sabato 4 novembre 2017

Letture - 322

letterautore

Best-seller – “la Repubblica” incorona Brown e Follett “rockstar dei libri”, a Oslo, capitale dei Nobel. Rockstar modeste: “Il segreto del bestseller?”, si schermisce Dan Brown, “la vita senza parti noiose”. Lui farcisce le sue deboli trame di parti noiosissime: solo che si possono saltare. Il segreto del bestseller non sarà ch si può leggere in fretta, saltando senza nulla perdere?

Follia – “I giorni in manicomio sono stati tra i più felici della mia vita. Comunicavamo solo per iperboli. Lì dentro non c’era l’io. A differenza degli attori di teatro, i pazzi veri non si immedesimano nel personaggio. Sono smedesimati. E così fanno venire a galla l’illusione del dialogo, la fragilità del linguaggio” – Carmelo Bene, in “Tracce di Bene”, il docufilm di Giuseppe Sansonna.

Giallo – “Sembra il gusto di godere  indirettamente dell “assassinio come arte”, per dirla con De Quincey” – P.D.James, “A proposito del giallo”.

Un teatro di Pulcinella, Dorothy Sayers lo divisava con una corrispondente – con in mente perfida Agatha Christie: “Al momento – la moda del giallo è presentare personaggi credibili e vividi, non  stereotipati; ma nemmeno studiati in profondità: persone che vivono più o meno al livello emotivo di un Pulcinella”.
Dorothy Sayers è la scritrice stroncata - lei per il tutto, per il genere giallo - da Edmund Wilson nel famoso libello “Who cares who killed Roger Ackrohyd”, chi se ne frega chi ha ucciso R.A.
Wilson resterà l’unico critico serio che si occupa del giallo, genere superficiale. Il suo studio di D.Sayers fu concepito e pubblicato – il 20 gennaio 1945, sul “New Yorker” – con la guerra ancora in corso e in bilico.
Su Sayers pesava anche il passato accademico, a Oxford, e la professione di  teologa, per di più cattolica.

Di suo, Sayers vuole il giallo “una fonte di riflessione sulla coscienza della società”. In effetti, così è letto.
Il lettore italiano si ritrova (Manzini, Malvaldi, Faletti) in un mondo di frustrati autodistruttivi (drogati, sciocchi, semplicioni), sipmpatici proprio per dover essere.

Giovani – Sono la chiave del successo letterario, più delle donne? Era l’opinione di Conan Doyle e di Kipling. Conan Doyle si autocongratulava con un corrispondente per la sua propria “fortissima influenza sui giovani, specie sui giovani sportivi, più forte di chiunque altro in Inghilterra, eccetto Kipling”. Con i giovani sportivi di oggi, però, certamente Conan Doyle non sarebbe “esistito”.  

Italiano – Nasce circonvoluto, come da chiacchieroni inesausti, inesauribili. In Dante e Petrarca no, erano latinisti. Ma in Boccaccio? Anche Boccaccio era latinista, però non ha la battuta pronta – ce l0avrà ma non la fa: si ride delle situazioni. Di più avverrà coi novellieri. E poi con gli storici, Machiavelli compreso, che pure aveva le idee chiare. Vico così si pronuncia contro i complicatori, “La Scienza Nuova”, § 370: “Ma siccome ora (per la natura delle nostre menti, troppo ritirata d’ sensi nel medesimo volgo con le tante astrazioni di cui son piene le lingue con tanti vocaboli astratti, e di troppo assottigliata con l’arte dello scrivere, e quasi spiritualezzata con l’arte de’ numeri, che volgarmente sanno di conto e ragione) ci naturalmente niegato di poter formare la vasta immagine di cotal donna che dicono «natura simpatetica» (che mentre con la bocca dicono, non hanno nulla in loro mente, perocché la lor mente è dentro il falso, ch’è nulla, né sono soccorsi dalla fantasia a poterne formare una vasta potentissima immagine) così ora ci è naturalmente niegato di poter entrare nella vasta immaginativa di que’ primi uomini, le menti de’quali di nulla erano astratte, di nulla erano assottigliate, di nulla spiritualezzate, tutte rintuzzate nelle passioni, tutte seppellite ne’ corpi, onde dicemmo sopra ch’or appena intender si può, affatto immaginar non si può,come pensassero i primi uomini che fondarono l’umanità gentilesca”.
Un indovinello – si tratta della magia? In quale altra lingua si potrebbe essere così concettosi? Va bene che Vico, contrariamente all’opinione comune, era contro la concisione, come Fausto Niccolini ha spiegato abbondantemente, da editore di una delle tante versioni della “Scienza Nuova”: “La parola «concisione» assumeva spesso nel Vivo un significato non estetico, anzi gretto, meccanico e addirittura commerciale: «esser conciso» valeva per lui quanto riuscire a fare entrare tutta la Scienza nuova in un libretto di dodici fogli di stampa. Abilità da compilatori”. Ma è forse qui la ragione per cui le humanities italiane, dopo il Cinquecento, forse dopo Galileo, non hanno eco.

Latino - “La questione della religio non si confonde semplicemente, se si può dire, con la questione del latino?”, argomenta Derrida nel 1999 nel seminario a Capri sulla religione - “Fede e sapere”. Dopo aver rilevato che “il mondo oggi parla latino (più spesso attraverso l’anglo-americano”-  Lo ha rilevato in fatto di religione, parola e concetto tutto latino, ma poi degli altri linguaggi fondamentali, giuridico, filosofico e anche scientifico e “ciberspaziale”, tutti legati originariamente alla religio. Lo rilevava quando già l’Europa e la stessa cristianità romana avevano da tempo e con determinazione rinunciato all’eredita latina.

Lutero – “Contro Lutero e il falso Vangelo” apre la “Domenica” del “Sole 24 Ore”. È una pubblicità, ma impositiva. Mentre all’interno il cardinale Ravasi santifica l’ex monaco agostiniano anche nei rapporti con la moglie: “La santa moglie di Lutero”. Non ebbero figli, è vero.

Michelangelo – Savonaroliano lo scopre Giulio Busi nella nuova biografia, “Michelangelo. Mito e solitudine del Rinascimento”. Senza speciale fiuto, semplicemente leggendo la medaglia dimenticata che a lui dedicò Leone Leoni nel 1561, per i suoi 86 anni. Sul retro è un Michelangelo di profilo a corpo intero, illustrato col Salmo 51 (50), il “Miserere”, lo stesso a cui Savonarola si applicò da ultimo in carcere nel 1498, prima dell’esecuzione. Michelangelo se ne tenne lontano, anzi a fine Quattrocento sul fronte a Roma dei persecutori del monaco. Ma visse con la stessa intensità. Seppure, spiega Busi surrettiziamente, con una sorta di opportunismo – era anche del monaco? “Non una via solamente, ma molte vie”, scrive Savonarola leggendo il Salmo in rapporto a san Paolo, sono aperte per la salvezza.

Mille e una notte –Erano per Stendhal, e anche per Hofmannstahl, “un libro che fa della prigione il più libero dei soggiorni”.

Postumi – Sono in voga, Ida Bozzi ne può fare un rilevante censimento su “La Lettura”. Omettendo Morselli, il postumo più postumo del secondo Novecento italiano. Un lapsus? Dannato anche nella memoria, non essere stato “in linea”.

