Dio - Sartre (in A. Glucksmann, Le discours de
la guerre) ha scritto di Hiroshima: “Era pur
necessario che un giorno l’umanità venisse in possesso della sua morte… Dopo la
morte di Dio ecco che viene annunziata la morte dell’uomo. Ora la mia libertà è
più pura”. La Bomba purifica, dunque. È orrenda la storia assunta a filosofia,
contro la storia, il senso comune e il senso filosofico. Dio, che non c’era già
da qualche secolo prima di Hiroshima, ora
è qui che ci perseguita fino nel sonno. E nessuno di no si sente più libero. Anzi,
benché mai la libertà sia stata così estesa nell’umanità e protetta, siamo qui
a tentare di respirare, ci sentiamo soffocare. La ragione deve recuperare il
senso della giustizia.
Eliocentrismo
–
Fa torto a Copernico, che l’ha “scoperto”, nella forma che gli si addebita: “E
in mezzo a tutto sta il sole”. Che è e esatto, per un trattato come il suo, “De
revolutionibus orbium coelestium”: la terra gira attorno al sole. Ma non nel
senso che se ne inferisce, senza sua colpa: che l’uomo non è più al centro
dell’universo. Come non lo sarebbe, chi può dirlo? Quello che lo può dire è
solo l’uomo - Copernico e chiunque altro.
Lo stesso per ogni scoperta scientifica.
Sì, il Big Bang 14 milioni di anni fa, ma prima – che cosa, come? Ci sarà pure
vita intelligente nell’universo, ma l’unico che lo può dire – che intende cosa
è la vita intelligente – è l’uomo. Il mondo siamo noi, per il resto non si è
mostrato niente di sensato. Il riscaldamento può anche uccidere la vita sula
terra, uccidere l’uomo, ma allora per un errore umano. Mettiamo pure per un
suicidio collettivo. Ma allora come quello, non altrettanto remoto, che
minaccia il day after.
E poi il Big Bang non va inteso nel
senso della Bibbia, della creazione armoniosa, ma di un tumulto, di fissioni e
fusioni e catastrofi, duratomilioni, miliardi di anni, seppure è finito.
Intelligenza
–
Il Lepisma saccharina di Linneo, il pesciolino d’argento che si forma nella
polvere e la colla dei libri, va veloce verso una sua meta nel pavimento. Il
movimento brusco del piede o l’ombra che esso proietta deve averlo messo in allarme,
giacché si ferma. Passano alcuni secondi, forse un minuto, poi riprende il suo
cammino, come rinfrancato.
Ha avvertito un pericolo, si è fermato a
riflettere, ha calcolato un tempo per accertare il pericolo stesso. Come
farebbe una persona minacciata da un bombardamento. Di cui magari è poi
vittima. La polvere è intelligente.
Il pesciolino d’argento, che in realtà è
d’argento non proprio Ottocento, ha una sensibilità, poiché non ha la vista. Ha
una memoria. Ha un giudizio. Sa contare. Dall’inanimato all’animato, la
creazione c’è, il salto organico.
Morte – Il rito
americano – il segno più forte, anche se ambiguo e forse esteriore, sciocco,
dell’ottimìsmo della volontà - cancella la paura della morte, cioè la paura.
Che non è un meno, non per forza, e può essere un di più, gli americani non
sono scemi, sanno che si muore, se la morte imbellettano. Non ne hanno paura,
com’è giusto se si è vissuto, anche solo una volta, un attimo, nell’intimo.
Federico,
il Gran Re di Prussia, lo subodora nell’epistola al maresciallo Keith “Sur les vaines terreurs de la mort”,
nella poesia che Kant loda: “Oui, finissons sans trouble et mourons sans
regrets,\En laissant l’univers comblé de nos bienfaits:\Ainsi l’astre du jour
au bout da sa carrière,\Repand sur l’horizon une douce lumière”, lasciamo
il mondo contenti colmo delle nostre buone azioni, come il sole tramontando
sparge una dolce luce.
