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Effimero - È un reagente?
Una coltura? L’essere? È l’effimero che dà senso alla natura e agli uomini. È
la nebbiolina che crea i miraggi, e non c’e altra veduta.
A
lungo l’apparenza fu ritenuta in antico una proprietà profonda, da Plinio,
Teofrasto, Dioscoride. Era segnatura,
in quanto indicava l’analogia, se non l’identità, tra il creato, piante,
animali, pietre, metalli, e il corpo umano, una filosofia del mondo. Ma è
dell’effimero come dell’uomo cavo scoperto da T.S. Eliot, che è un troppo
pieno. Di sé, della storia. Fino ad attuare il sogno di Carl Schmitt, del Don
Capisco professore all’università.
Essere – È non-essere,
certo, anche: se le antinomie non scalfiscono l’io - la coerenza (intelligenza)
- aiutano a tenerlo su, e anzi a costruirlo. Come tutto, si definisce per il
contrario, anche. È un essere-non essere, che altro?
Definire
è il problema, che non è propriamente essere, ma capire, classificare,
comunicare. Se l’essere non è comunicare – essere cognito.
Esistenzialismo –
“L’esistenzialismo tratta la vita al modo di un thriller”, Guido De Ruggiero,
“L’esistenzialismo”, 1942. Non un complimento nelle sue intenzioni, e tuttavia.
La filosofia viaggia al modo di un thriller, a meno che non si faccia a riprova
si un assioma o assunto.
Eroe - Molti
che si pensano eroi, produttori di miti oltre che di fatti, ne sono il
prodotto. Talvolta non voluto.
Filosofia – Si può fare
filosofia come Ninon de Lenclos, a letto. Morendo, Ninon lasciò la biblioteca a
Voltaire, che allora aveva dieci anni. O come Maupertuis, Cabanis e lo stesso
Condorcet, per stare in società. Helvétius unificò i due metodi, il bell’uomo
che s’allenava la mattina prima di colazione con le serve per servire poi le
dame del bel mondo, quando scoprì che la filosofia facilita il corteggiamento.
O si può farla con metodo omeopatico, alla Schopenhauer, il collerico Buddha occidentale
che ogni pensierino diluisce in cinquanta pagine. Lamentando l’impossibilità di
filosofare per “l’inquietante oscurità fatta di periodi
pesanti e interminabili” dei filosofi, “espressioni strane e ricercate, parole
inventate, per stupire il lettore e fargli credere che, quanto meno riesce a
pensare leggendo, tanto più avrà pensato l’autore”.
Per il
filosofo – Schopenhauer, chi altri ? - “c’è
più erba per i filosofi nelle valli della stupidità che sulle alture
dell’intelligenza”. Sarà dunque la filosofia fiuto. Non riflessione ma
l’ebrietà della mente, un profumo leggero, un sapore da disappetenti. Si può
dire la filosofia anoressica, perfetta sul nulla. Che è la sua vocazione
originaria, lo sa Condorcet
in Chi ha tradito la filosofia?: “I
saggi greci, che hanno preferito essere chiamati più umilmente filosofi, o
amici della scienza e la saggezza, si sono smarriti. Hanno trascurato
l’osservazione dei fatti per dare sfogo all’immaginazione. E, non potendo
poggiare le opinioni su prove concrete, hanno tentato di difenderle con sottili
argomentazioni”. Giocando con le parole “fino a esprimere, con uno stesso
segno, idee differenti”. Talvolta è servita: Euclide di Megara approfittava del
divieto imposto ai megaresi di recarsi in Atene per introdursi di notte a casa
di Socrate in abiti femminili. Ma per fare che?
Filosofia tedesca - - Voleva essere buona. Si attribuisce alla filosofia tedesca il
nichilismo che ci affligge. Ma da Kant a Novalis non voleva che l’unità delle
nazioni cristiane, una chiesa veramente cattolica. Il realista Hegel solo
introduce “serietà, sofferenza, pazienza”, e il recupero del negativo.
