“Dubito che gli scrittori tedeschi, anche
«ariani», si siano sentiti mai di casa in Germania”. Il saggio del titolo è un
pamphlet violento, come molti degli scritti di contorno, contro la Germania.
Non solo contro Hitler: contro la Germania. Amaro ma ragionato, a distanza la
lettura emglio argomentata, per stringatezza, e più vera, del Terzo Reich,
citabile in ogni riga. Anche nelle materie contestabili.
Sono gli ebrei che hano “scoperto” la
Germania, gli scrittori ebrei: “Hanno scoperto e descritto il paesaggio urbano
e il paesaggio spirituale del cittadino”. Il caffè, la fabbriva, il bar,
l’hotel, la banca e la piccola borgehsia, i centri per i ricchi e i quartirei
dei poveri, “il peccato e il vizio, il giorno e la note, il carattere degli
abitanti delle grandi città”. Hanno scoperto la Germania per i tedeschi, e per
l’Europa. Tesi conetstabile, ma forte: “La maggior parte degli scrittori tedeshci
di origine non ebraica si limitò alla descrizione del paesaggio”. Alla “poesia
della zolla”, alla piccola patria: “In Germania esiste, assai più che in altri
apesi, una Heimatliteratur delle
regiomi, dei territori, delle caserme, spesso di alto valore artistico, ma ineluttabilmente
inaccessibile agli Europei. Per l’estero esisteva solo «la Germania», i cui interpreti letterari erano per la
maggior parte scrttori ebrei”.
C’è poi Lutero antesignano di Hitler, tesi
ancora più ardua, all’apparenza: la storia della Germania rivoltata. Da un
punto di vista cattolico, ribadito a ogni piega, sempre commosso, nel rispetto
della tradizione e del Cristo generato da Israele. “Sotto la guida prussiano-luterana
il popolo tedesco ha sempre mostrato il desiderio latente di stare al di fuori
della cristianità europea, o addirittura di marciare contro di essa. Non si può
negare che gli ultimi roghi delle stregje siano avvenuti in Germania, e in
nessun’altra parte. Il ghetto degli ebrei tedeschi è stato sopresso
dall’imperatore francese Napoleone. E non è un caso che l’unico elefante della
storia nel negozio di porcellane, cioè Martin Lutero, fosse un tedesco. Il suo
successore, o per meglio dire uno de suoi successori nel negozio di porcellane,
è Adolf Hitler. Non sono gli ebrei – come dceva il motto di spirito – difficili
da battezzare, sono i tedecshi”.
Un’invettiva tragica contro la Germania,
profondamente, radicalmente, tedesca: contro se stesso. A partire dalla rilettura
dei Nibelunghi. Una lettura devastante, poiché il ciclo privilegia il male sul
bene, Caino è un erore, Abele uno perfido. L’annientamento di Hitler e della
Germanai persegue com un riflesso di autoannientamento. Per il contrasto fra
“prussianesimo e cultura tedesca”, che Roth dice “un conflitto che non ho mai
superato”. L’ultima prosa, quattro giorni prima della mrte, è “La quercia di
Goethe a Buchenwald”, che il campo di concentramento preserva: ironica,
dolente.
Una delle tante scelte degli oltre 1.300
articoli scritti da J. Roth per giornali e riviste. Centrata sul nazismo al
potere, subito analizato e denunciato. In una con la Germania, che in Hitler si
identifica. Con una verità almeno, se non tutte, inoppugnabile: già nel 1934,
nel 1933 Roth sapeva, il mondo sapeva, non c’era illusione possibile sulla
natura di Hitler, del nazismo, della sua mitografia.
Una serie di scritti molto tedeschi, da
spasimo, che passavano (passano) per anti-tedeschi. Di uno scrittore molto
tedesco, nell’antinazionalismo come nel tradizionalismo. L’attaccamento alla
tradizione estende alla chiesa, di cui da buon austriaco si sente parte, al
punto da difenderla dall’Inquisizione – di cui la dice ripetutaente vittima.”Non
si ripete mai abbastanza – anche se ci si vergogna – che i tedeschi di oggi non
odiano gli ebrei per il fatto che hanno crocefisso Gesù Cristo, ma per il fatto
che lo hanno generato”.
Su prussianesimo e cultura tedesca,
peraltro, convergeva anche Spengler – benché fantasticasse anche di una Grande
Germania, accanto all’Africasa e a Isola Nuova: nei pensieri sparsi (“A me stesso”,
p. 22), registra la “vittoria del pragmatismo prussiano sull’ottuso carattere
tedesco”.
Joseph Roth, Autodafé dello spirito, Castelvecchi, remainders, pp. 119 € 6
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