Amore – È presto finito nel
romanzo, da Omero in poi. O è proprio materia di romanzi?
Non ci sono altre passioni così tanto romanzate.
Dio – È una “formula
irrazionale”? Una prova scientifica, benché impersonale, ne dà Zamjatin nel
romanzo distopia “Noi”, lo scrittore che era ingegnere di formazione e
matematico per passione: “Per le formule irrazionali, per la mia radice quadrata di - 1, noi non conosciamo corpi
corrispondenti, non li abbiamo mai visti… Ma sta proprio qui l’errore: questi
corpi – invisibili – esistono, devono, senz’altro, ineluttabilmente esistere:
perché in matematica, come su uno schermo, ci sfilano davanti le loro ombre
bizzarre e pungenti, ossia le formule irrazionali; e la matematica e la morte
non sbagliano mai. E se non vediamo questi corpi nel nostro mondo, in
superficie, esiste – deve inevitabilmente esistere – un mondo intero, enorme,
là, oltre la superficie…”
Guerra – Libera perché
deresponsabilizza – la disciplina militare si coltiva per questo. “La felice
esperienza dell’essere dispensati dal proprio Io, dell’essere sollevati da ogni
responsabilità individuale appartiene alla guerra”, Thomas Mann, “Attenzione,
Europa!”
Immaginazione – È l’immaginazione
che apre la via alla ragione, non bisogna temere l’ignoto.
Maternità - Si potrà nascere
senza donne, è fatale, come già senza l’uomo. Molte creature senza padre vivono,
esseri che le madri non hanno concepito per amore, non del padre. E già le donne
figliano senza fertilizzarsi, nel grembo altrui – è l’utopia, la riproduzione
senza la produzione. Analogo artificio si troverà per gli uomini, un utero
artificiale. Casanova lo presagì, che diceva: “Una delle prove dell’ateismo è
che, se Dio ci fosse stato, non avrebbe creato la donna”.
La procreazione è un miracolo che si
dissolve nell’indistinto.
#metoo - Al corpo liberato duemila anni fa da Cristo le donne rimettono
l’armatura. Lo rinchiudono coi ragni in cantina, ogni rapporto è Sade, tutto è
peccato nel corpo, anche lo sguardo. Non solo in Sicilia, c’è nel poeta
Michaux: “E mentre la guarda, le fa un figlio in spirito”.
Un peccato laico, con codici quindi e
tribunali. O
la verità che non si può dire è che nella liberazione della donna molte
vergogne emergono della libertà, limiti e pieghe oscure. Per un residuo di vezzi
fisici e mentali, ruoli, psicologie, ma anche per sofismi non tanto lievi.
Quelli che portano alla disintegrazione anzitutto: che libertà è quella che fa
scoppiare?
Morte - Non siamo che fugaci combinazioni, dell’assoluto
se si vuole ma non di necessità: solo la morte è infaticabile, lo stesso
istinto a procreare si stanca.
Dio ha creato l’eternità, il tempo è degli
orologiai. L’attesa, o paura, della morte è parte della storia degli orologiai.
“Nella paura
della morte c’è qualcosa che fa pensare a un senso di colpa: con
essa si manifesta forse la vendetta della vita non abbastanza amata. La morte è
un pregiudizio” – Lou Salomé.
“La
Storia si può veramente chiamare una guerra illustre contro la Morte”, o “una
guerra meravigliosa contro la Morte”, o “una guerra illustre contro il Tempo”:
sono tre incipit di Manzoni, per “Fermo e Lucia” e “I promessi sposi”. Era Manzoni hegeliano, per la storia della Provvidenza, ma incerto.
Il “muore giovane chi è caro agli dei”
sarà stata la peggiore bestemmia di Leopardi, o Menandro. In un senso è vero,
si muore sempre giovani. Ma la morte una qualità sempre ce l’ha: fissa le cose.
Per il bene e per il male. Dà ai fatti e alle persone uno spessore, seppure
nell’ambiguità tra vero e falso: l’amante morta, per esempio, è amante per
sempre. E parla, eccome, ha l’eloquenza del silenzio, di “colui che parla senza
dire nulla” che Chagall celebra. L’eternità sarà questo susseguirsi di baluginii.
Lo stesso Montaigne – “la morte è la sorte
comune agli uomini” - potrebbe peraltro essersi chiesto “che vuol dire che in
guerra il viso della morte, che lo vediamo in noi oppure in altri, ci sembra
senza paragone meno spaventoso che al chiuso delle case”. Ci sono morti che
danno energia, rinnovata voglia di vivere. Bisogna essere stati per poter
morire, aver lasciato una traccia. La vita è piena di senso in quanto è un
susseguirsi di sparizioni e superamenti. Anche la verità, per quante difese uno
metta in campo per farsene scudo. Perché subentra la memoria, dove le passioni
sedimentano, la scena è chiara.
Dice Beckett di Proust che “la morte guarirà
molti uomini dal desiderio d’immortalità”. Non Beckett, però - né Proust, cui
Beckett addebita questa filosofia. Non chi ha un amico, un familiare. Né i
solitari ignoti: ognuno lascia una traccia, sia pure un grano di polvere. Ed è
pure vero che si muore più volte nella vita, prima dell’ultima, certo, quando
non si rinasce: si muore e si nasce a ogni istante.
Si è usata a lungo quale artificio
rivoluzionario: più morti più purezza. Argomento folle. Non fosse una furbata
politica, della cattiva politica.
Nazismo - Essere-per-la-morte
è la parte ermetica del nazismo, la sua verità
- con l’Umwälzung, la svolta, parola chiave di Heidegger
e Hitler. Il nazismo ha origini misteriche, è
attestato: all’inizio si simula. Spengler l’attesta già nel ‘19: “Lo spartachismo
da salotto fa tutt’uno con la teosofia e l’occultismo”. Chi cerca il nulla trova il nulla, direbbe Meister Eckart. A meno
che non trovi Hitler.
Ontologia - La
possibilità del nazismo come Male elementare Lévinas lega all’ontologia
dell’essere, “in cui si tratta del proprio Essere attorno all’Essere stesso”.
Che non è mirarsi l’ombelico, ma menarselo, con clangore.
È
tutta qui l’ontologia. Si può dire oggi che un’essenza che necessita l’esistenza
non è proprio divina, ma questo lo diceva Kant. Il fatto è che l’essenza è l’esistenza, l’essenza umana,
individuale e di specie. “L’essenza umana”, dice un conformista quale Gödel,
“deve esistere, o esisterà”.
Ciò
vale pure per Dio, che è il Dio degli uomini. Rozzo ma efficace, è sempre
Cartesio: “L’esistenza di Dio è compresa nella sua essenza”. E il gentile
Spinoza: “Causa di se stesso è un essere la cui essenza implica l’esistenza”.
L’essenza di per sé implica l’esistenza. E viceversa, l’esistenza presume
l’essenza, di fatto e nella logica, checché i logici ne pensino.
Senza l’esserci l’essere non è. E dunque
l’esserci è - se io non sono, chi sono? e chi sono in questa o quell’ora del
giorno o della notte? Il rifiuto della metafisica depaupera il
linguaggio, l’essenza cioè e l’esistenza.
Rivoluzione – Non una si può
dire riuscita. E quando ura si dilegua: l’ordine, come la morte, riemerge. Le
rivoluzioni invece vanno come le nascite, che sono numerose e varie.
Le
rivoluzioni finiscono dunque nell’ordine. O viceversa, ci vuole ordine per
liberare la fantasia.
zeulig@antiit.eu
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