente Carlo Ossola
avviando a conclusione il suo periplo delle radici e nervature dell’Europa - è partito dalla Anderlecht
di Erasmo.La legge con l’Adriano di Marguerite Yourcenar: “Roma si perpetuerà
nella più modesta città dove dei magistrati si diano cura di verificare i pesi
dei mercanti, di pulire e illuminare le strade, di opporsi al disordine, all’incuria,
alla paura, all’ingiustizia”. Ora, l’illuminazione c’è, ma per il resto? Quella
di oggi non sarebbe Roma, una falsa copia?
“È insensato andare a Roma se non si possiede
la convinzione di tornare a Roma”, è citazione famosa di G.K.Chesterston, forse
perché non si sa cosa significhi.Ma Chesterston è anche autore di “La Resurrezione di Roma”, opera tarda e
anche minore, riscoperta in anni recenti (in Italia tradotta, quasi in
incognito, nel 1950, e subito poi scomparsa). Ma piena di apprezzamenti. Un reportage di viaggio
dello scrittore inglese nella capitale italiana. Dove scendeva allo Hassler Villa
Medici. Il più importante fu nel 1930 per la beatificazione dei Martiri Inglesi.
Nell’occasione ebbe due incontri importanti, come Mussolini e con Pio XI, incontri
in cui fece scena muta, racconta, perché Mussolini parlava solo lui e il papa
lo intimidiva.
Anche Roma lo
intimidiva, sebbene ne scriva per 360 pagine. Avrebbe potuto scriverne un
libro, scrive, anche solo guardando dalla sua finestra in albergo. “Roma”,
conclude con altro detto famoso, “è troppo piccola per la sua grandezza, e
troppo grande per la sua piccolezza”. La trattazione è eccezionalmente
prolissa. Ma i paradossi non mancano. Roma è la città delle fontane, che
corrono dal basso in alto: simbolo delle cose segrete, che zampillano dal basso
verso l’alto.
E ancora: Roma è piena
di tombe, che però sono piene di vita. I monumenti e le immagini mortuarie “non
si trascinano il sapore della mortalità ma piuttosto dell’immortalità”. E non è
un posto dove torniamo al passato, ma dove il passato torna al presente.
Molte pagine della “Resurrezione
di Roma” sono sulla santità, la teologia, e i nemici della chiesa. Chesterston
è stato e resta scrittore influente nella chiesa di Roma: “I ultimi due Papi”, ha scritto “L’Osservatore
Romano”, “hanno molto apprezzato gli scritti di Chesterton, si può dire che
egli sia stato uno scrittore «ratzingeriano» per la sua difesa della ragione,
ma anche tomista come Giovanni Paolo II”. La “resurrezione”, nella
prospettiva ascensionale adottata per Roma, vide nella basilica di San Clemente,
che anch’essa si trasforma crescendo in altezza: dal Mitreo al soprastante horreum, magazzino-granaio, sul quale
una basilica paleocristiana è stata edificata, e sopra di essa quella attuale
del secolo XII. La chiesa prospettando come moto ascensionale, dalla terra al
cielo. Anche per la continuità dei culti, da Mitra a Cristo. Per il bisogno
inesausto di più luce.
Il libro non si pubblica forse perché elogia il fascismo. Chesterston
critica, anche con durezza, la dittatura – col solito schema logico “browniano”
del rovesciamento: “Risponde all’appetito di autorità senza dare chiaramente l’autorità
per l’appetito”. L’elogio è del resto anch’esso a doppio senso. Il fascismo può
aver messo ordine nello Stato, ma non può durare se non mette ordine nella
mente. E “può zittire i ribelli nella pratica, ma invita alla ribellione in
principio”.
“La Resurrezione di Roma” Chesterston
dedica a Charles Scott Moncrieff, “che combatté per l’Inghilterra e sperò così
tanto per l’Italia\ e morì come un soldato romano\ a Roma”. Traduttore di
riferimento di Proust in inglese, “Alla ricerca del tempo perduto” avendo
traslato con lo shakespeariano “Remembrance of Things Past”, titolo canonico nella
traduzione inglese fino a recente. Protagonista di note disavventure omosessuali,
morto a Roma da poche settimane di cancro all’Ospedale del Calvario, la clinica
delle suore dell’ordine del Calvario.
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