Giuseppe Leuzzi
C’è molto da lavorare sulla simbologia
del toro nella Magna Grecia, e in particolare in Calabria. Su una prima
colonizzazione micenea, forse solo commerciale. Su Leiris. Su Altamira e la
tauropatia ispanica. Un veicolo di diffusione sicuro – per esempio per Metauros,
tra Gioia Tauro e Palmi di oggi - era la pratica del ver sacrum. Era l’uso nelle tribù italiche che le nuove generazioni
si costituissero altrove una loro terra. E l’emigrazione si faceva all’insegna
di un animale sacro. Per i Sanniti, da cui le giovani generazioni poi
costituite in Lucani e Bretti si sono staccate, era il toro.
Una
piantagione di marijuana di un paio di ettari viene trovata in Sardegna dai
Cacciatori di Sardegna, reparto speciale dei Carabinieri. Non remota, sopra
Olbia. Su un pianoro bene in vista. Irrigata con tubazioni lunghe otto
chilometri. Non si vedeva? Ci vuole molta disattenzione per far arrivare i
reparti speciali.
La depressione batte l’economia
Crotone,
solitamente adibita a fare l’ultima in classifica nelle graduatorie del “Sole
24 Ore”, che si tratti di reddito, dei servizi, o di qualità della vita, ha la
più alta concentrazione di potenza elettrica verde. 480 Mw di potenza
idroelettrica. Tre centrali a biomasse, per complessivi 76,5 Mw. Cento pale eoliche, per 300 Mw. Una centrale
a turbogas per 800 Mw. Nessun’altra provincia o regione ha una potenza verde
superiore a quella del crotonese, 1.666,5 Mw.
Il
crotonese produce inoltre, senza inquinamento, in terra e in mare, 2,5 miliardi
di mc l’anno di gas naturale, il 16 per cent del consumo italiano.
La
disponibilità di energia è sempre stata considerata la fonte primaria dell’accumulazione
e della produzione: della ricchezza. Un tempo nelle zone carbonifere, che
furono all’origine della prima rivoluzione industriale, in Inghilterra – e un
secolo dopo in Germania. Poi il petrolio, all’origine del miracolo americano.
Poi il nucleare – ancora Usa, con Giappone e Francia.
La
depressione del Sud è tale che nemmeno la disponibilità di energia può
scuoterla? Una rivoluzione al rovescio, che sovverte ogni principio di economia,
e la stessa storia economica.
La
mafia nana negli affari
Si attraversa Gioia Tauro, che da tempo
immemorabile non ha sindaco, ogni giunta comunale essendo regolarmente sciolta
per infiltrazione mafiose, un sindaco arrestato, sempre per mafia, i due enormi
centri commerciali sequestrati per mafia, come se si levitasse sul denaro. Città commerciale per eccellenza,
ventimila abitanti che pagano cinquantamila stipendi, tutti privati. Con lunghe
code alle ore di punta come per un qualsiasi centro d’affari.
Un nome e un luogo che certamente
illustrano Mandeville, il suo paradosso che i vizi privati diventano pubbliche
virtù ovvero dei “furfanti onesti”. Il privato è perfino fastoso, esibito, anche
bello. Il pubblico non c’è: non c’è l’ospedale, non ci sono marciapiedi, il
piano regolatore se lo fanno i costruttori – con abbastanza senno bisogna dire
– e lo sporchetto è ovunque, la noncuranza, la trasandatezza, Ma non è possibile che questa enorme
ricchezza, ancorché non dichiarata al fisco e non censita, sia di mafia. Non di
una mafia centralizzata, come vogliono le Procure antimafia, né di una mafia
diffusa: la mafia distrugge e non costruisce, accumula ma per nascondere e non
per esibire. Non bisogna sopravvalutare le mafie.
O anche: moltiplicando gli affari si
nanizza la mafia – gli invidiosi e i delinquenti sono ovunque.
Il sindaco carcerato è stato assolto, e
ha chiesto i danni.
