Imperialismo - Si può dire un fatto personale più che nazionale, al più
tribale. Il primo imperialista è Robinson Crusoe, l’europeo che si crea un feudo
in un’isola lontana. Quello definitorio, leninista, è in effetti una tigre di
carta, aveva ragione Mao.
È stato per secoli la via d’uscita per avventurosi,
avventurieri e poveri ardimentosi e non una programma colbertista di
occupazione e sfruttamento di terre lontane. A beneficio della nazione o dello
Stato di provenienza. Non è mai stato neppure potente, per quanto feroce. E
sempre è stato sconfitto. Perfino in Africa, da popolazioni disarmate. In
Vietnam a caro prezzo. Col semplice digiuno in India. I movimenti di
liberazione africani hanno vinto scalzi l’Italia, la Francia, la Gran Bretagna
e il Portogallo.
Il proprio dell’imperialismo è il jingoismo,
la sbruffoneria dell’uomo semplice. Il destino manifesto, il fardello dell’uomo
bianco, la grandeur, la Grande Proletaria sono razionalizzazioni
successive, tentativi intellettuali di armonizzazione: il fenomeno non ha ideologia
e non ha logica. Si prenda la missione civilizzatrice: per decenni, anche qualche
secolo, italiani agricoltori e artigiani sono stati emigranti nei paesi arabi limitrofi,
da Cherchell a Kirkuk, dove trovavano mercati e committenti. .
Kravchenko – Viktor Kravchenko, ufficiale
dell’Armata Rossa, diplomatico sovietico a Washington, defeziona nell’aprile
del 1944 e richiede asilo politico negli Usa. Un anno e mezzo dopo, a febbraio
1946, pubblica “Ho scelto la libertà”, una testimonianza contro il regime
staliniano, del terrore e del Gulag, i
campi di concentramento, contro comunisti invisi all’autocrate. Non è una
novità, Koestler l’ha preceduto di un anno, con “Zero e l’infinito” (e Boris
Suvarine di un decennio), ma Kravchenko ottiene un successo straordinario in
Francia, con oltre mezzo milione di esemplari venduti, e il partito Comunista
francese s mobilita. Aragon, diretore di “Les Lettres Françaises”, denuncia il
libro come una manipolazione dei servizi americani. Kravchenko si querela per
diffamazione. Il processo sarà lungo, il Pcf schiera i suo maggiori esponenti a
difesa di Aragon, Kravchenko otterrà ragione, ma da risarcire con un franco
simbolico, malgrado gli enormi costi del processo – poco dopo si suiciderà. Fra
gli accusatori più determinati di Kravchenko fu Roger Garaudy, allora filosofo
marxista. Che qualche anno dopo lascerà Marx per la chiesa cattolica. Quindi
anche la chiesa per l’islam, e il negazionismo.
1933 – L’anno di Hitler era Anno Santo,
“della pace e della misericordia”. L’anno santo speciale era stato indetto da
papa Pio XI per celebrare i 1.900 della morte di Gesù Cristo.
Tribalismo - “Gli europei
erano convinti che gli africani appartenessero alle tribù”, spiega Iliffe ,
“gli africani costruirono le tribù cui appartenere”. È una spiritosaggine, per
figurare nell’antologia 1983 di Hobsbawm e Ranger, “L’invenzione della
tradizione” – di un decostruzionismo un po’ abusivo (riusciva a spogliare i già
poveri africani anche della tradizione). Ma è vero che il colonialismo costruì assetti tribali come
cinghia di trasmissione per i propri assetti di potere: capi e capetti, cerimoniali
di comodo, codici etnici e localistici.
Turingia – La regione
meno conosciuta o celebrata della Germania - anche perché a lungo risentita come incubatrice del razzismo (primato: non è la Turingia Doringia, il paese dei Dori...) tedesco - è quella che ha dato i natali alle maggiori celebrità. Una ventina di Bach
musicisti, Johann Sebastian compreso. Athanasius Kircher. Max Weber. Bruno Bauer. Willi Münzenberg. Le
sorelle Margarete Buber-Neumman e Babette Münzenberg. Carl Zeiss. Caspar
Goethe, l’italianista che modellò Wolfgang. Walter Eucken, l’economista padre
dell’ordoliberalismo. E suo padre Rudolf, cui nel 1908 venne dato il Nobel per
la letteratura, anche se aveva scritto poco o nulla - per non darlo a
Fogazzaro. Oltre a un grande numero di principi e principesse: di Meissen,
Gotha, Altenburg, Eisenach, Meiningen, Reuss-Greiz, Hildburghausen,
Rudolfstadt, Weimar. Che nelle loro corti, benché minuscole, ospitarono e
patrocinarono musicisti e artisti.
