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mercoledì 31 gennaio 2018

Il mondo com'è (332)

astolfo

Imperialismo - Si può dire un fatto personale più che nazionale, al più tribale. Il primo imperialista è Robinson Crusoe, l’europeo che si crea un feudo in un’isola lontana. Quello definitorio, leninista, è in effetti una tigre di carta, aveva ragione Mao.
È stato per secoli la via d’uscita per avventurosi, avventurieri e poveri ardimentosi e non una programma colbertista di occupazione e sfruttamento di terre lontane. A beneficio della nazione o dello Stato di provenienza. Non è mai stato neppure potente, per quanto feroce. E sempre è stato sconfitto. Perfino in Africa, da popolazioni disarmate. In Vietnam a caro prezzo. Col semplice digiuno in India. I movimenti di liberazione africani hanno vinto scalzi l’Italia, la Francia, la Gran Bretagna e il Portogallo.
Il proprio dell’imperialismo è il jingoismo, la sbruffoneria dell’uomo semplice. Il destino manifesto, il fardello dell’uomo bianco, la grandeur, la Grande Proletaria sono razionalizzazioni successive, tentativi intellettuali di armonizzazione: il fenomeno non ha ideologia e non ha logica. Si prenda la missione civilizzatrice: per decenni, anche qualche secolo, italiani agricoltori e artigiani sono stati emigranti nei paesi arabi limitrofi, da Cherchell a Kirkuk, dove trovavano mercati e committenti. .

Kravchenko – Viktor Kravchenko, ufficiale dell’Armata Rossa, diplomatico sovietico a Washington, defeziona nell’aprile del 1944 e richiede asilo politico negli Usa. Un anno e mezzo dopo, a febbraio 1946, pubblica “Ho scelto la libertà”, una testimonianza contro il regime staliniano, del terrore e del Gulag, i campi di concentramento, contro comunisti invisi all’autocrate. Non è una novità, Koestler l’ha preceduto di un anno, con “Zero e l’infinito” (e Boris Suvarine di un decennio), ma Kravchenko ottiene un successo straordinario in Francia, con oltre mezzo milione di esemplari venduti, e il partito Comunista francese s mobilita. Aragon, diretore di “Les Lettres Françaises”, denuncia il libro come una manipolazione dei servizi americani. Kravchenko si querela per diffamazione. Il processo sarà lungo, il Pcf schiera i suo maggiori esponenti a difesa di Aragon, Kravchenko otterrà ragione, ma da risarcire con un franco simbolico, malgrado gli enormi costi del processo – poco dopo si suiciderà. Fra gli accusatori più determinati di Kravchenko fu Roger Garaudy, allora filosofo marxista. Che qualche anno dopo lascerà Marx per la chiesa cattolica. Quindi anche la chiesa per l’islam, e il negazionismo.

1933 – L’anno di Hitler era Anno Santo, “della pace e della misericordia”. L’anno santo speciale era stato indetto da papa Pio XI per celebrare i 1.900 della morte di Gesù Cristo.

Tribalismo - “Gli europei erano convinti che gli africani appartenessero alle tribù”, spiega Iliffe , “gli africani costruirono le tribù cui appartenere”. È una spiritosaggine, per figurare nell’antologia 1983 di Hobsbawm e Ranger, “L’invenzione della tradizione” – di un decostruzionismo un po’ abusivo (riusciva a spogliare i già poveri africani anche della tradizione). Ma è vero che  il colonialismo costruì assetti tribali come cinghia di trasmissione per i propri assetti di potere: capi e capetti, cerimoniali di comodo, codici etnici e localistici.

Turingia – La regione meno conosciuta o celebrata della Germania - anche perché a lungo risentita come incubatrice del razzismo (primato: non è la Turingia Doringia, il paese dei Dori...) tedesco - è quella che ha dato i natali alle  maggiori celebrità. Una ventina di Bach musicisti, Johann Sebastian compreso. Athanasius Kircher.  Max Weber. Bruno Bauer. Willi Münzenberg. Le sorelle Margarete Buber-Neumman e Babette Münzenberg. Carl Zeiss. Caspar Goethe, l’italianista che modellò Wolfgang. Walter Eucken, l’economista padre dell’ordoliberalismo. E suo padre Rudolf, cui nel 1908 venne dato il Nobel per la letteratura, anche se aveva scritto poco o nulla - per non darlo a Fogazzaro. Oltre a un grande numero di principi e principesse: di Meissen, Gotha, Altenburg, Eisenach, Meiningen, Reuss-Greiz, Hildburghausen, Rudolfstadt, Weimar. Che nelle loro corti, benché minuscole, ospitarono e patrocinarono musicisti e artisti. 
Enrico III di Meissen, detto “l’Illustre” (1215-1288, nella lotta tra il papato e Federico II si schierò per l’imperatore, che assistette anche nella sua offensiva contro Milano del 1245. Federico II lo premiò assegnandogli nel 1242 la Turingia e la Sassonia, e l’anno successivo promuovendo il matrimonio della propria figlia Margherita col figlio di Enrico III, Alberto.

