I
media americani hanno mutato le regole dell’opinione pubblica. Non più dibattiti
aperti, con idee, fatti e sostenitori pubblici. Ma interferenze,
intercettazioni, indiscrezioni. Di personaggi ombra. Dei servizi segreti.
Gli
scandali si susseguono, uno al giorno, senza mai un esito, e anzi subito
dimenticati il giorno successivo: servono solo a rintuzzare la concorrenza.
Roba da “Novella 2000”, ha scritto questo sito, ma qui si tratta delle
istituzioni, non di attricette in cerca di notorietà. E gli scandali sono per
lo più opera di spie dei tanti servizi americani di sicurezza, una ventina di
agenzie di cui alcune molto grandi, l’Fbi, la Cia, la Nsa. Per traffici coperti,
di varia antura: politici, di affari, di cordate burocratiche.
Altrove,
in qualsiai democrazia, le spie che attaccano le istituzioni, senza prove, e
senza motivo se non di parte, si imputerebbero di tradimento e verrebbero
perlomeno dismesse. Negli Usa vegono celebrate, e contese tra i media.
Non
basta: questi spioni diventano eroi della libertà di stampa, e della sinistra
politica che di quella libertà si ritiene paladina esclusiva. Una sinistra ben
sinistra, se si basa sulle spie, personaggi e ruoli costituzionalmente
inaffidabili.
La
storia dell’opinione pubblica ha subito molti alti e bassi. Basti pensare alle
capacità manipolatorie dei regimi fascisti tra le due guerre, e del regime sovietico
fino a trent’anni fa. O alle propagande di guerra. Ma che i nemici tradizionale
della libertà di opinione, la segretezza, i poteri surrettizi, diventassero la bandiera della libertà di opinione,
e della buona coscienza democratica, questa è una novità. Glaciale.
Tanto
più che il fatto può non essere una novità. Si ascolta nella colonna sonora
originale di “The Post”, il film sui “Pentagon Papers” e il “Washington Post”,
sulla libertà di stampa, la voce di Nixon per varie occorrenze – intemperanze ma
anche semplici comunicazioni – nel 1969: il presidente americano eletto era intercettato. Dalle sue polizie, segrete e non.
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