Traduttore – Un assassino? “Ogni scrittore va trattato come un autore morto”, sostiene Elena Kostiukovich, di suo traduttrice, di Eco, parlandone con Caterina Bonvicini sull’“Espresso”: “Un bravo traduttore non deve farlo diventare troppo umano”. Una traduttrice che però ebbe lunga familiarità con Eco: voleva solo dire che il traduttore non deve opprimere l’autore con i “cosa intendevi?”.  

letterautore@antiit.eu

Chi uccide Regeni

Dunque, non era vero. Carlo Bonini e Giuliano Foschini hanno invaso “la Repubblica” con la storia che Giulio Regeni è stato vittima della sua tutor, “un’attivista”. E di un’università, Cambridge, covo di spie. Ma per “attivista” dando una professoressa che di Regeni era la supervisor, e stava a Cambridge. La tutor, una del Cairo, è un’altra, un’arabo-americana, che oggi rimette sul “Corriere della sera” le cose a posto.
La tutor dei due articolisti, in realtà la supervisor, quella che ne seguiva a Cambridge il dottorato,  ha preso un anno fa un anno di aspettativa e si rifiuta di parlare con gli italiani. Tuttora si rifiuta. Anche la tutor, al Cairo, si è rifiutata, fino a oggi. Si può comprenderle. Parlare con gli italiani è consegnarsi alla gogna. Al ludibrio, altro che Weinstein.
Inaffidabili sono per prassi i giornalisti. Ma nel caso dell’Italia anche i giudici. E ora pure i diplomatici. Sono loro che alimentano l’indisponibilità delle due professoresse a fare i talk-show come un indizio di colpa. L’ambasciatore a Londra Terracciano, non uno sguarnito primo segretario d’ambasciata.  
Ma, poi – la tutor, o la supervisor - attivista di che? Dei Fratelli Mussulmani, si insinua, nemici dell’attuale regime egiziano. Il che non è, non può essere, non a una università inglese (ma è americana) del Cairo. Il governo italiano tenta di spostare le responsabilità, per poter riprendere i rapporti con Al Sisi, ma il giornale, e i giudici?
Singolare la trepida attesa della madre di Regeni, che la professoressa sia colpevole, e che Cambridge sia un covo di spie. Voglia di protagonismo, da ubriacatura post-talk-show – le droghe danno assuefazione? Il rispetto del figlio vorrebbe che egli sia quello che è stato: una vittima della polizia segreta di Al Sisi. 

L’illusione di Lucy-in-the-Sky

L’Lsd, che l’uno ha inventato e l’altro ha voluto provare, è una piccola parte della corrispondenza. Edita già in medias res, una cinquantina d’anni fa, quando l’Lsd mieteva vittime, in un famoso volumetto, una delle prime cose di Marcello Baraghini e Stampa Alternativa. Qui Jünger scrittore emerito, e Hofmann, vero svizzero, visionario pratico, chimico di punta della Sandoz, inventore dell’Lsd, il composto psichedelico, che  fa viaggiare la fantasia, si scrivono di tutto, le famiglie, le signore, le feste, le mostre e le letture, i doni scambiati, e ogni altra familiarità. Insomma, tranquilli padre di famiglia.
Alla parte Lsd, l’epoca sarà stata della libertà su cauzione. Albert Hofmann faceva assaggi con Jünger, il chimico delle passioni, che viveva a Wilflingen nell’Alta Svevia ospite degli Stauffenberg, patrocinati dall’industria delle droghe elvetica, che aveva già esplorato gli sciamani e i funghi di Castaneda, al fine di creare sostanze per la mutazione delle coscienze sul modello di Eleusi, dove il fluido iniziatico si estraeva dalla segale cornuta, ed era nato l’Lsd. Potrebbe già “Castaneda” essere stato un chimico filosofico della Sandoz? La Sandoz sosteneva pure Michaux, il poeta belga. Se n’era fatto quindi il libro sull’Lsd, in cui il dottor Hofmann si presentava convinto, tecnico, impegnato al bene dell’umanità. Ma se ne occupava anche la Ciba, con altre industrie farmaceutiche, e si facevano viaggi di studio e convegni.
Lsd, il nome si fa venire dalla canzone dei Beatles “Lucy in the Sky with Diamonds”. Ma non era vero il contrario - senza spese per la Sandoz? Alla fine, o al fondo, l’uomo è convinto che l’industria ha ragione.
Questo è un volume buldozzerianamente erudito del Literaturarchiv di Marbach, che custodisce meritoriamente le carte di molti scrittori tedeschi, con un nugolo di curatori. Non inutile, poiché la parte sull’Lsd si rilegge con altro senso. Un volume anche di culto, per i cultori della psichedelia – che però è in abbandono. O allora un altro aspetto della figura di Jünger, che tarda a emergere, specie in Germania, ma resterà forse il gigante del Novecento tedesco.
Provare la droga è un classico della “esperienza” tardo ottocentesca europea, sulla traccia di Baudelaire, Nerval, e il maledettismo. Ci provarono, per descriverne gli effetti, Benjamin e Aldous Huxley, oltre all’“antropologo” “Castaneda”. E per consumo privato, o modica quantità, per passatempo, o per “fare esperienza”, innumeri scrittori, da D’Annunzio fino a Elsa Morante – alla quale si devono due poesie nel nome dell’Lsd, “La sera domenicale”, “La smania dello scandalo” (edite sotto il titolo “Il mondo salvato dai ragazzini”).
Jünger fu un cultore si può dire costante della materia, senza farsene sopraffare. La raccontò e la sperimentò più volte, specie nelle forme originarie, naturali e non chimiche - la mescalina, il peyote, i funghi, quelli allucinogeni sono almeno duecento, le muffe. Curioso ma sempre cauto, molto. Solo si sbilancia sul trascendentale: “La conoscenza trascendentale oltrepassa la teologia e si situa nel capitolo della teogonia, perché ci introduce inevitabilmente in una nuova dimora, in senso astrologico” - che non significa nulla. Dopo aver accettato la corrispondenza, nel 1948, con un diniego: “Ho lasciato alle spalle da tempo i miei studi concreti in questo campo. Sono esperimenti in cui prima o poi ci si avventura in sentieri davvero pericolosi, e possiamo considerarci fortunati se ne sfuggiamo solo con un occhio pesto”. Profondendosi in un elogio del tè, e del caffè. Al contrario di Hofmann, che la droga sintetica, Lsd e derivati, dice migliore, a fini di elevazione, che i funghi della terra.
Ma può anche rifarsi a Goethe: “Se l'occhio non fosse solare,\ non potrebbe mai guardare il sole.\ Se la potenza della mente non fosse nella materia\ come potrebbe la materia turbare la mente”.  E a Gottfried Benn saggista, post-hitleriano, di Vita provocata”: “Dio è una sostanza, una droga!”.
Ernst Jünger-Albert Hofmann, Lsd. Carteggio 1947-1997, Giometti & Antonello, pp. 184 € 21

venerdì 3 novembre 2017

Come affossare la Banca d’Italia

Per salvare Visco affossare la Banca d’Italia? L’arrocco dei benpensanti sul governatore uscente sta avendo l’effetto di devitalizzare l’istituzione: a meno di un colpo di coda, Visco e i suoi collaboratori al vertice usciranno colpevolizzati dalla Commisisone parlamentare sulle banche. Le loro rappresentazioni e precisazioni sono state finora deboli. Le critiche al loro operato si estende, in Comissione e fuori, a tutto lo spettro politico.
Troppe incertezze. Qualche omissione. Troppi funzionari passati, con mogli e parenti vari, al servizio delle banche da vigilare.
L’arrocco è stato voluto da Draghi, di cui Visco è il delfino. Ma anche di Draghi viene sub iudice il controllo con troppi buchi di Monte dei Paschi di Siena, una catastrofe annunciata. Perfino in operazini di ricopertura – scritture contabili – false. Di questo non si è occupata finora la Commissione parlamentare, ma l’inchiesta penale a Milano è già avanti.
Di una istituzione come la ex banca centrale è peraltro importante la reputazione, e questa è compromessa. Un qualsiasi sondaggio non può che registrare la impressione che la riconferma sic et simpliciter sia stata una copertura. 