Gelosia – “La gelosia
esiste soltanto quando esiste il desiderio”, si trincera dietro
l’incontestabile lo scrittore Graham Greene in “La fine dell’avventura”, romanzo
di adulterio e gelosia, nel quale è più prodigo di sapienzialità – aggiungendo:
“Ma di un desiderio più vicino all’odio che all’amore”. Questa saggezza però
accosta a un altro tipo d verità: “Gli scrittori dell’Antico Testamento erano fanatici
dell’espressione «un Dio geloso», e forse era quello il loro rozzo modo
indiretto di esprimere la fede nell’amore di Dio per l’Uomo”. Rozzo, indiretto?
Ma il Dio geloso non va trascurato.
Giudizio – È il metro
della storia, e il reagente. Ne è anche l’artefice? Col senno di poi non si fanno errori. Ma la storia non esisterebbe,
non staremmo a raccontarcela.
Hegel – Fu filosofo
per essere pio teologo, e consolatorio: ha riportato Cristo in terra,
l’eternità nel tempo.
Male - Dopo l’incauto
Benjamin, si collega il male all’elemento artistico, se non estetico. Sia il
male privato che il politico, il totalitarismo: statue, inni, parate, mausolei.
Oggi twitter e la messaggistica,, tutta fulminante. Come i nanetti nelle case
delle democrazie. È possibile. I mormoni dell’Utah credono che la vita continua
in cielo, e dunque non è da escludere che l’evoluzione faccia di ognuno Dio, in
grado di crearsi un proprio mondo, con un’etica e un’estetica. Hitler potrebbe
avere anticipato questa evoluzione.
Modernità - Individuum est ineffabile,
questo caposaldo della letteratura romantica, che Goethe deve avere mediato da
qualche precettore pretastico, è solo vero. Lo era già dall’Umanesimo. Tuttavia
l’uomo moderno già in Goethe è uno che pensa male, lo diremmo un depresso
cronico, perché “pensa male di sé”.
Morte – Nessuno crede
alla propria morte, ovvero che ognuno è convinto inconsciamente di essere
immortale, sostiene Freud. Spiegando così le religioni, che nascono per consolare
l’uomo della morte, inventandosi vite ulteriori, nonché anteriori, tra
metempsicosi e reincarnazioni. Ma uno vive bene perché è precario, nasce cioè e
muore: i veri piaceri della vita, veri nel senso di appaganti, infanzia,
innamoramento, creazione, sono legati a questo ciclo. Con l’età e la morte va
la malattia, d’ordinario, e questo non è bene, il dolore consuma, ma è un altro
problema.
“La caducità è un valore di rarità”, altro
tema di Freud, invece è ben detto: il limite imposto al godimento lo
impreziosisce. Siamo abituati alla natura che si rinnova nelle stagioni, e alla
durata o permanenza dell’arte, quella della pietra fino a oggi, domani
dell’immagine e l’ombra, o della luce. Non si rinnova invece, e non dura uno
sguardo, un gesto. Ma la sua immagine sì, il ricordo. O la speranza, il
desiderio, il sogno a occhi aperti: sono la nostra natura e la radice
dell’ente, con la morte si convive.
La vita non è la casa di Swift, così
perfezionata nelle regole dell’equilibrio che se vi si posava un uccello
sarebbe crollata.
Paradiso – È terrestre: veniamo da un giardino sempreverde, di suoni armoniosi. Il mito
fondante dell’ebraismo, religione della colpa, e del cristianesimo, è un
paradiso terrestre, nel quale pure Dio passeggia, senza offesa. Ma dopo? È il
rivelatore, per contrasto, dell’ignoranza, risentita come colpa.
Tempo - Se
è vero che il divorzio tra tempo e eternità è incolmabile alla filosofia,
allora è la fine della filosofia.
Verità – Viene su molte bugie.
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