Anche l’annullamento egualitario è
stimolante, una maniera forse migliore di arrivare alla morte, cioè di vivere. Fino all’abuso di sé, l’esperienza presto portata all’oltraggio,
la canna a ripetizione, i tre micidiali superalcolici dopo il lavoro prima di
cena - gli americani, tenaci, mettono a punto ricette e modi di essere che il
mondo poi adotta: ora sono per la saccarina contro lo zucchero.
Phoné, la voce, era
in greco la morte. A riprova che l’etimologia dice tutto, cioè niente?
C’è una presenza nell’assenza, come c’è senz’altro vita dopo la
morte, nel senso di vitale, vigile brigata, assidua, amichevole. È ciò che si
dice gli angeli.
La morte è ricorrente. All’anagrafe arriva
una volta sola nella vita – o per una volta è accertata, per incidente o sfinimento.
Ma ognuno muore in effetti più volte, incluso in forma di suicidio, del rifiuto
degli altri per rifiuto di sé, per cattiveria, sfida, follia, e per tara
biologica, perché no. Gli altri, i fortunati, forse non hanno nulla da perdere.
“L’eternità viene nel tempo, l’immensità nella misura”, direbbe san Bernardino
da Siena, “l’invisibile nel visibile, Dio nell’uomo”.
Ridere – Paul-Louis Courier,
lo scrittore che fu soldato di Napoleone, famoso per le lettere, e per essere
morto cornuto dispiaciuto, per ridere leggeva Plutarco: “Le vite sono romanzi
comici”, diceva. E in punto di morte: “I libri istruiscono soltanto coloro che
già sanno”.
I filosofi, spiega Arendt, “non hanno
ancora scoperto a che serve il riso”. Platone lo proibiva, lui che fece,
vecchio, tre volte il viaggio a Siracusa, per insegnare al tiranno locale la
matematica, da lui ritenuta propedeutica alla filosofia. Il problema viene da
più lontano: è quello, narrato da Platone, di Talete e della serva tracia, del
matematico che guardando le stelle cadde nel pozzo e fece così divertire un
modo la serva.
Filosofia – Quella politica
è notabilare e tirannica, va per le spicce. “L’inclinazione verso il tirannico
può essere rilevata teoricamente in quasi tutti i grandi pensatori (Kant
rappresenta la grande eccezione)”, Hannah Arendt.
La buona filosofia è buona letteratura?
Buona narrazione. Platone e Aristotele sono due scrittori eccellenti. Anche
Kierkegaard, e il Kant minore.
Scambio
–
Presiede a tutte le religioni – compreso fino a recente, quando ancora si
montavano i Sepolcri per la Settimana Santa, il cattolicesimo (ma tuttora, con
le offerte in denaro, in opere, in opere di bene). Tutte fanno o hanno fatto sacrifici
e offerte “in cambio” della grazia, di vita o di morte.
È al centro del baratto naturalmente, ma
anche dell’economia del dono.
Sicurezza – È la passione
dell’epoca, che pure forse mai non ne ha avuta tanta: niente carestie, niente
pesti, niente guerre, e anche la malvivenza (furti, soprusi, corruzione) è in
calo. Il Suv ne è il concentrato, per chi ce l’ha e per chi non ce l’ha –
l’accettazione è vastissima. È una necessità benché il mezzo sia faticoso,
costoso, invadente. Caro di prezzo e di gestione, consumi, assicurazioni,
tasse. Faticoso da guidare benché provvisto di tutti i servocomandi. Difficile
e faticoso da parcheggiare. La domotica è
un altro aspetto, una cui parte rilevante è mirata alla sicurezza - la serie di
gadget che dovrebbero garantire la sicurezza della casa in assenza. Ci specula
la rete, moltiplicando e ingigantendo intrusioni e collassi. E tutta la
montagna – benché vuota, burocratica – che è stata montata sulla privacy.
zeulig@antiit.eu