Difficile
sottrarsi all’impressione che gli arbitri debbano o vogliano indirizzare il
campionato in due direzioni precise: il Napoli deve (poter) vincere il campionato,
una delle due milanesi deve (poter) qualificarsi per la Champions. Difficile spiegarsi
altrimenti le decisioni sbagliate, tutte
a favore del Napoli e contro la Lazio, e sbagliate pretestuosamente. Anche con
il-la Var.
Mario Sconcerti
affronta il caso obliquamente, puntanto l’indice sul-la Var – di cui meglio di
ogni altro, sedendo spesso in tv, conosce, conosceva, i limiti. La moltiplicazione
degli arbitri, prima di area o di porta, e ora con le telecamere, è una
sciocchezza sportiva e un cedimento al leguleismo – allo sporta da bar. Gli
arbitri di porta e di Var erano e sono concorrenti dell’arbitro in campo.
Magari insoddisfatti e invidiosi per non essere stati designati ad arbitrare al
posto suo – visibili, per cento minuti, in mondovisione, ci sono attrici che
hanno pagato a Weinstein molto per questo - e pagati anche meno: perché dovrebbero collaborare a un arbitraggio onesto, di cui il collega-concorrente in campo si prenderebbe i meriti, i punti-carriera?
Stravedono per
il il-la Var soprattutto i giornalisti televisivi. Tanti minuti di spettacolo
guadagnato per Sky e Premium, un lungo minutaggio di moviole per la Rai e
Mediaset: è sempre meglio che lavorare. Ma e: il giornalismo? E la pubblicità?
Niente di più stucchevole del “discorso” interminabile su fatti evidenti,
giocando sui microsecondi di accelerazione o rallentamento che un regista appena
diplomato gestisce senza difficoltà, sull’illuminazione, sul taglio delle immagini. Le trasmissioni sportive leguleiste non hanno più ascolti, le magre offerte per i diritti tv ne sono la conferma e la condanna.
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