Giuseppe Leuzzi
Gli
italiani emigrati in America dal Sud dell’Italia Gay Talese, “Ai figli dei
figli”, dice in gran parte analfabeti
per “la tradizione oppressiva, anti-intellettuale dei Borboni di Spagna e della
chiesa cattolica”. Questo può spiegare molte cose.
Si
ascoltano sotto gli ombrelloni a mare sulle spiagge meridionali parlate
torinesi o milanesi con interlocuzioni locali, dei parenti e amici che non sono
emigrati. È un rapporto che si sente stridente, per nessun motivo, se non
l’adozione, per quanto necessitata, della parlata della città d’emigrazione.
Sembra un falsetto.
L’anarchia feudale
La
patrimonializzazione (compravendita) del feudo Galasso accerta (“La Calabria
spagnola”, 153) già dal Cinquecento. Non fu però una privatizzazione: “Il fondamento
pubblico della posizione feudale non fa mai disdetto o attenuato nella cultura
e nella tradizione giuridica e forense del mezzogiorno”. Si volle essere liberi
di disporre, ma anche di mantenere i diritti esclusivi.
“La
distinzione tra «patrimonializzazione» e «privatizzazione» nel caso del possesso baronale non è né
frequente né chiara negli studi”, spiega Galasso, “ma è fondamentale”. Il
perché lascia implicito ma è ovvio: s’innesta qui la mancata origine, o gracile
costituzione, della borghesia locale, al più attiva solo intellettualmente, non
operosa, innovatrice, avventurosa.
La
feudalità nel Regno e in Calabria Galasso dice anche “di anarchico particolarismo,
antistatale e antisociale”. E questo è un marchio che ha impresso su tutta la
società, anche tra i poveri e poverisssimi. Qualche rivoluzione sociale c’è
stata anche in Calabria, che più di tutti ne ha avuto e ha bisogno, ma si è
subito dispersa negli individualismi.
Mafia
mafie
Matteo Renzi presenta il suo libro col
sindaco di Pietrasanta Mallegni. Lo stesso che due suoi protetti, i fratelli
Manzione, hanno denunciato e perseguito penalmente, a nessun effetto, ma
abbastanza per consentire al prefetto di farlo decadere dalla carica una prima volta. I fratelli Manzione,
Antonella capo dei vigili urbani, Domenico giudice, sostituto Procuratore (nel
paese di nascita e di residenza…), avevano lei denunciato e lui incriminato
Mallegni, un socialista anti-Dc eletto con i voti di Berlusconi. Renzi aveva
per questo premiato entrambi: lei suo capo di gabinetto a palazzo Chigi, lui
sottosegretario. Poi si sono rifatte le elezioni, e Mallegni è stato rieletto.
Fosse successo al Sud, quanti reati in
questa breve storia? Non anomala evidentemente, poiché non scandalizza nessuno
in lucchesia, in Toscana, e nemmeno fuori della Toscana. Di calunnia. Di
traffico di influenze. Di abuso di potere. Di associazione a delinquere, se non
mafiosa - ma questa è “la” mafia da qualche tempo, politica: col mitra vanno i
pezzenti.
Mentre è una storiella come tante, della
disinvoltura “democristiana”.
Il miracolo del
Sud
Nessun
dubbio che il “miracolo economico” degli anni 1950-1960, che ha elevato
l’Italia “nel gruppo di testa dell’economia e dello sviliuppo mondiale” (G.Galasso,
“La Calabria spagnola”), sia dovuto in gran parte alla disponibilità di forza
lavoro abbondante, a buon mercato e relativamente formata (almeno
italoparlante), emigrata dal Sud. Nessun dubbio insomma che il Sud debole e
migratorio sia stato, e probabilmente, sia, uno dei fattori di quello sviluppo.
Il
raffronto con la Germania è in tal senso chiarificatore. Un paese impoverito
demograficamente dalla guerra, dall’occupazione e dalla divisione, che ha
dovuto far ricorso a immigrati dall’estero, anche dall’Italia. Con capacità
tecniche forse non inferiori a quelle dell’emigrazione interna italiana, ma con
l’handicap della lingua e della mentalità.
In
che senso o misura questo esercito interno del lavoro ìnteragisce oggi
nell’economia italiana? Lo “scambio” continua a essere attivo, nella sanità,
l’accoglienza, l’insegnamento, le polizie . Con un’emigrazione ora già formata,
anche se a costo non minore, come negli anni del boom. E ha creato un’area
stabile di consumo privilegiato per il Centro-Nord Italia. Non c’è un Nord,
bello-e-buono, senza un Sud.
L’emigrazione
disfa la società
L’emigrazione
arricchisce o impoverisce? L’economia politica dell’emigrazione è che essa
arricchisce. Chi parte perché mette infine a frutto i sacrifici. Chi resta per
le rimesse degli emigrati, e per il loro indiretto appello a una vita migliore.
