Brexit – Ce n’è stata una, molto
lunga, anche nei confronti dell’America, degli Stati Uniti. Tenuta per un
secolo e mezzo, fino a Hitler, alla paura di Hitler, per terra di barbari. Tanto
che gli americani stessi furono a un certo punto dell’idea, e presero a
inurbarsi in Europa, a Londra di preferenza, e poi, dopo la grande guerra, a
Parigi: Henry James, Pound, Hemingway, Gertrude Stein, Scotto Fitzgerald…
Ancora negli anni 1920 D.H.Lawrence ne parla come di una “repubblica di evasi”,
Chesterston come di “terra che vive come prima della venuta di Cristo”..
Calvino – “Il visconte dimezzato” è
per Sciascia una sorta di romanzo storico, benché allegorico. In una nota sulla
letteratura italiana scritta nel 1952 per un repertorio di Chicago (“Italian
Literature”, in “The American People
Encyclopedia and Yearbook”) dice che la prima opera della trilogia fiabesca di
Calvino “ha sviluppato i sentimenti di crisi che colpivano un’intera
generazione”. Il “Visconte” Calvino stesso dice, nella prefazione alla prima
edizione delle tre “fiabe” insieme, “colui che realizza una sua pienezza
sottomettendosi a un’ardua e riduttiva disciplina volontaria.
Nella stessa prefazione Calvino fa invece
del “Cavaliere inesistente” una sorta di anticipazione, in chiave futurologica,
allora fantascientifica. Lo dice infatti “l’uomo artificiale che, essendo
tutt’uno coi prodotti e con le situazioni, è inesistente perché non fa più
attrito con nulla, non ha più rapporto (lotta e attraverso la lotta armonia) con
ciò che (natura o storia) gli sta intorno, ma solo astrattamente funziona”.
Classici – Perché sono impersonali, e
sono capolavori. Lo dice Virginia Woolf a proposito dei greci (“Non sapere il
greco”): “Quella greca è la letteratura dell’impersonale, ed anche la letteratura dei capolavori. Non ci
sono scuole, né predecessori né eredi”.
Dialetto – È un marciare nel noto, è
questa la sua attrattiva. Virginia Woolf ha una teoria (in “Non sapere il greco”) che
può spiegarlo, partendo dalla tragedia greca, di Eschilo e di Sofocle in particolare.
La
lettura della tragedia è anch’essa sorprendente. La tragedia si metteva in scena
su fatti e personaggi noti. E questo dà totale libertà a Eschilo, a Sofocle, in
parte anche a Euripide, di entrare in
media res senza preamboli: il pubblico affluiva alle loro recitazioni per
godersi una piega, un particolare, una parola nuova con cui
confrontarsi-confortarsi.
Genova – “Palazzi genovesi” erano
scenografia del teatro elisabettiano, il teatro inglese del Seicento.
Truculento, però.
Humour – È intraducibile? È la
conclusione di Virginia Woolf, “Non sapere il greco”: “Lo humour è il primo
dono a svanire in una lingua straniera”.
Lettura – È rischiosa per lo
scrittore? Brancati ne era convinto, e portava esempi (“Diario romano,207):
“Manzoni rifuggiva dal leggere Shakespeare, Proust doveva ricorrere a faticosi
esercizi di svelenamento” – “da un Balzac, da un Flaubert”, diceva. Anche Leopardi,
cultore dei classici: “Quando ho letto qualche classico, la mia mente tumultua
e si confonde”, scriveva a Pietro Giordani..
Virginia Woolf, “Come leggere un libro” –
“saggio letto in una scuola” – conclude che una buona lettura, esaustiva, è
impossibile, a meno di essere buoni, ottimi, critici letterari: “Leggere un
libro come andrebbe letto richiede le più alte doti d’immaginazione, intuito e
giudizio”. Ma, poi, anche una lettura al di sotto delle potenzialità riconosce influente,
sull’autore.