Ombre - 389

Si diventa cittadini americani per caso, restando sconosciuti. Il paese delle mille polizie, e degli interrogatori minuziosi al visto, non chiama i vincitori delle green card, così, anche solo per informarsi: come si chiamano, cosa fanno.

Siamo tutti in tutti il mondo controllati online dalla National Security Agency americana, ma per quale scopo? Se terroristi e malfattori possono comunicare tra loro online senza mai essere scoperti, neppure per caso.

Singolare occupazione dei maggiori media anti-Trump, e i più qualificati, “New York Times”, Cnn, “Washington Post”, da parte di ex spie e polizie speciali o servizi segreti. In veste di consulenti o informatori. È cambiato il galateo politico, le spie sono ora onorevoli (oneste, corrette, affidabili)? O sono cambiati gli Stati Uniti?
Che però è la stessa cosa. No, il problema è: che informazione è?

Si impancano a osservatori speciali spie e agenzie che non hanno saputo prevedere niente – la vecchia Cia, la nuova Nsa che ci spia tutti. Dall’11 settembre, la peggiore sconfitta militare americana, all’attacco ai ciclisti di New York. A opera di islamici sempre liberissimi di viaggiare negli Usa.  

Trionfale Gaggi sul “Corriere della sera” a proposito dell’ex capo della Nsa, quello che ci ha spiati tutti con la scusa dei terroristi: “Per decenni anima oscura e silenziosa dello spionaggio, incarnazione del deep state, il cuore del sistema americano, da alcuni mesi Clapper fa una cosa per lui innaturale: parla coi giornalisti”. Senza dire che si fa pagare per questo. Senza chiedergli conto di ciò che dice, ora e non prima.
Non è solo l’America ad aver perso il senno.

Oppure - l’America avendo sempre ragione - oggi bisogna essere un  po’ spia per essere buon democratico negli Usa. 

Cia e Fbi continuano a tenere segreti molti documenti sull’assassinio di Kennedy, malgrado l’ultima liberalizzazione degli atti. Non sono stai capaci di prevedere l’11 settembre, nemmeno vagamente, a opera di arabi americanizzati da tempo. E ora alimentano la campagna anti-Trump, un presidente eletto. Ma sono i beniamini dei Democratici, e dei media. Una democrazia che si regge su servizi segreti, per giunta incapaci o collusi?

“Bufera al Comune di Torino”, “Il caso Torino fa tremare i 5 Stelle” – Un capo di gabinetto che si dimette per aver fatto un telefonata inopportuna non è più titolo di merito, ma di vergogna. Uno si chiede come “ragionano” i giornali, e forse per questo la gente vota Grillo.

“Non siamo un tribunale, ma sta emergendo una rete di anomalie e complicità”, Casini, presidente Commissione parlamentare banche. Come non detto, Banca d’Italia come prima.
Non è nemmeno che “ce lo chiede l’Europa”, è proprio incapacità di decidere.

“La cronaca della liberazione” di Raqqa, capitale dei mozzateste Is, è una foto di sei modelli esultanti, disposti a rombo come nelle foto canoniche della guerra bella, bandiere al vento, docciati, messa in piega di parrucchiere, barbe spuntata con le forbicine. La guerra “americana” è dura a morire.

Trentamila ebrei son tornati a Berlino, documenta sull’“Espresso” Wlodek Goldkorn  in un reportage. Da Israele, non da un qualsiasi ghetto. Qualcuno a titolo di risarcimento, perlomeno così dice – “ci riprendiamo un po’ di quello che ci hanno tolto”. In realtà perché vi si ritrovano, non hanno mai smesso di essere tedeschi.

L’Asia ha più miliardari degli Stati Uniti. La Cina ne ha altrettanti quanti gli Stati Uniti. La Lunga Marcia è compiuta. Anche il sorpasso di Krusciov, seppure via Pechino – il sorpasso della superpotenza capitalistica.

L’ora solare, un’ora di sonno in meno, rende più aggressivi. Subito – gli americani lo hanno misurato statisticamente: del 3 per cento, il giorno dopo si fanno più liti e più danni. Ci sacrifichiamo per che cosa?

Il governo spagnolo fissa le elezioni in Catalogna al 21 dicembre. Mattarella scioglierà le Camere il 4 gennaio. Andreotti voleva abolire la Befana. I politici democristiani non hanno alcun rispetto per le feste religiose.

Un diritto penale che tuteli il risparmio e governi il credito, secondo il dettato costituzionale. È quello che chiede alla commissione parlamentare sulle banche il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Luigi Orsi. Ineccepibile, ma cose si fa? Troppo semplice.

Un ripasso celestiale

La presentazione è terroristica – ansiogena – ma è una sorta di libro degli amici. Per interposto autore: scrittori, pensatori e altre bestie parolaie. Specie tra le due guerre. Anche allora si costeggiava la catastrofe senza avvedersene – ma questo non è molto vero: la gente non timorata di Dio, Céline per esempio, sapeva cosa si preparava, e lo diceva inascoltato, per quanto si agitasse. Ma gli aneddoti, le letture, ricostruiti gli uni, le altre ricercate (testi perduti, o sparsi, lettere, appunti) sono straordinariamente vivi. E più dei destorsi e paranazisti che sarebbe opportuno tenere in punta di bastone, Drieu, Céline, e nel loro piccolo Jünger e C.Schmitt. O di autori incompiuti, René Daumal.
Le frasi famose non mancano, da vero “libro degli amici”, anche se senza dediche.
Calasso è sconcertato dalla contemporaneità. Come tutti, effetto forse dell’età propria più che di quella storica. Ma lui di più. Evoca gli anni “tra il 1933 e il 1945” quando “il mondo ha compiuto un tentativo di autoannientamento parzialmente riuscito”. Ricorda e celebra “L’età dell’ansia”, il poema di Auden, che però è del dopoguerra, anzi della ricostruzione, 1947, e sconfessa l’industrializzazione che si preannunciava – una catastrofe? Un po’ di misoneismo c’entra, come sempre nel Floor and Dom,   che non paga dazio. “Turisti, terroristi: categorie ubique calamitanti”? O il turismo col porno: “La convergenza delle culture verso l’unità si verifica nel turismo e nella pornografia”. Mah! Questa convergenza si verifica da tempo nel lavoro in fabbrica, nei film di Hollywood, nelle diete alimentari – e nei bestseller no, nell’industria editoriale? Épatant, certo, e poi? O Chalmers, citato per “l’epilogo della synopsis del suo prossimo libro”. Un’anticipazione terrificantemente solo ambigua: “Mind starts bleeding into the world”, la mente comincia a stingere, oppure la mente comincia a sanguinare. Il primo è come l’intende Chalmers, precisa Calasso, il secondo è “ciò che accade”. Chalmers chi, David? Ciò che accade? Ma le letture sono affascinanti.
L’autore è qui nella veste del giusto, lettore onnivoro, di vecchi amici, comunque frequentazioni, che non giudica e manda: trasceglie, espone. Si è incuriosito e ci incuriosce. Come già nella memoria dell’anno precedente, “Il cacciatore celeste” – più impegnativa quella, sui miti e i loro sacerdoti, ma pur sempre un ripasso.
Roberto Calasso, Il cacciatore celeste, Adelphi, pp. 192 € 20