La regione al cuore geografico della Germania, e anche della sua storia “rinascimentale”. Le sue città evocano tutte grandi memorie: Weimar (Goethe), Eisenach (Bach), Erfurt (Lutero, Napoleone), Jena (università, Napoleone), Gotha, e una lunga serie di città termali - tra esse Bad Frankenhausen, fatale a  Thomas Müntzer. Con la contigua Sassonia focolaio d’infezione: “Sono la Sassonia e la Turingia”, avverte Nietzsche, “le regioni più pericolose”, vi si pensa troppo, qui sono “i sergenti intellettuali della Germania”. Dei turingi si sa che sono “sanguigni e fantastici”.

Margarete Buber-Neumann, sposa dapprima di Rafael Buber, figlio di Martin, poi di Heinz Neumann, entrambi esponenti di primo piano del partito Comunista tedesco tra le due guerre, molto attiva negli ultimi anni di Weimar, subì nel 1938 la disgrazia del marito, col quale si era esiliata a Mosca, e fu confinata a Karaganda, nel Kazachstan,  un campo di concentramento “grande due Danimarche”, nel quale disponeva di un capanno d’argilla, infestato da milioni di cimici, guardata da pattuglie mobili. Scambiata da Stalin nel 1940 con fuoriusciti russi in Germania, nel quadro dell’accordo con Hitler, fu richiusa nel lager femminile di Ravensbrück, dove s’ingegnò di sopravvivere – benché osteggiata dalle internate politiche per il suo comunismo: dapprima dalle stesse internate comuniste, le quali la dichiararono traditrice per il motivo che diffondeva menzogne sulla Siberia, e di conseguenza da tutte le politiche, per l’ascendente che le comuniste avevano sulle altre. Testimonierà nel 1949 al processo per diffamazione del comunismo che si svolse a Parigi tra Kravchenko (l’ucraino fuoriuscito di “Ho scelto la libertà”) e il poeta Aragon, per conto del partito Comunista francese. Il tribunale di Parigi non credette a Margarete, che era stata in un campo in Kazachistan “grande due volte la Danimarca”, sentenziando non potersi dire un campo una prigione “se non è cinto da mura”.

Margarete Buber-Neumann ha avuto una sorella, Babette, sposa di Willi Münzenberg - oltre a una terza sorella, Gertrud, e ai fratelli Hans e Heini. Babette era la maggiore, alta, bionda, di freddezza patrizia: a scuola a Potsdam s’infatuavano tutti di lei, professori e allievi. Erano prole di una figlia, la dodicesima, di contadini del Brandeburgo, e del direttore della fabbrica di birra, un bavarese di nome Thüring. Anche Babette scelse il comunismo, sposando nel 1923 Wilhelm “Willi” Münzenberg, di dieci anni più anziano, piccolo, tarchiato, di famiglia povera, che Koestler dirà “personalità magnetica dotata d’intenso fascino, potentemente trascinatrice”, con un forte accento della Turingia. Con lui ebbe casa inizialmente a Berlino nell’appartamento di Heinz Neumann. Dirigerà il Neue Deutsche Verlag, una delle case editrici di Willi.

“Willi” Münzenberg inventò e diresse tre le due guerre le attività del Komintern, o Terza Internazionale, l’organizzazione di propaganda all’estero di Stalin. Fu editore, pubblicitario, produttore di teatro e di cinema, organizzatore di leghe e congressi, precoce creatore nell’aprile del 1915 a Zurigo dell’Union Internationale des Organizations de Jeunesses Socialistes. Sua fu l’idea di allargare il movimento di classe ai borghesi impegnati, inventando a tutti gli effetti pratici la categoria dell’“impegno”. Diede forma a Parigi al compagno di strada, e secondo i nazisti, che nel ‘35 lo condannarono a morte in contumacia, creò “la categoria demagogica dell’antifascismo”. Brecht lo criticò al congresso del 1935 degli intellettuali antifascisti, proponendo un fronte di classe. Ma Willi l’aveva preceduto negli Usa, dove aveva fondato l’Hollywood Anti-Nazi League con Dorothy Parker. Willi, Loyola laico, anch’egli fisicamente poco notevole, che sperimentò per primo e teorizzò la forza e l’orgoglio dello spirito, si basava su un principio semplice: la partecipazione attraverso il sacrificio, di denaro, tempo, passione.

astolfo@antiit.eu


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