Versi malinconici, di una
che vive e ama “morentemente”. Ma non
sconfitti, non rassegnati, versi rumorosi - “Oh Dio della pietà, mostra
pietà”. La poesia è inerme di fronte al male. Ma se non può evitarlo, può disinnescarlo.
Una lunga sofferenza e la morte precoce si svuotano sommersi da questo pieno
d’amore.
Un tributo grato più che
disperato. A chi è stato tutto, a fronte di niente – “io sempre a chiedere come
una figlia”. Con citazioni da Raboni, in dialogo costante. Fino all’ultima
confessione, una memoria insorta a morte intervenuta: la violenza subita bambina
che la mutila dell’abbandono, della voluttà.
Ai 23 componimenti versati
in postfazione ai versi postumi di Raboni, due brevi raccolte sono accostate.
Della rimembranza, la più dolorosa, che riporta alla bimba di due anni, dell’orco
che l’ha marchiata a vita: “Amare e non potermi abbandonare\ fare l’amore e non
poter godere…”.. Un ultimo segreto, confidato a futura memoria, nella morte essendo
cadute le difese, della battaglia perduta per riconquistare l’eros: “Ed è così
che la poetessa erotica\ ha un erotismo che non ha due anni!” La terza è la
riconciliazione, ma su ali di sdegno: verso la città, la stagione letteraria,
il deserto dei tartari dell’opinione (l’editoria, la critica, la letteratura,
la riflessione…): la novità non può compensare la perdita.
Patrizia Valduga, Libro delle laudi, Einaudi, pp. 66 €
8,50
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