Milano
Berlusconi
che fa di tutto per far perdere al suo schieramento senza di lui – inabilitato
– l’elezione in Sicilia data per vinta non è solo un caso di perfidia. È una
strategia molto milanese, abbattere la concorrenza. In Sicilia Berlsuconi
manovra contro i suoi dopo il caso macroscopico di Roma - ma anche di Torino.
Guido
Rossi, ex consigliere dell’Inter e avvocate d’affari dei Moratti, assegna lo
scudetto 2006 all’Inter, da presidente pro tempore della Figc, dopo aver
retrocesso la Juventus e stroncato il Milan. Conflitto d’interesse? No, Rossi
ha agito quale giudice intemerato.
Altrove
i giudici nelle sue condizioni si astengono, l’avvocato professore onorevole
Rossi no, Milano è sempre nel suo buon diritto.
Il
Moratti dell’Inter, uno dei fratelli della Saras, della quale Guido Rossi era
avvocato d’affari, dello scudetto regalato naturalmente non sapeva nulla: “Lo
sa che non ci siamo ma sentiti in quel periodo?” domanda ridendo. È ben
l’onestà milanese, ipocrita ma scoperta: una sfida.
“A
Milano lavori da Dio”, racconta uno spacciatore a Andrea Galli sul “Corriere
della sera”, trafficante di cocaina (“io importo grandi quantitativi, per lo
più di cocaina. Tratto anche l’erba ma i soldi li fai con la coca”): “È la
città perfetta, perché tutto tace e corre sotterraneo”.
Eugenio
Balzan, al cui nome gli eredi hanno intitolato la benemerita fondazione, fu per
una vita il direttore amministrativo del “Corriere della sera”. Che così lo
celebra: “Era puntiglioso, attento, potente. Sollevò Buzzati dall’incarico di
cronista scaligero per avere sbagliato il nome di una ballerina di fila”.
Applausi?
Montanelli
aveva già celebrato Balzan “in casa” al giornale: “Lì si faceva cucinare da una
tuttofare i suoi piatti preferiti, e lì dormiva in una stanza al piano
interrato, contigua alla sala macchine il cui notturno ronzio gli faceva da
sonnifero”. Magari non è vero, ma piace che sia così. Ma la sala macchine, che
quando esisteva faceva un frastuono intollerabile, anche questa i milanesi
idealizzano?
Strano
che Balzan avesse una famiglia, o degli eredi.
La Lomellina, ora apprezzata seconda casa dei
milanesi, un secolo fa, poco meno, trovava il suo unico elogio, un secolo dopo
il francese Stendhal, nel romanzo di un calabrese, Francesco Perri, “I
conquistatori”. Alle prime dieci pagine di questo romanzo dichiaratamente antifascista
nel 1926, sulle lotte agrarie in Lomellina, le più violente con quelle di Ferrara
e Rovigo, e sulla reazione squadrista.
Errori
madornali di gestione e molto malaffare (strane spese, vendite e abbonamenti
gonfiati), c’è ampia materia di scandalo al “Sole 24 Ore”. Ma tutto si riduce
al direttore del giornale, come se fosse lui l’artefice del malaffare e non,
probabilmente, la vittima. La Confindustria è coinvolta, il consiglio
d’amministrazione, l’amministratore delegato eil direttore generale, ma solo il
direttore del giornale si condanna. Perché si chiama – ed è – Napoletano.
Milano si assolve.
Terremoti, “storia di 70 anni di
sprechi”, titola il “Corriere della sera”, a partire da Caulonia nel 1947: “Dal
dopoguerra a oggi sono stati spesi 245 miliardi di euro”. Con effetti tardivi e
inadeguati, per la bassa qualità degli alloggi sostitutivi, i costi altissimi rispetto
a quelli di mercato, i ritardi, le truffe. “Colpa di ritardi, sprechi di ogni
tipo”, giudica il giornale, “infiltrazioni della criminalità”. Cioè del Sud.
Bisognerà difendere la criminalità organizzata?
Che c’entra il Sud con le ricostruzioni,
uno direbbe. Ma è così: mafie vuole dire Sud, e cosi si vorrebbe, nemmeno
surrettiziamente, che i ritardi di Amatrice, dell’Emilia, dell’Aquila siano
colpa del Sud. A chi giova? Probabilmente a nessuno, ma Milano ragiona così.