giovedì 2 novembre 2017

Berlusconi redento contro Grillo - 25

Lunedì potrebbe essere quello che ha domato i 5 Stelle, dopo aver domato Lega e Msi-An, riconducendole a forze di governo, (più o meno) responsabili..Berlusconi va a vincere le elezioni, benché impresentabile nel senso vero della parola, personalmente non candidabile. In Sicilia e anche a Ostia. Il misirizzi di sempre, che si sapeva, ma sempre con una novità, questa volta doppia: ridimensionare i 5 Stelle, ridare ruolo e voce al centro-destra, dopo averlo instancabilmente affossato negli anni della disgrazia penale.
Si vedrà domenica quanto valgono i 5 Stelle nel voto. Sarà difficile per il movimento ottenere il terzo dell’elettorato che i sondaggi gli accreditano. Sarà difficile anche il 25 per cento del 2013, al gigantesco voto di protesta-con-gigantesca-astensione dopo i papocchi governativi di Napolitano. Sicuramente non avrà a Ostia il 75 per cento del voto che Berlusconi volle avesse all’elezione di Virginia Raggi. E nemmeno la metà del 75 per cento.
Roma e Torino, i grandi successi dei 5 Stelle dopo il papocchio del 2013, sono dovuti a Berlusconi. Il fatto si tace per creare lo spauracchio Grillo, anche per odio a Berlusconi, ma è avvenuto. In un disegno strategico nemmeno occulto: Berlusconi a Roma, non potendo fare campagna e non avendo un candidato, silurò Giorgia Meloni, impedendole di andare al ballottaggio, con candidature di disturbo. E al ballottaggio fece votare Raggi - che raddoppiò i suffragi, esito incredibile in un voto a doppio turno. Lo stesso a Torino: non fece andare al ballottaggio il suo candidato, che era della Lega, e al secondo turno fece risuscitare Appendino contro il già vittorioso Fassino. .  
Impossibilitato legalmente a candidarsi, in fondo per indegnità, si sarebbe detto Berlusconi perduto alla politica. Invece in qualche modo ritorna, vincente – a Ostia e in Sicilia si vota domenica, ma l’ennesima vittoria elettorale di Berlusconi sembra acquisita. Senza di me, è come se avesse detto ai suoi, non siete nulla. E così è stato – solo dove Berlusconi in quache modo è intervenuto personalmente, benché impossibilito giudizialmente, al voto per Milano, il centro-destra ha dato manifestazione di vita.
La conferma di questo suo ruolo, di “Augusto” e insieme di domatore del circo politico, fa emergere due limiti. Gli impulsi distruttivi della Lega sono oggi con Salvini altrettanto virulenti che venticinque anni fa con Bossi: l’addomesticamento è riuscito a metà. Per quanto lo riguarda personalmente, Berlusconi, mago del voto, non è poi stato, nei tanti governi che ha presieduto, capace di governare. Potrebbe questa volta, da esterno, fare in Sicilia un governo che governa – e a Roma, se manterrà il favore dei sondaggi? Questo è più dubbio. Però, ancora è qui.  Perfino gigantesco, in una gulliveriana con gli altri capipartito. 

Problemi di base sinistrorsi- 367

spock

Panza unica, pensiero unico: l’unificazione del pensiero passa per la cucina fusion?

Essere di sinistra è crederle tutte?

O navigare sott’acqua - sotto Putin, Trump, Merkel, Macron, Gentiloni, e magari Berlusconi?

Per riemergere a Pechino – la sinistra s’intende – con le occhiute polizie?

Si fanno crociate contro il gioco legale, e per il fumo legale?

Dunque, lo Stato ci deve suicidare?

Per legge – è il tempo delle leggi liberticide?

Impresentabili: la corruzione ha battuto la mafia?

spock@antiit.eu

Compagno De Martino, a noi la magia

Tre saggi sul “problema dei poteri magici” – nel quadro sempre di una storia della magia che resterà al fondo del percorso dello studioso: “Prolegomeni a una storia del magismo” è il sottotitolo. Introdotti da un lunghissimo saggio di Cesare Cases, che non c’entra nulla con la magia, ma ha – aveva – il compito di travasare De Martino e l’etno-antropologia nel Pci, tagliandone le radici storicistiche, e anche il tronco. Benché rinvigoriti, tronco e radici, alla fonte, a palazzo Filomarino, a diretto contatto con Croce. Sembra una “sistemazione” d’altri tempi, ed era ieri – e ancora si pubblica.
L’opera di Cases è imposssibile perché De Martino debutta col proposito di fondare una “etnografia storicistica”: “Il mondo magico costituisce un eccellente agone in cui il pensiero storicistico può cimentare se stesso, e conquistare combattendo una più larga coscienza delle proprie possibilità e delle proprie virtù”. La prefazione di De Martino alla prima edizione è un omaggio a Croce, col proposito di sceverare il “vero storicismo”. Su una traccia molto poco materialistica: “Una storia del magismo costituisce un contributo alla formazione del neoumanesimo moderno”. Ci riesce? Malgrado i ripensamenti successivi, sì. La sua è una storia vera, anche se, come dirà venti anni dopo (“Magia e civiltà”), l'operazione è complessa.  
Cosa ne resta?  La capacità di De Martino di mediare un grandi filone culturale nuovo e nuovissimo per l’Italia – oggi non c’è molto di più. E la sua intuizione, che ritorna in ogni suo scritto, del legame dei "poteri" magici con quelli religiosi, anche delle religioni rivelate, e perfino delle testamentarie. 
Ernesto De Martino, Il mondo magico, Bollati Boringhieri, pp. LV-305 € 16

mercoledì 1 novembre 2017

Problemi di base destrorsi - 366

spock

Sale la destra, con o malgrado Berlusconi?

Ma Berlusconi non era stato condannato, e anzi degradato, da Grasso?

Ora, Grasso era stato nominato nel 2005 Procuratore Antimafia dai berlusconiani, in violento contrasto con Caselli: è correo?

Chi è presentabile, e chi no, decide Rosy Bindi?

E il Procuratore Creazzo, che incrimina Berlusconi in Sicilia sotto elezioni nell’isola?

Quando la giudice Principato fece perquisire la massoneria per collusione con Berlusconi gli consegnò la Sicilia tutta, Creazzo vuole imitarla?

Basta la vanteria di un “traggediatore”, quando è sicuro di essere ascoltato, per incriminare una persona?

Un mafioso che accusa non deve provare le sue accuse?

La calunnia non è più reato, non per i mafiosi?

spock@antiit.eu

Giallo è il compito in classe

“Il nostro interese va al margine pericoloso delle cose,
Il ladro onesto, il tenero omicida,
L’ateo superstizioso” (Robert Browning).
Con questa citazione la baronessa inglese del giallo, morta tre anni fa, apre il suo testamento, un trattatello del giallo inglese. Con poco altro: Ross Mc Donald (tacendone peraltro la moglie Margaret Millar, la maggiore autrice di mistery) e un tributo allo hardbolied americano. Ma con pareri sconvenienti.  
Un giallo del giallo, volendo: che cos’è il giallo? Il mistero è diffuso nei romanzi. L’autrice torna spesso su Trollope, e su Wilkie Collins, che non si voleva scrittore di mistery. Su Dickens naturalmente. E, sorpresa, a lungo su Jane Austen. E allora, Dostoevskij? E Flaubert, perché no. Perfino Henry James ci può stare, la coperta è elastica. Ma non senza ragioni. Sottili, anche se in realtà bisognava solo pensarci: il procedimento è quello del compito in classe, il probllerma e la sua soluzione-  che in matematica è una, nel racconto multipla.
C’è anche un po’ di storia. A partire da “Caleb Williams”, 1797. Con le “Quattro soluzioni” di Poe. Le prime donne detective. E prima ancora le donne gialliste. In parallelo con la loro ritardata entrata nelle università – Dorothy Sayers - ma con impronta subito cospicua sul mercato: Agatha Cristie, Ngaio Marsh, Margery Allingham.
P.D.James, A proposito del giallo, Oscar, pp. 169 € 11