Gran parte del mercato è fatta dai
lettori, anche per la letteratura..
Longanesi – Savinio, che lo ebbe
editore-direttore nella lunga indispensabile collaborazione a “Omnibus”, ne era ammirato in questo senso: “Longanesi è
uno degli uomini più intelligenti che io conosca” – Savinio era un “esperto”
della stupidità. Sciascia, che ama tutto di Savinio e ne ha scritto molto, dice
di Longanesi che fu uno “di coloro che furono fascisti non essendo soltanto
fascisti”. E fa notare che nei cinque tomi di De Felice su Mussolini, “che sono
poi, attraverso Mussolini, una storia del fascismo”, Longanesi non figura.. nemmeno
incidentalmente – il nome non c’è nell’indice.
Machiavelli – “Il confuso e
confusionario Machiavelli”, “il tanto poco intelligente Machiavelli”, “il
ridicolo Machiavelli” è tutto che Sciascia ha da dire, in tre righe, parlando
di Savinio.
Mamma – Prima di confluire nel “mammismo” di
C. Alvaro, è soggetto impositivo – poltrona –
di Giorgio De Chirico in pittura, e di suo fratello Andrea (“Alberto
Savinio”) nella scrittura, “Tragedia dell’infanzia”, “L’infanzia di Nivasio
Dolcemare”.
Mani Pulite - Era in Boiardo: è lui che
diceva ai suoi lettori: “Gettiamo la chiave”.
1956 – Resta l’anno di fondazione delle lettere
italiane del secondo Novecento, e del Millennio, come è stato notato. Si pubblcano
il “Pasticciaccio” di Gadda, “Le piccole vacanze” di Arbasino, “Le ceneri di
Gramsci” di Pasolini, “Signorina Rosina” di Pizzuto, “Le parrocchie di
Regalpetra “ di Sciascia, le “Fiabe italiane” raccolte da Calvino.
Musil – “L’uomo senza qualità” è il primo romanzo etnico? Altri se ne
scrivono negli stessi anni 1920-1930 (Némirovsky è una, J. Roth, Zangwill,
Lasker-Schüler, BrunoSchulz tra i tanti) ma non di etnicismo così accentuato
come in Musil. Dove se ne aprla come di una tara, una pietra al piede. Arnheim,
il magnate che si introduce nei salotti importanti di Vienna per accrescere il
suo potere, è “un nababbo tedesco, un ricchissimo ebreo, un originale che
scriveva poesie, dettava il prezzo del carbone ed era intimo amico
dell’imperatore di Germania”. Leo Fischel, il direttore della Lloyd Bank, che
“crede nel progresso” e nel “fondamento razionale dell’esistenza umana”, è
presentato come rappresentante di un ebraismo occidentale, assimilato e laico,
ma sempre legato all’ethos patriarcale tribale delle origini. E ha una figlia
“irrazionalista”, nonché “antisemita”, con amici “cristiano-germanici”. C’è “in
Germania” fra i giovani l’“elemento razziale”. Una rilettura in questa chiave
ci trova molte tracce.
Selfie – Se la letteratura
memorialistica non è coltivata, Sciascia dice questo “una carenza”: “La carenza
d una letteratura memorialistica è spia di tante altre carenze della società
civile, della vita associata” (in una delle note raccolte in “La fine del
carabiniere a cavallo”). Imbevuto di letture francesi, tra le quali la memorialistica
è spessa e diffusa, la considera anzi una mancanza grave: “Quando manca è
perché altre cose mancano. All’Italia è persino mancata una lingua che vi si
adattasse”. Altra che “una lingua italiana approssimativa, contorta,
vernacolare e a momenti indecifrabile” (? - Meneghello? O Sciascia sapeva già
di Camilleri? Che però non scrivono memorie). Oppure il francese, Casanova,
Goldoni. Palmieri di Micciché.
Non manca il mercato per questo tipo di
scritture, manca la lingua?
letterautore@antiit.eu
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