Best-seller – “la Repubblica” incorona
Brown e Follett “rockstar dei libri”, a Oslo, capitale dei Nobel. Rockstar
modeste: “Il segreto del bestseller?”, si schermisce Dan Brown, “la vita senza
parti noiose”. Lui farcisce le sue deboli trame di parti noiosissime: solo che
si possono saltare. Il segreto del bestseller non sarà ch si può leggere in
fretta, saltando senza nulla perdere?
Follia – “I giorni in manicomio
sono stati tra i più felici della mia vita. Comunicavamo solo per iperboli. Lì
dentro non c’era l’io. A differenza degli attori di teatro, i pazzi veri non si
immedesimano nel personaggio. Sono smedesimati. E così fanno venire a galla l’illusione
del dialogo, la fragilità del linguaggio” – Carmelo Bene, in “Tracce di Bene”,
il docufilm di Giuseppe Sansonna.
Giallo – “Sembra il gusto di
godere indirettamente dell “assassinio
come arte”, per dirla con De Quincey” – P.D.James, “A proposito del giallo”.
Un teatro di Pulcinella, Dorothy Sayers
lo divisava con una corrispondente – con in mente perfida Agatha Christie: “Al
momento – la moda del giallo è presentare personaggi credibili e vividi,
non stereotipati; ma nemmeno studiati in
profondità: persone che vivono più o meno al livello emotivo di un Pulcinella”.
Dorothy Sayers è la scritrice stroncata
- lei per il tutto, per il genere giallo - da Edmund Wilson nel famoso libello
“Who cares who killed Roger Ackrohyd”, chi se ne frega chi ha ucciso R.A.
Wilson resterà l’unico critico serio che
si occupa del giallo, genere superficiale. Il suo studio di D.Sayers fu
concepito e pubblicato – il 20 gennaio 1945, sul “New Yorker” – con la guerra
ancora in corso e in bilico.
Su Sayers pesava anche il passato
accademico, a Oxford, e la professione di
teologa, per di più cattolica.
Di suo, Sayers vuole il giallo “una
fonte di riflessione sulla coscienza della società”. In effetti, così è letto.
Il lettore italiano si ritrova (Manzini,
Malvaldi, Faletti) in un mondo di frustrati autodistruttivi (drogati, sciocchi,
semplicioni), sipmpatici proprio per dover essere.
Giovani – Sono la chiave del
successo letterario, più delle donne? Era l’opinione di Conan Doyle e di
Kipling. Conan Doyle si autocongratulava con un corrispondente per la sua propria
“fortissima influenza sui giovani, specie sui giovani sportivi, più forte di
chiunque altro in Inghilterra, eccetto Kipling”. Con i giovani sportivi di oggi,
però, certamente Conan Doyle non sarebbe “esistito”.
Italiano – Nasce circonvoluto, come
da chiacchieroni inesausti, inesauribili. In Dante e Petrarca no, erano
latinisti. Ma in Boccaccio? Anche Boccaccio era latinista, però non ha la
battuta pronta – ce l0avrà ma non la fa: si ride delle situazioni. Di più
avverrà coi novellieri. E poi con gli storici, Machiavelli compreso, che pure
aveva le idee chiare. Vico così si pronuncia contro i complicatori, “La Scienza
Nuova”, § 370: “Ma siccome ora (per la natura delle nostre menti, troppo
ritirata d’ sensi nel medesimo volgo con le tante astrazioni di cui son piene
le lingue con tanti vocaboli astratti, e di troppo assottigliata con l’arte
dello scrivere, e quasi spiritualezzata con l’arte de’ numeri, che volgarmente
sanno di conto e ragione) ci naturalmente niegato di poter formare la vasta
immagine di cotal donna che dicono «natura simpatetica» (che mentre con la
bocca dicono, non hanno nulla in loro mente, perocché la lor mente è dentro il
falso, ch’è nulla, né sono soccorsi dalla fantasia a poterne formare una vasta
potentissima immagine) così ora ci è naturalmente niegato di poter entrare
nella vasta immaginativa di que’ primi uomini, le menti de’quali di nulla erano
astratte, di nulla erano assottigliate, di nulla spiritualezzate, tutte rintuzzate
nelle passioni, tutte seppellite ne’ corpi, onde dicemmo sopra ch’or appena
intender si può, affatto immaginar non si può,come pensassero i primi uomini
che fondarono l’umanità gentilesca”.