martedì 31 ottobre 2017

Il mondo com'è (322)

astolfo

Ebraismo - Israele viene “utilizzata” come potente intermediario presso Washington, anche da paesi ostili da lunga data, oggi la Siria e la Russia, presso gli interessi finanziari, editoriali e politici della comunità ebraica americana, sul presupposto che ci sia una tale comunità di interessi, unita, e che essa abbia grande, se non determinante, influenza sul governo federale Usa. In un sorta di nemesi dei “Protocolli di Sion”, il complotto ebraico mondiale vangelo dell’antisemitismo, che ad esso si alimenta da un secolo e mezzo: che i “Protocolli” portino al riconoscimento della ragione d’essere, ed alla ricerca dell’amicizia, di Israele.
L’idea stessa di Israele è nata, proposta il 2 novembre 1917 dal governo britannico (la Dichiarazione Balfour, da Lord Balfour, il capo all’epoca del Foreign Offce, che ora i Palestinesi chiedono a Londra di rimangiarsi, in occasione del centenario del documento) sul presupposto che la comunità ebraica americana avesse poteri di convincimento e pressione sul governo di Washington, per far partecipare gli Stati Uniti fattivamente alla guerra. La decisione, presa dal gabinetto britannico il 31 ottobre,  prese la forma il 2 novembre di un lettera pubblica di Arthur Balfour a Lord Rothschild, del ramo inglese del casato di banchieri, in quanto rappresentante della comunità ebraica a Londra e del movimento sionista, che impegnava il governo britannico alla creazione di un “focolare ebraico” in Palestina. Questo in vista di una spartizione dell’impero ottomano, e come incentivo all’impegno degli ebrei americani per un intervento degli Usa in guerra accanto alle forze dell’Intesa. La guerra era stata dichiarata il 2 aprile dal Congresso, a seguito della generalizzazione, a partire da febbraio, della guerra sottomarina tedesca ai trasporti transatlantici, ma non c’era preparazione militare e il governo federale non ne faceva una priorità.
Più recentemente, perfino l’Iran khomeinista farà ricorso a Israele. Con l’adozione del piano israeliano Iran\Contra,, l’ingegnosa triangolazione per cui gli Hezbollah libanesi, longa manus di Teheran, rilasciavano sette ostaggi americani, in cambio di forniture militari americane all’Iran, allora in guerra contro l’Iraq, con lintesa che il ricavato della vendita segreta andava devoluto alla formazione e all’armamento degli oppositori, il “contra”, del socialisteggiante regime sandinista in Nicaragua. Teheran puntava su Israele anche per riallacciare i rapporti in qualche modo con gli Usa.

Sull’onda dell’accordo Iran\Contra, segreto ma non tanto, anche Saddam Hussein (Iraq) e Gheddafi (Libia) cercarono una mediazione israeliana con Washington, dove il presidente Reagan li teneva nella categoria degli “Stati del male” – e continuò a  tenerceli, con sanzioni e minacce, anche perché l’Iran\Contra era stato intanto scoperto e denunciato, e un grave scandalo si era creato.

Il “mondo ebraico”, anche quando non era raccolto attorno al sionismo, e poi a Israele, è stato a lungo corteggiato da infiniti potentati e governi, anche arabi, come chiave di accesso alla superpotenza che decideva i destini del Medio Oriente: prima la Francia e la Gran Bretagna poi, dopo la guerra di Suez, gli Stati Uniti. Per prime, documenta Daniel Pipes, lo storico del Medio Oriente, in “Conspiracy”, il saggio sul complottismo o “sindrome paranoide” in politica, sono state la Gran Bretagna e la Germania a corteggiare il notabilato ebraico e l’incipiente sionismo come chiave d’accesso a Washington, perché entrasse, o non entrasse, in guerra, nella Grande Guerra. Lloyd George, prossimo premier, nel 1915 si disse favorevole, non sollecitato, a uno Stato sionista in Palestina. Pochi mesi dopo, l’11 marzo 1916, un documento del Foreign Office disse un settlement sionista in Palestina un utile strumento per mobilitare favorevolmente “le forze ebraiche in America e all’Est”, in Russia. Il 18 marzo Mark Sykes, il direttore generale di Balfour, futuro definitore della geografia politica mediorientale con la fine dell’impero ottomano (accordi Sykes-Picot), proclamò in un documento interno, a uso delle ambasciate, “i sionisti la chiave della situazione”: “Se i sionisti riterranno la proposta sufficientemente buona ci vorranno vittoriosi. – e se ci vorranno vittoriosi faranno del loro meglio, il che significa che vorranno: (A) calmare le loro attività in Russia, (B) pessimizzare in Germania, (C) stimolare in Francia Inghilterra & Italia, (D) entusiasmare negli Usa”. Un documento non lusinghiero, col sottinteso che gli ebrei sono una lobby, se non la potenza del mondo, ma significativo. 
Il Foreign Office era all’opera da tempo , già dal 1915, per allargare la sfera dei possibili alleati contro le potenze centrali. Tra gli arabi, per minare l’impero ottomano, e tra gli ebrei, con riguardo agli Stati Uniti e alla Russia.
Dopo la guerra, re Feisal di Siria cercò l’appoggio dei sionisti per avere l’indipendenza senza protettorato dalla Francia. A questo scopo, dopo vari incontri segreti, firmò a gennaio del 1919 un accordo con Chaim Weizmann, il leader sionista. Ironicamente, nota Daniel Pipes, “che progressione: dapprima i Britannici fecero la Dichiarazione Balfour, credendo gli ebrei influenti negli Stati Uniti; un anno dopo, un re arabo fece un accordo con i sionisti in gran parte perché la Dichiarazione Balfour aveva manifestato il potere ebraico a Londra!”
Quasi vent’anni dopo, continua Pipes, siriani e libanesi ricorsero di nuovo a Weizmann e ad altri sionisti per ottenere l’indipendenza da Parigi, nel presupposto che condizionassero il presidente del consiglio francese dell’epoca, Léon Blum, ebreo e pro-sionista. .

Haiti La prima repubblica-Stato nero al mondo, il secondo indipendente nelle Americhe dopo gli Stati Uniti, è la “terra delle alte montagne”, il nome taino originario. Dalla prima comunità dell’isola, la Hispaniola di Colombo, poi Santo Domingo, una popolazione alleata degli spagnoli e poi da questi sterminata nel lavoro delle piantagioni. S.Domingo ora Repubblica Dominicana è il nome della metà orientale dell’isola, passata nel Seicento sotto il dominio francese, rimasta alla Francia dopo la secessione di Haiti, e riconosciuta indipendente a metà Ottocento.
L’indipendenza di Haiti fu dichiarata l’1 gennaio 1804, poco dopo la morte di Toussaint Louverture, che al comando di un esercito di schiavi ribelli dopo la Rivoluzione Francese aveva sconfitto le truppe napoleoniche comandate dal generale Leclerc, il cognato di Napoleone, marito di Paolina – un corpo di spedizione di 24 mila soldati addestrati. La Francia ne riconobbe l’indipendenza nel 1825 - gli Stati Uniti nel 1863.


Nel 1915 Haiti è stata occupata militarmente dagli Stati Uniti, fino al 1935. A motivo dell’influenza che vi aveva acquisito la Germania. Una nuova costituzione fu imposta, redatta dal futuro presidente Franklin Delano Roosevelt.

