Chesterston – “Fu anche un uomo segreto,
che sentiva l’orrore delle cose”, annota Borges prefazionando alcuni suoi
racconti (“L’occhio di Apollo”). Ciò “può sorprenderci, ma la sua opera, contro
la sua volontà, lo testimonia”: “Paragona le piante di un giardino ad animali
incatenati, il marmo a una luce lunare solidificata, l’oro a un rogo congelato
e la notte a una nube più vasta del mondo e a un mostro fatto di occhi”.
Un Chesterston alter ego di Borges?
Classicità – È stata tedesca, a lungo. Anche francese. Resta
anglosassone : “Per un paradossale effetto della distanza, l’eredità classica,
con i suoi temi, le sue figure e i suoi miti rivive in modo assai più spontaneo
nella letteratura inglese e, soprattutto, americana che non in quella dell’Europa
latina. Il fenomeno si nota in Melville, nei poeti del Novecento, da Pound a
Wallace Stevens” (Mario Andrea Rigoni, “Elogio dell’America”) – e i T.S.Eliot
evidentemente, Derek Walcott.
È stata italiana quando è stata
fascista.
Dante – Si drogava? Lo sostiene
Barbara Reynolds, “Dante: the Poet, the Political Thinker, the Man”. La
studiosa americana non ha dubbi: Dante si drogava di marijuana e mescalina. Reynolds,
morta due anni fa ultracentenaria, moglie di Lewis Thorpe, francesista, col
quale scoprì e coltivò “Guido Farina, pittore di Verona”, fu italianista rinomata
alla London School of Economics e poi a lungo a Cambridge. Studiosa e
traduttrice di letteratura italiana, ancora in uso è il suo “Orlando Furioso”,
direttrice del Cambridge Italian Dictionary. Figlioccia di Dorothy Sayers, che
fu traduttrice di Dante, scrisse molti saggi sulla sua madrina e ne pubblicò
varie opere non del genere giallo, mentre presiedeva la Dorothy Sayers Society.
Felicità – La letteratura è una delle
forme della felicità” - J.L.Borges
Giallo – “Il romanzo è un gioco di
facce, il romanzo giallo un gioco di maschere” – G.K.Chesterston.
“Bisogna prevedere un’epoca in cui il
genere giallo, invenzione di Poe, sia
scomparso, perché è il più artificiale di tutti i generi letterari, il più simile
a un gioco” - J.L Borges,
Leopardi
e Manzoni –
A Firenze, nel 1827, Leopardi “ebbe un incontro un po’ spocchioso con Manzoni e
una serie di litigate con il pedante Niccolò Tommaeso, che lo chiamava
«pipistrello», «conte Crostaceo» e, senza molta fantasia, «male etto gobbo»” –
Di Giovanni-Guaita, “Vite segrete dei gran di scrittori italiani”. .
Non si parla mai di Leoprardi e Manzoni., se non a
proposito del fuggevole incontro al Gabinetto Vieusseux, nella vecchia sede di
palazzo Buondelmonti. L’incontro avvenne a un ricevimento in onore di Manzoni,
che aveva appena pubblcato “il romanzo”, ed era per questo attesissimo a Firenze, da Vieusseux e ogni altro. Il “conte Manzoni” non
ne accenna mai.
Citati, “Leopardi”, abbellisce l’incontro
con l’oleografia nazionale: “I due si parlarono a lungo. Non
sappiamo cosa si dissero, ma Leopardi amò quell’uomo dolce, modesto e amabile,
che parlava balbettando e arrossendo, e a tratti si animava e diventava
eloquente. Forse pensò di assomigliargli, almeno nella nevrosi e nella
timidezza. Avevano la stessa grazia del cuore: un dono rarissimo, che incanta
tutti coloro che lo conoscono”.
Leopardi, subito dopo l’incontro freddo, scriveva al padre, conte
Monaldo: “Tra’
forestieri ho fatto conoscenza e amicizia col famoso Manzoni di Milano, della
cui ultima opera tutta l’Italia parla, e che ora è qui colla sua famiglia”. E: “Del romanzo di Manzoni del quale io ho solamente sentito leggere
alcune parti le dirò in confidenza che qui le persone di gusto lo trovano
inferiore all’espettazione”. Scrivendo all’amico Pietro
Briganti lo stesso giorno sembra usare un tono diverso: “Io qui ho avuto il
bene di conoscere personalmente il signor Manzoni, e di trattenermi seco a
lungo: uomo pieno di amabilità, e degno della sua fama”. Mentre quattro giorni
prima, il 31 agosto, con lo stesso Brighenti era stato sbrigativo: “Qui si aspetta Manzoni a
momenti. Hai tu veduto il suo romanzo, che fa tanto rumore, e val tanto poco?
Lombardia – Prende il nome dai Longobardi
e si vuole quasi germanica, ma i teutoni, longobardi e non, ha avuto nemici più
di ogni altro. Bonvesin de la Riva enumera e descrive una lunga serie di assedi
e distruzioni a opera degli unni e degli arimanni, e di Odoacre, re Carlo padre
di Carlo Magno, Lamberto di Spoleto, Alboino, Enrico I, Federico I Barbarossa.
Anche Federico II ci provò.
Molière – Copiava da Plauto, ma con
abilità. Fichte lo ricorda a proposito delle commedie di Machiavelli, e di
altri commediografi, che liberamente copiavano Terenzio “e soprattutto Plauto”:
“Solo chi è davvero esperto noterebbe che le battute del tanto autorevole
Molière - nell’«Anfitrione» o nell’«Avaro» – si ritrovano pari pari, e forse
anche con maggio spirito, in Plauto, che ne costituisce il prototipo”..
Orrore delle cose – Borges lo attribuisce
(imputa?) a Chesterston, ma in chiave autoreferente. L’orrore delle cose è il
comune denominatore del “borgesismo”? Di Savinio compreso – degli scrittori “di
superficie”.
Roma – Ben inglese, e portato per la
letteratura francese, Chesterston sentiva in Roma un fascino particolare, anche
prima della sua conversione al cattolicesimo: “È insensato andare a Roma se non
si possiede la convinzione di tornare a Roma”.
Tasso - È il poeta che più ha suggestionato
gli altri poeti: John Eliot, “Orthoepia Gallica”, 1593, Thomas Dekker, “Tassos’
Melancholy”, 1594 (Tasso morirà l’anno dopo) e 1602, Goethe, “Torquato Tasso”, Byron,
“Il lamento di Tasso” (Goethe accosta con Eckermann Tasso a Byron), Leopardi,
Baudelaire, Delacroix.
Traduttori – Monti Foscolo disse
“traduttore dei traduttor d’Omero”. Era una cattiveria, ma la professione di
traduttore per procura è stata specialità molto italiana, fin dentro il secondo
Novecento. Specie dal russo, ma anche dall’inglese – non dal tedesco. Si traduceva
in genere via francese. Oppure con l’ausilio di amici e amiche – famosa la “gentile
Signora” di Gadda, Lucia Morpurgo Rodocanachi, che lavorò per molti
dall’inglese, per Vittorini, molto, e per Montale, lo stesso Gadda, Sbarbaro e
altri.
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