Mussolini
è tornato, come già era tornato Hitler. Ma a differenza del Führer, un imbranato che dice sciocchezze, il Duce è in
palla – non meno, perlomeno, di quando era al potere. In una notte passata nel
retrobottega di un’edicola-libreria, dove è stato soccorso, si aggiorna, e non
di scompone nella modernità, lui che se ne voleva all’avanguardia. Fa qualche
smorfia ai baci tra uomini, e si chiede se non si è svegliato in Abissinia,
trovandosi circondato da neri. Ma s’impadronisce senza fiatare della rete, e
domina subito il congegno principale di questo popolo che ha lasciato
analfabeta e ritrova analfabeta: l’ostensione. Tutti eroi alla Grande Fratello televisivo,
della stupidità che fa il linguaggio e quindi ogni altra realtà.
Un
saggio, involontario?, di forte “novità” storica. Il tema è sensibile e la
notazione va premessa. Nuovo per un aspetto trascurato di Mussolini e del
populismo - al di qua del manganello, della violenza di Stato: l’esaltazione del
“popolo” come plebe, e il disprezzo della stessa. L’esaltazione del
popolo-plebe per meglio dominarlo, con ragione cioè.
Ma il film è da ridere. La
vena pasoliniana di Miniero aiuta in molti momenti. Nel predicozzo: “La
questione è come possiamo dirci italiani oggi”. E nella soluzione, l’inimmaginabile
(fantasioso) reso realisticamente: Mussolini che sbanca il trash tv – “di comunicazione me ne intendo”. Eroico anche
quando spara a un cagnetto.
L’uscita
del film lo danneggia. Per il caso, che ha voluto un atto di vero fascismo
commesso, a Macerata, quando il film andava nelle sale. E per una promozione
sbagliata, che può averlo bruciato – puntata sull’effetto annuncio, con una uscita
aggressiva (in 500 o 600 sale), in campagna elettorale.
Sbagliata
anche la presentazione: il film è sovraccaricato nei trailer e nelle cartelle stampa di sensi politici
politicanti, i dialoghi di Mussolini in giro per l’Italia presentando come roba
da candid camera, realistici. Forse è
inevitabile – “The Duce’s lynched, bare, booted skull still spoke”, nota a Roma nel 1950, per la proclamazione in
piazza San Pietro dell’Assunzione della Madonna, il poeta americano Robert
Lowell, cui il numero di “Poesia” in uscita lo stesso giorno del film è
dedicato, “il cranio linciato, nudo, calpestato del Duce ancora parlava”. Ma questo
danneggia la visione. Che è invece un fuoco d’artificio di spunti narrativi,
dentro e fuori lo show business. Le
situazioni sono scritte e recitate, si vede, benissimo: molto caratterizzate sono
proprio le “inchieste” scappa-e-fuggi, da “linguaggio televisivo”, nella
leghista Milano, da antologia, a Firenze e a Napoli.
Resterà
un film di culto, da seconda e terza visione? Ha molte perle nascoste, e
qualche detto memorabile.
Luca
Miniero, Sono tornato
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