Maria
non parla, o poco, nei vangeli. E ha un Figlio che non ha riguardi per lei. È
presente nella chiesa più che nei vangeli. E nelle imnagini più che nei testi:
Maria è presente dacchè le immagini hanno preso a circolare. Cacciari la
rintraccia e la segue, pure nel suo ruolo di deipara, madre di Dio, come appare ed è sentita (figurata) dai
pittori, Masaccio, Piero, Simone Marini, Angelico, Mantegna, Giovann Bellini,
Rogier van der Weyden.
Una
lettura iconologica, ma non un diversivo. Densa anzi, concettosa Con la
terminologia, più appopriata, della mariologia ortodossa: la kekharitoméne, la glykophilousa, la theotòkos.
Con l’ausilio di Rilke, W.H.Auden, “Oratorio di Natale”, Dante, gli
evangelisti. Col contrappunto della letteratura apocrifa. Un procedimento
fertile per Cacciari di molte illuminazioni.
L’esito
è una affascinante lettura sapienziale, filosofica più che teologica. Anche di
civiltà, incidentalmente: nel richiamo a Oswald Spengler, alla sua notazione
che la Riforma ha eliminato il culto mariano - non senza conseguenze, va
aggiunto. Densa di figurazioni concettuali: l’accettazione (la creazione come humilitas), il silenzio, l’ombra, la
terra, l’intimità, la ieraticità (il ruolo, il potere). E concepire come comprendere: Maria medita concependo.
Una mariologia particolare, in
una disciplina ora trascurata, ma ben forte fino al papa Giovanni Paolo II. Una
preghiera di fatto, in forma di contemplazione. Che parte sottolineando la genealogia dubbia, postribolare, di
Maria per parte di madre - falla che la letteratura apocrifa si dedicherà a colmare.
Ma poi manca la genesi del culto nel suo aspetto più singolare: la devozione
popolare. Vero è il ruolo centrale nella mariologia delle figurazioni: Maria è presente dacchè le immagini
hanno preso a circolare. Che però erano – sono – le forme dela comunicazione popolare,
prima che esercizio estetico.
Massimo
Cacciari, Generare Dio, Il Mulino, pp. 105, ill. € 12
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