Presidenti Usa repubblicani Con l’eccezione  dei Bush, padre e figlio, i presidenti repubblicani
del dopoguerra hanno avuto sempre vita difficile nell’opinione pubblica, praticamente in stato d’assedio. Eisenhower figura presidente repubblicano, ma era in realtà candidato quasi bipartisan. Mentre Bush jr, anche lui inizialmente avversatissimo, fu presto “graziato” paradossalmente dall’11 settembre: la più grave sconfitta militare degli Usa disarmò i critici.
Nixon, sempre impopolare nei media, finì con le dimissioni, per evitare una sicura condanna penale, sotto forma di impeachment. Reagan fu contestatissimo nel primo mandato, gestito peraltro in forme avventurose.

Reagan – Morto nell’universale apprezzamento, aveva fatto un primo mandato presidenziale tempestoso, perfino più criticato di Trump. Confuso e avventuroso in politica estera: lo scandalo Iran\Contra, che lo portò ad armare segretamente il regime khomeinista di Teheran per finanziare segretamente col ricavato l’opposizione al regime sandinista in Nicaragua; i sospetti di un Irangate: che Reagan si fosse inteso con gli ayatollah nella campagna elettorale del 1979 per mettere in difficoltà il presidente Carter; la guerra contro Grenada, minuscola isola dei Caraibi; seguita nel secondo mandato, tre anni dopo, dall’inutile bombardamento di Tripoli; la missione di pace fallimentare in Libano – supportato dall’Italia di Spadolini; lo “scudo stellare”, un progetto di riarmo nucleare che avrebbe messo il mondo sotto una coltre di atomiche. E il ribaltamento in politica interna, con le liberalizzazioni selvagge. Che condussero a una serie di scioperi, specie nei servizi – lungo fu lo sciopero dei controllori di volo - col blocco della produzione. Ciononostante nel 1984, Reagan veniva rieletto con larghissima maggioranza.

astolfo@antiit.eu

Il restauro in mostra

Una trentina di reperti, delle cemtinaia restaurati dalla riapertura del Museo un anno fa, vengono esposti nel cortile coperto a disposizione del pubblico, prima dell’entrata al museo. Tra essi la  Testa di Basilea, un Calderone in bronzo (Locri), un cratere a calice a figure rosse (Locri), e da Medma (Rosarno) uno skyphos a figure rosse e una divinità femminile della prima metà del V se, e un husto di fancoiula in terracotta, più vecchio di un secolo. Grande e suggestivo un coperchio di lekanis (Locri) di produzione attica del VI sec. a.C.
I reperti sono presentati dai restauratori, che spiegano le esigense e le tecniche di recupero. L’occasione è anche una presentaziione del corso di formazione professionale di restauro.
A nuova vita, Museo Archeologico di Reggio Calabria 

lunedì 30 ottobre 2017

La California è un’altra America

Si adotta una legge “Yes means Yes” per spiegare ai giovani, e insegnarlo nelle scuole, che una relazione sessuale deve essere preceduta da un consenso “volontario ed espresso”, quando i partner sono “consci”.
Dopo gli incendi su vasta scala di settembre le aule solastiche della contea di Sonoma sulla costa Nord della California, parte dela San Francisco Bay Area, sono state dotate di “cozy space”, angoli confortevoli, dove gli allievi possono stare quieti indisturbati.
Le case in California si provvedono sempre più di un doppio sciacquone, uno per la cacca e uno per la pipì, con sversamento dimezzato, per risparmiare l’acqua. Anche le docce sono dimezzate: se ne fa una invece di due.
A Los Angeles Harvey Weinstein non è il solo, che si faceva le attrici a piacimento.
Si dice che la California è il nostro futuro, e non si capisce come – il correttore propone “mostro futuro”..
Philip K. Dick distingueva tra Califorina del Nord, pura come acqua di fonte, attorno a Berkeley-San Francisco (oggi avrebbe aggiunto Cupertino-Silicon Valley), e California del Sud, corrotta – Los Angeles, San Diego. Ma è difficile tenere il conto.
La California ha votato in massa, al Sud più che al Nord, per Hillary Clinton, e per questo tiene banco nell’antitrumpismo, “coscienza della nazione”. Ma a che effetto? Il Sud e il Nord di P.K.Dick, del resto, vi sono mescolati. Se Los Angeles ha fama di vizio, la capitale dell’immaginario, al Nord molti ingenui figli dei fiori sono morti e continuano a morire suicidi, da Jim Morrison a Amy Winehouse, stroncati dalle droghe, arma dello sfruttamento, discografico (show-business). Fanno anche impressione, tutti questi omaccioni che rincorrono donne fatte di cerone, lifting e droghe – e uomini, sicuramente. Anche come inferno, sembra di cartapesta.
La California è anche uno Stato che da solo sarebbe la settima o ottava economia momdiale. Ma, certo, e difficile da apppropriare. Magari i ragazzi pensano sia giusto che per baciarsi devono prima firmare la carta, dopo essersi provati sobri.

Il pasticcio delle pensioni

Da qualunque parte si tiri, la questione pensioni fa danni. Effetto della impossibilità di progettare o programmare. Imprese obbligate a tenere lavoratori improduttivi fino a 67 anni. In anni di ricambio vertiginoso di metodologie e macchine. Nessun ricambio per almeno due o classi di età – il problema dei giovani mai avviati al lavoro. Donne scoraggiate: non vale la pena. Nessuna proposta serie nemmeno dagli esperti. Se non quella ragionieristica di Boeri – mettere a posto i conti dell’Inps.
Le pensioni, con ìl conributivo in vigore ormai da venti anni, si vanno a dimezzare. Andrà bene, forse, per i conti dell’Inps. Che però non sono un totem. Mentre va male e malissimo per la società italiana e per l’economia – per la propensine alla spesa e per i consumi: Un onesto impiegato che avrà la pensione, a 67 anni, di 1.100 euro lordi, 700 netti al mese, cerca di risparmiarsi..
Il tutto demandato a personaggi strani, al coperto della contabilità. A un Tito Boeri che impazza nei media come un vangelo, e non sa investire i fondi enormi che accumula, non si pone nemmeno il problema.  A ministri incompetenti: la successione al Lavoro o Welfare dopo Sacconi è inquietante, a sinistra come a destra – è un ministero caro alla Lega.
La Germania, La Germania ha stroncato le pensioni, ma le ha integrate con spese sociali enormi: integrazioni al reddito, contributi salute, casa, perfino consumi. Per esigenze da dimostrare naturalmente, e sotto controllo ferreo. Ma una spesa sociale enorme.
La Germania ha studiato la cosa. Ne ha capito gli effetti negativi. Ha un rimedio. Che forse (sicuramente) è sbagliato: far dipendere la massa dei giovani e degli anziani dalla carità pubblica, esercitata peraltro con durezza. Ma è una soluzione.