Ma
è una desertificazione, anche questo si sa. Delle energie più cospicue –
giovani, determinate - se non le migliori qualitativamente. Soprattutto le
emigrazioni intellettuali, quelle di oggi, di forza-lavoro già “formata”,
Con
le moderne emigrazioni il Sud si priva del ceto medio appena costituito, che fa
e disfa come una tela di Penelope, delle borghesie cementano la società. Questo
può spiegare meglio di ogni altra piega sociologica finora individuata
l’impoverimento della politica, della rappresentanza e delle scelte di
voto.
L’emigrato è
sradicato
Molti
buoni sentimenti, moto retorici, si fanno attorno all’emigrato, soprattutto in
questo mese di ferie, quando l’emigrato ritorna, magari per la festa di paese.
Ma la verità è che l’emigrato, per quanto gli piaccia mangiare una volta i cibi
dell’infanzia e possa essere affezionato ai parenti, è un altro. Di un altro
mondo. Anche quando parla o scrive delle origini.
Corrado
Alvaro, che dei luoghi originari tanto scrisse, non tornava volentieri al paese,
e solo per poche ore, poche volte, per non dispiacere alla mamma, incattivito e
inquieto. Mino Reitano è di Fiumara di Muro - della frazione San Pietro di
Fiumara - un paesino alla periferia di Reggio Calabria, col quale non ha
mantenuto nessun contatto e che non ha nessun rapporto con la sua musica e le
sue canzoni.
Rosa
Maria Currenti, ora di 73 anni, si è ritrovata immortalata da Enzo Sellerio in
una foto al balcone, quando aveva 18 anni, confluita nel 1964 in un servizio
fotografico per la rivista tedesca “Du” sulla vita rurale in Sicilia. Si celebra
ora come la Sicilia giovane. Si era poi sposata e col marito era emigrata in
Svizzera, impiegandosi lei stessa a Neuchâtel, alla Bulova. Esperienza di cui
ricorda: “Mi chiamavano madame”.
Il
racconto forse più fertile – reale, vivo – dell’emigrazione e del suo background , “Ai figli dei figli” di Gay Talese, è frutto delle memorie
dell’amato padre e dei suoi fratelli, ma più di un lavoro di documentazione in situ, a Maida, durato due anni.
Calabrian Free
Corps
Accanto
ai “massisti”, gruppi armati popolari che combatterono le truppe francesi di
Napoleone e Murat dopo il 1807, un corpo calabrese d’élite fu creato e
inquadrato fra le truppe britanniche, il Calabrian Free Corps, un corpo di
guerriglieri calabresi. Questa la scheda del Calabrian Free Corps redatta dallo
storico militare canadese René Chartrand, “Émigré & Foreign Troops in
British Service 1803-1815”, pp. 7-9:
“Costituita
agli inizi del 1809 con rifugiati italiani dalla Calabria, di cui circa 400 si
erano organizzati in Sicilia a febbraio in «centurie» sotto propri comandanti.
Alla fine di giugno il corpo partecipò all’incursione su Napoli, un
distaccamento di 40 uomini distinguendosi in una carica allo sbarco. Partecipò
alla presa di Ischia e Scilla. Di ritorno in Sicilia, regolamenti vennero
redatti per migliorare l’organizzazione e la disciplina dell’unità. Le centurie
furono riorganizzate in «corpi liberi» delle dimensioni di una compagnia, con
tre ufficiali, otto sergenti e 120 soldati semplici l’uno, e con uno staff di ufficiali britannici. Gli
ufficiali, i sottufficiali e la truppa dovevano essere Calabresi o del Regno di
Napoli.
“Il
22.3.1810 circa 316 uomini – dopo un’esitazione iniziale – parteciparono con
distinzione all’0attacco sull’0isola ionica di Santa Maura. Dal dicembre 1812
due divisioni del corpo furono dislocate nella Spagna orientale, e combatterono
bene a Castalla e Biar (aprile 1813). Dopo di ciò, Lord William Bentinck disse
che i Calabresi erano forse la migliore fanteria leggera nel Mediterraneo,
malgrado avessero “volgari, cattivi ufficiali Calabresi”. A quel tempo la forza
era di 1.450 uomini; sei compagnie erano in Spagna, sei nelle Isole Ioniche, e
tre in Sicilia. Due compagnie dalle Isole Ioniche presero parte all’assedio e
la cattura di Trieste nell’ottobre 1813, distinguendosi per l’audacia. Le
compagnie in Spagna, forti di 579 uomini, furono impiegate a Ordal (12-13
settembre). Nell’aprile 1814 queste sei compagnie s’imbarcarono a Tarragona,
sbarcarono una forza di 618 uomini a Livorno, e presero parte all’attacco
britannico sulla Spezia del 25.26 marzo - la guarnigione si arrenderà il 30. Il
14 aprile il Calabria Free Corps fu parte della forza che investì Genova. Il
16, insieme col 1mo Fanteria Leggera Greca, il reggimento prese il territorio
sopra i forti Richelieu e Tecla, portando alla resa della città più tardi nella
stessa giornata. Finendo la guerra, il corpo fu sciolto a metà del 1814”.
(continua)
leuzzi@antiit.eu