Un indovinello – si tratta della magia?
In quale altra lingua si potrebbe essere così concettosi? Va bene che Vico,
contrariamente all’opinione comune, era contro la concisione, come Fausto
Niccolini ha spiegato abbondantemente, da editore di una delle tante versioni
della “Scienza Nuova”: “La parola «concisione» assumeva spesso nel Vivo un
significato non estetico, anzi gretto, meccanico e addirittura commerciale: «esser
conciso» valeva per lui quanto riuscire a fare entrare tutta la Scienza nuova
in un libretto di dodici fogli di stampa. Abilità da compilatori”. Ma è forse
qui la ragione per cui le humanities
italiane, dopo il Cinquecento, forse dopo Galileo, non hanno eco.
Latino - “La
questione della religio non si
confonde semplicemente, se si può dire, con la questione del latino?”, argomenta
Derrida nel 1999 nel seminario a Capri sulla religione - “Fede e sapere”. Dopo
aver rilevato che “il mondo oggi parla latino (più spesso attraverso l’anglo-americano”- Lo ha rilevato in fatto di religione, parola e concetto tutto
latino, ma poi degli altri linguaggi fondamentali, giuridico, filosofico e
anche scientifico e “ciberspaziale”, tutti legati originariamente alla religio. Lo rilevava quando già l’Europa
e la stessa cristianità romana avevano da tempo e con determinazione rinunciato
all’eredita latina.
Lutero – “Contro Lutero e il falso
Vangelo” apre la “Domenica” del “Sole 24 Ore”. È una pubblicità, ma impositiva.
Mentre all’interno il cardinale Ravasi santifica l’ex monaco agostiniano anche
nei rapporti con la moglie: “La santa moglie di Lutero”. Non ebbero figli, è
vero.
Michelangelo – Savonaroliano lo scopre
Giulio Busi nella nuova biografia, “Michelangelo. Mito e solitudine del
Rinascimento”. Senza speciale fiuto, semplicemente leggendo la medaglia dimenticata
che a lui dedicò Leone Leoni nel 1561, per i suoi 86 anni. Sul retro è un Michelangelo
di profilo a corpo intero, illustrato col Salmo 51 (50), il “Miserere”, lo stesso
a cui Savonarola si applicò da ultimo in carcere nel 1498, prima dell’esecuzione.
Michelangelo se ne tenne lontano, anzi a fine Quattrocento sul fronte a Roma
dei persecutori del monaco. Ma visse con la stessa intensità. Seppure, spiega Busi
surrettiziamente, con una sorta di opportunismo – era anche del monaco? “Non
una via solamente, ma molte vie”, scrive Savonarola leggendo il Salmo in
rapporto a san Paolo, sono aperte per la salvezza.
Mille e una notte –Erano per Stendhal, e anche
per Hofmannstahl, “un libro che fa della prigione il più libero dei soggiorni”.
Postumi – Sono in voga, Ida Bozzi ne
può fare un rilevante censimento su “La Lettura”. Omettendo Morselli, il
postumo più postumo del secondo Novecento italiano. Un lapsus? Dannato anche
nella memoria, non essere stato “in linea”.
Traduttore – Un assassino? “Ogni
scrittore va trattato come un autore morto”, sostiene Elena Kostiukovich, di
suo traduttrice, di Eco, parlandone con Caterina Bonvicini sull’“Espresso”: “Un
bravo traduttore non deve farlo diventare troppo umano”. Una traduttrice che però
ebbe lunga familiarità con Eco: voleva solo dire che il traduttore non deve
opprimere l’autore con i “cosa intendevi?”.
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