Quand A.Christie si liberò, sopra Raqqa

Le spedizioni in Siria, anni 1930, al seguito del marito, archeologo. Nel Curdistan siriano - poco sopra Raqqa, un raccordo ora inevitabile. Col campionario adusto di idiosincrasie locali, bonarie s’intende, come il genere vuole, i racconti di viaggio. Gli incapaci, i furbi, gli avidi, i renitenti, anche al guadagno, i ras. Le macchine inaffidabili, che sempre s’impuntano ai guadi, les timbres, mai abbastanza, gli orari, mutevoli, le conversazioni, estenuanti, e in genere l’inaffidabilità – grandi hotel senza stanze, o allora solo una, dormitorio, con cimici, e talvolta topi, etc. Già visto, ampiamente. Ma con scatti incredibimente inventivi.
La scelta dell’abbigliamento, al capitolo iniziale, è spassosissima: le forche caudine delle “taglie forti”, agli anta, la fobia delle zip, le penne e le matite in serie, in Oriente non ce ne sono mai abbastanza, e gli orologi, l’Oriente non ama il tempo. Con l’inevitabile shantung da “moglie del Costruttore d’Imperi”, che fa bene a tutte le età. E le scarpe, tante, molte, “sono una mia debolezza”. O gli addii a Victoria Station, da “partenza per le Americhe” sulle banchine di Napoli nella tradizione italiana.
Niente di ecezionale. Ma è una sorpresa scoprire che Agatha Christie esiste in proprio, ed è una signora giovanile e impavida – non si lamenta mai, e questo fa un po’ genere un po’ no, altre viaggiatrici illustri in Oriente (il Medio Oriente) si sono lamentate. La giallista già celebre passa le mattine alla macchina da scrivere, a inventare morti sospette, e il pomeriggio a “restaurare” (pulire) i reperti, e a fotografarli, per la documentazione. Ma non si esime qua e là da lampi di sapienza e d’intelligenza. Molto pratiche, non da Poirot, nemmeno da Miss Marple. I suoi investigatori quindi, prima sorpresa, non sono Agatha Christie. Sa e dice tutto in tre righe dei turchi con gli armeni. Sa della gente che incontra: “Le donne curde sono allegre e attraenti…. Sono belle, sanguigne e felici” - altrove saranno simili a vivaci tulipani striatiSa, concisa, dei luoghi, anche celebri e indiscutibili. Istanbul è “città esasperante”, che “quando ci sei dentro non riesci a vederla”. Palmira “non è - non può essere – vera… leggiadra, favolosa, impossibile come le artificiose impossibilità dei sogni”. Sa delle popolazioni. Gli yezidi adoratori miti di Satana. I turchi burocratici. Gli scarti interminabili degli arabi – vano voler chiudere con loro una conversazione -  siano essi pure in posizioni ancillari. Con lampi d’autore. “Con la mezza età” viene “una buona dose di calma e di savoir faire… Sono lontani i giorni in cui chiunque m’intimidiva”.
Le notazioni etnologiche inevitabili sanno essere brevi e non sono strafatte. Con un paio di insight sorprendenti per originalità. Sulla scuola, di primo mattino, quando sui prati del campo base è “una fioritura scarlatta e gialla di piccoli fiori, “l’aria è dolcissima”, etc.: “A quest’ora del giorno, i bambini cosiddetti fortunati dei paesi europei se ne vanno a scuola, in aule affollate, lontano dalla purezza dell’aria. Per sedersi su panche o ai banchi a sgobbare con le lettere dell’alfabeto, a ascoltare l’insegnante, a scrivere coi crampi alle dita. Mi chiedo se un giorno, fra un centinaio d’anni o giù di lì, si dirà con tono scandalizzato: «In quei tempi costringevano i poveri bambini ad andare a scuola, seduti per ore e ore ogni giorno, dietro i banchi, in edifici al chiuso! È terribile soltanto a pensarci! Dei bambini piccoli!»”. O sulla rassegnazione, la passività, arabo-mussulmana. Siamo destinati a morire, la cosa è semplice, e il quando dipende dalla volontà di Allah: “Questo credo, questa remissività al destino sgombera il campo da quella che è diventata la maledizione del nostro attuale mondo: l’ansietà. Forse non c’è libertà dal bisogno, ma certamente vi è libertà dalla paura”.
Raqqa viene verso la fine,  la spedizione si perde sulla strada, per attraversarvi lEufrate. Si vedrà da lontano: Così, in distanza, è bella, con i suoi mattoni di fango e le sagome delle sue costruzioni orientali.
Agatha Christie, Viaggiare è il mio peccato, Oscar, pp. 254 € 9

domenica 29 ottobre 2017

Il dumping sociale in Germania

Le paghe basse sono arrotondate in Germania coi fondi per l’assistenza. La liberalizzazione del lavoro dodici anni fa è stata fatta trasferendo parte sostanziosa dei costi impliciti del lavoro sull’assistenza pubblica: integrazioni di reddito, individuali e familiari, di abitazione (affitto e mututo), di sanità.  La spesa per l’assistenza al mercato del lavoro si aggira annualmente sui dieci  miliardi. 
Una decina di milioni di soggetti sono variamente assistiti, su una forza lavoro di 42 milioni di persone. Sulla base di un sussidio disoccupazione-incapienza di 409 euro al mese, volutamente basso per obbligare i beneficiari ad accettare un lavoro qualsiasi. Su tutto vigila un sistema di monitoragio coercitivo, che non discute ma sanziona. Costituito da 408 JobCenter, nell’ottica della riduzione dell’assistenza, però molto e tempestivamente attivo nel sussidio. Anche il dumping sociale è bene organizzato in Germania.
Malgrado il controllo occhiuto dei JobCenter, a fine 2016 i benefici sociali si applicavano a sei milioni di persone. Di cui 2,6 disoccupati in base alla terminologia statistica ufficiale. Più 1,7 milioni di “disoccupati non ufficiali” – tenuti fuori dalla statistica della disoccupazione con “misure di attivazione” (formazione, tirocinio, a un euro l’ora, mini-jobs). Più 1,6 milioni di minori, figli dei beneficiari.  
Fra gli occupati la percentuale dei lavoratori poveri, che guadagnano meno di 900 euro al mese, è il 22 per cenrto del totale. A essi va aggiunto un milione di posti di lavoro precari o a tempo. Molti dei “lavoratori poveri”, due milioni mediamente (portando così il totale dei sussidiati da sei a otto milioni), hanno bisogno di forme di assistenza, per fare la spesa, per curarsi, per una abitazione. E le statistiche non tengono conto dei mini-job, il sistema misto di benefici sociali e paga ridotta, portata ultimamente da 420 a 450 euro, al mese..
In generale, le retribuzioni del lavoro sono in libera caduta, e spingono la Germania verso la deflazione. Evitata grazia al boom costante delle esportazioni, che beneficiano del dumping sociale. Il circolo è vizioso: finora ha funzionato per il meglio, ma è minato. Anche perché, se ha attivato una forte capacità di capitalizzazione delle imprese, questi benefici però solo in parte ritornano sul mercato. 

Secondi pensieri - 324

zeulig

Arte - Non può essere disarmonia, estetica della morte. La morte non è vita: la sopravvivenza ha più senso del suicidio, anche collettivo - quello p.es. che Hitler inflisse ai tedeschi. Non c’è un mito del genere.

Destra - Altra pasta Céline, Hamsun, Pound: democraticismo plebeo, integrale, senza eroismi né inni alla morte. O Pirandello, che irride e corrode, fascista volontario: “La massa non ha una propria volontà”. Senza contare lo storico: De Felice è quello che il movimento disse nazista, il Sessantotto,  venendo dal Pci. Il Novecento va riletto.
Anche per la morte: la destra non è alfiera di morte. È fatta di vitalisti che se la spassano, inclusi Evola, il Tercio e Heidegger, Yourcenar, lo stesso monastico Jünger,  Bataille, di destra nel fondo. E questo è il nodo, o enigma, dell’essere di destra, dell’esserlo stati. Erano contro i guasti dell’idealismo pratico, della bontà, di sentimenti e intenzioni. Céline fu presto antibellicista e medico dei poveri. Divenne rognoso e antisemita per crederci, da resistente alle sopraffazioni, nel tempo in cui un tremendo potere, a lui non oscuro, bruciava vive la pietà e la legge.