Enrico III di Meissen, detto “l’Illustre”
(1215-1288, nella lotta tra il papato e Federico II si schierò per l’imperatore,
che assistette anche nella sua offensiva contro Milano del 1245. Federico II lo
premiò assegnandogli nel 1242 la Turingia e la Sassonia, e l’anno successivo promuovendo
il matrimonio della propria figlia Margherita col figlio di Enrico III,
Alberto.
La regione al cuore geografico della
Germania, e anche della sua storia “rinascimentale”. Le sue città evocano tutte
grandi memorie: Weimar (Goethe), Eisenach (Bach), Erfurt (Lutero, Napoleone),
Jena (università, Napoleone), Gotha, e una lunga serie di città termali - tra esse Bad Frankenhausen, fatale a Thomas Müntzer. Con
la contigua Sassonia focolaio d’infezione: “Sono la Sassonia e la Turingia”, avverte Nietzsche, “le regioni
più pericolose”, vi si pensa troppo, qui sono “i sergenti intellettuali della
Germania”. Dei turingi si sa che sono “sanguigni e fantastici”.
Margarete Buber-Neumann, sposa dapprima
di Rafael Buber, figlio di Martin, poi di Heinz Neumann, entrambi esponenti di
primo piano del partito Comunista tedesco tra le due guerre, molto attiva negli
ultimi anni di Weimar, subì nel 1938 la disgrazia del marito, col quale si era
esiliata a Mosca, e fu confinata a
Karaganda, nel Kazachstan, un campo di
concentramento “grande due Danimarche”, nel quale disponeva di un capanno
d’argilla, infestato da milioni di cimici, guardata da pattuglie mobili. Scambiata
da Stalin nel 1940 con fuoriusciti russi in Germania, nel quadro dell’accordo con
Hitler, fu richiusa nel lager femminile di Ravensbrück, dove s’ingegnò di sopravvivere – benché osteggiata
dalle internate politiche per il suo comunismo: dapprima dalle stesse internate
comuniste, le quali la dichiararono traditrice per il motivo che diffondeva
menzogne sulla Siberia, e di conseguenza da tutte le politiche, per
l’ascendente che le comuniste avevano sulle altre. Testimonierà nel 1949 al
processo per diffamazione del comunismo che si svolse a Parigi tra Kravchenko (l’ucraino
fuoriuscito di “Ho scelto la libertà”) e il poeta Aragon, per conto del partito
Comunista francese. Il tribunale di Parigi non credette a
Margarete, che era stata in un campo in Kazachistan “grande due volte la Danimarca”,
sentenziando non potersi dire un campo una prigione “se non è cinto da mura”.
Margarete Buber-Neumann ha avuto una sorella, Babette, sposa di Willi Münzenberg - oltre a una terza sorella, Gertrud, e ai fratelli Hans e Heini. Babette era la maggiore, alta, bionda, di freddezza patrizia: a scuola a Potsdam s’infatuavano tutti di lei, professori e allievi. Erano prole di una figlia, la dodicesima, di contadini del Brandeburgo, e del direttore della fabbrica di birra, un bavarese di nome Thüring. Anche Babette scelse il comunismo, sposando nel 1923 Wilhelm “Willi” Münzenberg, di dieci anni più anziano, piccolo, tarchiato, di famiglia povera, che Koestler dirà “personalità magnetica dotata d’intenso fascino, potentemente trascinatrice”, con un forte accento della Turingia. Con lui ebbe casa inizialmente a Berlino nell’appartamento di Heinz Neumann. Dirigerà il Neue Deutsche Verlag, una delle case editrici di Willi.
“Willi”
Münzenberg inventò e diresse tre le due guerre le attività del Komintern, o
Terza Internazionale, l’organizzazione di propaganda all’estero di Stalin. Fu
editore, pubblicitario, produttore di teatro e di cinema, organizzatore di
leghe e congressi, precoce creatore nell’aprile del 1915 a Zurigo dell’Union
Internationale des Organizations de Jeunesses Socialistes. Sua fu l’idea di
allargare il movimento di classe ai borghesi impegnati, inventando a tutti gli
effetti pratici la categoria dell’“impegno”. Diede forma a Parigi al “compagno
di strada”, e secondo i nazisti, che nel ‘35 lo condannarono a morte in contumacia,
creò “la categoria demagogica dell’antifascismo”. Brecht lo criticò al
congresso del 1935 degli intellettuali antifascisti, proponendo un fronte di
classe. Ma Willi l’aveva preceduto negli Usa, dove aveva fondato l’Hollywood
Anti-Nazi League con Dorothy Parker. Willi, Loyola laico, anch’egli fisicamente
poco notevole, che sperimentò per primo e teorizzò la forza e l’orgoglio dello
spirito, si basava su un principio semplice: la partecipazione attraverso il sacrificio,
di denaro, tempo, passione.
astolfo@antiit.eu
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