Domenico Fioravanti, la cui bio-wikipedia registra
ancora “originario di Roseto Capo Spulico, il primo italiano a divenir e
campione olimpico nel nuoto in corsia”, ora che è candidato in Piemonte dai 5
Stelle con l’elezione assicurata si proclama fiero piemontese: “Dove correrà?”
“In Piemonte, la mia regione. Anche per riconoscenza nei confronti del
territorio dove sono nato e cresciuto”.
Le radici ci sono e non ci sono: possono essere
una forza come un fardello.
Si può fare del fardello una forza, ma ci vuole
impegno – la testardaggine, che non è più evidentemente una dote calabrese.
“Esiste un luogo dove il Nord e il Sud del
mondo si fronteggiano in condizioni di
eguaglianza: è un campo da gioco del Brasile, alla foce del Rìo delle Amazzoni.
La linea equatoriale taglia a metà lo stadio Zerão,
nell’Amapà, in modo tale che ogni squadra gioca un tempo al Sud e l’altro tempo
al Nord” - Eduardo Galeano, “A testa in giù”, 25.
All’improvviso,
fatta la legge che la legalizza per alcuni consumi, si scopre che la canapa
indiana è coltivata da migliaia di aziende in Italia, in piantagioni milionarie (“L’Espresso” di una settimana fa), non solo dai ragazzi calabresi negli
anfratti delle fiumare. Che erano i soli a cui i Carabinieri davano la caccia.
Con l’elicottero. Per il monte ore di volo – cumulabile anche per la pensione.
Prospettive
È più pittoresco il turista oppure l’autoctono,
sia pure povero?
Per il gufo e il pipistrello, anche per il
ladro, il giorno non viene con la sera?
“Nell’ufficio del dottor Slovo, che ha un
ufficio, la fascia eurafricana è raffigurata con una proiezione gnomonica
rovesciata: grandissimo il Sud Africa, grande l’Africa, cacchette deformi
l’Italia e il Mediterraneo, piatta l’Europa, gli scandinavi boriosi e gli
inglesi ridotti a un punto. Basta rigirare la carta”.
In questo racconto della rappresentanza
dell’African National Congress a Algeri, il movimento di Nelson Mandela, al
tempo della guerra in Sud Africa contro l’apartheid (Slovo era il
rappresentante dell’Anc) in “La gioia del giorno”, Astolfo trascura che la
diversa prospettiva era già stata adottata da El-Idrisi, il geografo arabo di Ruggero
II di Sicilia. Che la pratica, anzi, era corrente a quel tempo. Un tempo in cui
c’era un Sud, da tempo e fiorente, mentre ancora non c’era un Nord, terra più o
meno incognita – chiusa, ignorante, primitiva.
La “Tabula Rogeriana” però, la tavola di
Idrisi, operava un semplice rovesciamento, non una proiezione, ogni parte manteneva
la sua grandezza: il Sud era equo e non supponente.
A proposito dell’equatore, va notato che
esso non segna un’equa divisione tra Nord e Sud. Due terzi buoni delle terre
emerse e abitate, forse tre quarti, sono a Nord dell’equatore, il Sud è piccola
cosa: il Sud America, un po’ di Africa e l’Australia con l’Indonesia.
La mafia spettacolo
Caselli e Lo Forte pubblicano un pamphlet per dire che Andreotti non fu
assolto ma prescritto nel loro processo. Ma
non sono loro che lo hanno “assolto”, con l’enorme lunghezza delle indagini,
quattro rinvii dei termini, con 120 mila pagine di “prove”, e col dibattimento monstre, per lo show, invece che accelerato?
La giustizia italiana è lenta, si dice. È
vero ma non salva: è lenta perché i giudici la vogliono lenta, quando i giudici
vogliono è invece normale – accelerata. La verità è che Caselli ha assolto il
suo incarico non come Caponnetto, non come Falcone, per perseguire i
delinquenti, ma per lo show-off: per
esibire la lotta alla mafia. Che per essere esibita deve essere tardiva e inconcludente.
Questo tipo di giustizia ha prodotto e
produce guasti terrificanti nelle istituzioni. E nel contrasto alla mafia, che
prospera incontrastata. Il mandato di Caselli si è distinto per disintegrare
l’apparato repressivo, con una serie di processi spettacolo - dopo Andreotti -
alla Polizia e ai Carabinieri, che ancora dominano l’attività giudiziaria. A
Palermo, dove le maggiori forze antimafia sono dispiegate, ma sono inibite.