Globalizzazione – Sarà stata la vera rivoluzione del lungo dopoguerra:  universale, radicale. La semplice apertura della Wto, World Trade Organization, a ogni produttore che rispetti criteri minimi di concorrenza ha divelto decenni di pensiero del sottosviluppo, centrato sul legame sulla funzionalità del sottosviluppo allo sviluppo capitalistico: Baran, Gerschenkron, Gunder Frank,Samir Amin, lo stesso Myrdal, Nurkse (ma già Hobson).

Morte - A lungo si privilegiò nei simboli cristiani l’Incarnazione rispetto alla Morte, fino al Rinascimento, che per questo è pieno di dipinti osceni della Madonna col Bambino. E nella teologia dell’Umanesimo, il secolo che preparò la Riforma – che la chiesa si fece poi cancellare dalla polemica luterana. Michelangelo combinò l’una nell’altra, la vita e la morte, nel nudo, corpo non celato.

La morte che viene in primo piano –non in contesto criminale, certo - esorcizza la violenza, contro se stessi e contro gli altri. In quanto rivoluzionaria, liberatrice.  

Nudo – È - per es. in Michelangelo - nel Rinascimento il creato. Senza turpitudine: il primo significato teologico del nudo è l’origine, la creazione. Nell’aspetto d’amore  innocenza che si associa al momento seminale, sia nel creatore che nel creato. Di una volontà che si perfeziona generando fragilità e vulnerabilità. Questo per i cristiani, che san Girolamo vuole “nudi a seguire il Cristo nudo”.
Ma c’è un che di compiaciuto, in questo amore di se stessi indifesi. E la cosa è diventata sospetta.

La fisicità è l’eterno incomodo del pensiero occidentale, da Kant, e gli altri scozzesi liberali, ai padri della chiesa. La fisicità eleva e razionalizza il possesso. Del mondo là fuori, quindi eleva e razionalizza il mondo stesso.

Odio – Non si consuma. Se non per un atto di volontà: senza, si perpetua e anzi si accentua, indipendentemente dalle cause o origini. Molti conflitti si evolvono a spirale, per intensità e durevolezza.

Peccato – È scomparso in chiesa. Con questo papato, ma anche prima.
È una liberazione? È un’esposizione, senza difese?

Purezza – È canone privilegiato, dello spirito (buone intenzioni) come del corpo. Portato socialmente (legalmente, storicamente) sempre a brutti esiti. La purezza della religione da un millennio e mezzo a questa parte, quando almeno due se la disputano. Del sangue, nel Cinque-Seicento contro mori e ebrei, nell’Otto-Novecento contro chiunque. Ora di nuovo del cristianesimo cattolico, che pure aveva inventato la figura del confessore e della penitenza – che però non sa contro chi.   

Religione – Le guerre di religione non sono l’effetto dei monoteismi: ci sono sempre state prima del cristianesimo e dell’islam. Si caratterizzano nell’ultimo millennio come monoteiste per essere il mondo “conosciuto” (storicizzato) monoteista. Me nel mondo globale se ne sono state e ce ne sono tuttora fuori dalle religioni rivelate ed esclusive. Specie nei paesi buddisti, e nell’India induista. L’odio non è teologico, se non per opportunismo. La razza pesa di più, e la storia.

Religiosità - Processioni, le madonne, le quindicine, le novene, i tridui, i tamburi, i fuochi (e i rosari?), l’ortodossia in campo cattolico opera oggi un ribaltamento rispetto alle convinzioni ancora di un De Martino, quindi di sessant’anni fa. Che a tutti questi riti, laicamente, trovava una funzione. L’antropologo, che aveva debuttato, in “Morte e pianto rituale nel mondo antico”, con un itinerario “dal lamento pagano al pianto di Maria”, argomentava nel 1962 (“Magia e civiltà”), tornando sulla “magia lucana”, un raccordo fra pratiche pagane e riti cristiani – “fra magia e forme egemoniche di vita religiosa”: “Il clero, alla cui influenza diretta o indiretta sono dovute queste manifestazioni di sincretismo e di riadattamento, intuì la funzione pedagogica del raccordo con le vecchie pratiche”.
Il cristianesimo scientista, comprensivo oggi della chiesa cattolica, compresa quella del Sud Italia, della Spagna, del Sud America, le più sincretiche, rifiuta lasciti e commistioni, in nome della purezza. Dei riti non canonici peraltro imponendo la forma esteriore, per quanto profana – canti, chitarre, coreografie.  

Suicidio – Si rivaluta come liberazione. Su fondamento anche patristico: Sant’Agostino lo consiglia, e l’Ecclesiaste naturalmente, “Meglio la morte che una vita dura”. Matteo Ricci, gesuita, lo attesta tra i cinesi in difficoltà, magari solo economiche. Personalmente il suicida può pensare, come John Donne in un momento brutto per la carriera: “Possiedo le chiavi della mia prigione”. Scriverci sopra, anche, un trattato, come il decano di Saint Paul – un Biathanatos che non è una morte doppia ma una sorta di morte vissuta: “Questo peccato non è irremissibile”.
Ma non è questione di peccato, nessuno lo crede più. Certo è che il suicidio inizia con Werther.


Sviluppo – Si alimenta con o sviluppo – ricchezza produce ricchezza. È questo il motore dell’accumulazione, non la vecchia tesi che si alimenta del sottosviluppo. Il legame semmai funziona all’incontrario, che lo sviluppo si alimenta con lo sviluppo.  

zeulig@antiit.eu

Saint-John Perse ai Caraibi

Una storia delle poesia e narrativa creola nelle Antillle e i Caraibi francesi, Haiti, Guyana, Guadalupa, Martinica, Saint-Pierre. Creola nel senso di afro-caraibica, oltre che in quello tradizionale di franco-caraibica. A opera dei béké, i francesi della prima colonizzazione, l’aristocrazia delle ex colonie. E dei marrons, i neri schiavizzati – poi integrati con indocreoli, gli indiani semischiavizzati dei poossedimenti francesi in India, infine coi cinesi e i “siriani” (libanesi)..
Non una bella storia, contraiamente al creolismo che nell’Ottocento fu di  moda a Parigi e a Madrid, di belle dame e cavalieri. Di sfrutamento, dapprima degli amerindi nelle pianagioni di cotone, poi degli africani. Una letteratura, quindi, di “grida” e “lamenti”. Poi – non dettto – dell’incapacità di govrnarsi, a partire da Haiti, il primo apese indipendente nelle Americhe dopoo gli Stati Uniti – dopo aver sconfitto le trupe napoleoniche, comandate dal cognato Leclerc, il marito di Paolina.
Archeologia? Futurologia? Un’evocazione. Di orgoglio, nella nostalgia. E un lameto funebre. Di un mondo perduto, quel poco che c’è stato:  le “lingue tagliate” sono testimonianze senza resurrezione. E poi i risultati migliori - più convincenti, resistenti, significanti - sono venuti in francese: Aimé Césaire, che impose negli anni 1930-1940, insieme col senegalese Léopold Sédar Senghor, la negritude, la rivalutazione storica ed estetica dell’Africa Nera, Fankétienne, Simone Schwarz-Bart, da ultimo Édouard Glissant, e compresi i due antologizzatori.
L’inquadramento del non quadrabile Saint-John Perse nella creolità è l’esito più persuasive  dell’antologia. Alexis Saint-Léger Léger di nascita, un béké di antica grande famiglia, che rifiuta la Guadalupa madre, dove non farà mai ritorno da adulto, ma si esprimerà come un creolo in esilio, per quanto volontario. La sjua “misteriosa” poesia sembra sciogliersi alla lettura “creola” che Chamoiseau e Confiant propongono.
Patrick Chamoiseau-Raphaêl Confiant, Lettres creoles, Folio Essais, pp.293 € 9,50