Ragiona così anche il Sud: è il Sud
milanesizzato?
Calabrian
Free Corps – 2
(segue)
“I
regolamenti del corpo specificarono nel 1809 che ogni soldato doveva ricevere
ogni anno una giacca di panno blu ricamato, un giustacorpo blu, un paio di
pantaloni di buona forte stoffa, un paio di ghette nere tre quarti, uno sciaccò
di feltro e una bustina di panno blu con decorazioni in cuoio. L’uniforme
doveva essere nello stile della fanteria leggera e dei fucilieri.
“Una
stampa francese del 1813-1814 mostra quale può essere stata l’ultima uniforme
del corpo, allora in servizio nel Sud-Est della Spagna: blu, inclusi i
pantaloni, con guarnizioni gialle al collo e ai polsi.
“La
prima uniforme del corpo fu probabilmente fatta in Sicilia, e viene riprodotta
in una stampa italiana del 1809-1811. Aveva una giubba blu aperta, coi bordi
gialli, con molti bottoni e trecce
sottili, un giustacorpo blu; un paio di pantaloni blu, e un berretto conico
rotondo a visiera alta. Con una larga falda
rivolta all’insù sul lato sinistro. Questa era l’uniforme del reggimento
quando partecipoò alla cattura di Santa Maura nelle Isole Ioniche, aprile 1810.
“Il
19 ottobre 1811 uniformi di tela e cappotti per 1.240 soldati di truppa e 100
sottufficiali furono spediti dall’Inghilterra alla Sicilia. L’uniforme
consisteva di giubba, pantaloni, mezze ghette,
sciaccò con bande e piume, l’abbigliamento del 1812. C’erano anche 20
spalline dorate per i sergenti e 10 yarde di filo d’oro per i galloni.
“Una
stampa Goddard pubblicata nel 1812 mostra un soldato semplice in quella che è
stata a volte interpretata come una giacca blu-verde, ma che deve essere intesa
blu, collo e polsi gialli, tre file di bottoni di peltro sul petto intrecciati
in un’unica fila in fondo e rifinite con filo bianco, pantaloni bianchi, mezze
ghette nere, sciaccò cilindrico nero, con banda di corno da caccia di ottone e
piuma verde, moschetto con bandoliera nera e cinturone di ottone.
“Lo
stile dell’uniforme può essere cambiato nel 1813. In un nota manoscritta alle
sue schematiche carte di uniformi a
stampa, stampate nel 1814, Charles Hamilton Smith aggiunse il “Corpo Calabrese
(così nell’originale, n.d.r.)”, “in giacca blu con collo e polsi gialli, bottoni bianchi in due
file sul petto, legati con nastro bianco, e pantaloni blu”. Un’ispezione del maggio 1813 riporta che gli
uomini indossavano vecchi pantaloni di “colori differenti, vale a dire blu,
verde, etc., perché le nuove non erano state mandate”.
“Per
i trombettieri, la spedizione del 1811 includeva 60 giubbe, consistenti in 80 yarde di tessuto
verde (1,38 yarde per giubba), 66 yarde di tessuto verde (1,1 yarde per giubba,
probabilmente per le finizioni), 276 dozzine di bottoni (55 bottoni per giubba), sei gomitoli di
lacci (presumibilmente 144 yarde di filo o cordone per gomitolo, dando 14.4
yarde di cordone per giubba), e un gomitolo (2,4 yarde per giubba) di
cordoncino verde.
Stando
alla stampa Goddard del 1812, gli ufficili indossavano giacche scarlatte con
collo, polsini e risvolti gialli, tre file di bottoni dorati sul petto, legati
da cordone dorato piatto, fascia cremisi, pantaloni bianchi, stivali neri,
sciaccò cilindrico nero, con piccole bande dorate e piuma verde. La giacca
scarlatta è molto inconsueta, e fu probabilmente infine cambiata per lo stesso
colore degli uomini di truppa”.
(fine)
leuzzi@antiit.eu