Ammessa la buona fede dei due ex giudici
(Chinnici, che pagò l’intransigenza con la vita, dubitava di Lo Forte), se ne
inferisce l’incapacità dei giudici stessi a lottare contro la mafia. A
combatterla sul terreno: a fare non
processi spettacolo, di quelli di cui ai mafiosi non frega nulla, ma di contrastare
atto per atto, come avviene per ogni altro delitto, sopraffazione per
sopraffazione.
Per esibirla peraltro a uso dei media. Ai
quali non frega nulla che i mafiosi siano carcerati, basta che si possano
montare belle pagine. E più ce ne sono, e sono “imprendibili”, “primule rosse”,
“nija”, “poteri occulti”, meglio i giornalisti si sentono.
Una gestione dell’antimafia che raffredda
molto gli entusiasmi. Una celebrazione si ricorda a Catania, in onore di
Caponnetto, in cui lo slargo sotto la Prefettura e l’adiacente via Etnea erano
piene di macchine blu e marcantoni con le basette lunghe le scarpe a punta, senza una sola anima di
catanese partecipe. Un’assurdità e un’imbecillità, un’antimafia che non riesce
a capitalizzare in nulla, solo auto celebrativa - nessuno in Sicilia avrebbe
votato Caselli: Bianco, che era l’ospite, ed è maestro di autopromozione, non fu
rieletto, battuto da Scapagnini, il medico di Berlusconi… (la prima volta, non
potendosi ricandidare, ebbe battuto il suo candidato, la seconda fu sconfitto
lui stesso).
Questo tipo di giustizia – il mandato di
Caselli a Palermo – ha prodotto e produce guasti terrificati nelle istituzioni.
E nel contrasto alla mafia, che prospera incontrastata.
Un pirata della strada viene cercato,
identificato e arrestato subito, al più poche ore, un mafioso di cui tutto si
sa in partenza, identità e entità del delitto, viene beccato, quando capita, dopo
venti o trent’anni, quando ha distrutto il suo pezzo di società civile.
Viene beccato, quando capita, in troppi
casi a opera delle nuove leve – il mafioso è cannibale.
Apartheid giudiziaria
“Nel
1997 un’automobile con targa diplomatica circolava a velocità normale in un
viale di San Paolo (in Brasile). Nell’automobile, nuova, costosa, viaggiavano
tre uomini. A un incrocio li fermò un poliziotto. Il poliziotto li fece
scendere e per circa un’ora li fece restare con le mani in alto e girati di
schiena, mentre continuava a domandargli dove avessero rubato quell’automobile.
“I
tre uomini erano neri. Uno di loro, Edivaldo Brito, era il Segretario (ministro)
alla Giustizia del governo di San Paolo. Gli altri due erano funzionari della
Segreteria. Per Brito non era una novità. In meno di un anno gli era successo
cinque volte.
“Il
poliziotto che li aveva fermati era anche lui nero”.
L’aneddoto
di Eduardo Galeano (“A testa i giù”) sa di già visto. Forse perché al nero si
sovrappone il meridionale.
La vita all’aperto
“Con
un clima caldo e soleggiato, come nei giorni di bel tempo, la vita cambia
all’istante” rispetto a quella del Nord, “dell’umidità e le fitte nebbie
umide”. La vita “si sposta fuori dalle abitazioni. Con il risultato, noto a
chiunque visita l’Italia, che i piccoli fatti di ogni giorno vengono discussi
in strada, piuttosto che in salotto, e diventano teatrali; le persone sono
loquaci; si foggiano quel tono irrisorio, quella giovialità, quella scioltezza
di spirito e di lingua peculiari alle razze del Sud, che nulla hanno in comune
con il lento riserbo, i mezzi toni smorzati,
la malinconia meditabonda e introspettiva della gente abituata a
trascorrere più della metà dell’anno al chiuso”. Ciò vale tra il Nord e il Sud
e all’interno del Sud, evidentemente, tra un Nord e un Sud.
Virginia
Woolf fa queste considerazioni per spiegarsi l’attrattiva incoercibile del
greco antico, di cui non sappiamo quasi nulla (“Non sapere il greco”). “Questa
è la qualità che per prima ci colpisce nella letteratura greca: il piglio
fulmineo, beffardo, di strada”. Di tutti: “Regine e principesse discutono sulla
soglia come donne del villaggio, con una propensione, peraltro prevedibile, a
godere del linguaggio, ad affettare le frasi, a perseguire l’affermazione
verbale”. Con “in sé qualcosa di feroce e al tempo stesso arguto”.
leuzzi@antiit.eu
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